Farm Cultural Park, un nuovo paradigma rigenerativo

A due passi dalla “Valle dei Templi” di Agrigento; in un distretto culturale, che ha dato i natali a Luigi Pirandello, Leonardo Sciascia e Andrea Camilleri; all’interno della città di Favara – con il suo castello chiaramontano di matrice federiciana – si colloca, ai confini del mondo (almeno questo è quello che credevo), l’esperienza di Farm Cultural Park. Dentro una parte del centro storico, e precisamente in una porzione di esso – al visitatore – si svelano sette cortili di origine araba, pieni di energia, innovazione e umanità.

Andrea Bartoli e Florinda Saieva sono i padroni di casa e i promotori di questo fenomeno che a Favara molti definiscono “effetto Farm” (alberghi, B&B, ristoranti e attività commerciali aperte per cogliere il flusso di visitatori di Farm). Si è scritto di tutto e autorevoli studiosi hanno sviscerato questo fenomeno di resilienza urbana – a prevalente gestione privata – evidenziandone le qualità e le implicazioni culturali. Un rinascimento di quella parte interna della Sicilia, spesso snobbata dai circuiti turistici e culturali più modaioli, che dimostra come lo sviluppo (vero), sia culturale che economico, passi attraverso la rigenerazione delle aree interne e la loro connessione con le grandi città metropolitane.

Alcune questioni – che vi propongo – mi sembrano utile per riflettere, ma soprattutto per esplorare la possibilità di esportare in qualche modo l’effetto Farm in altri contesti urbani – come gran parte dei centri storici abbandonati, delle città siciliane. Per intenderci, non è solo una questione di marketing o di forzata ricerca di appetibilità urbana, è al contrario, un preciso modo di vivere la propria terra, una filosofia di vita, che i due protagonisti – oggi insieme a tanti altri – stanno realizzando con fatica, giornalmente, insieme ai propri figli, dentro uno spazio diventato magico e “felliniano”.

Al di la dell’aspetto estetico e culturale – indagato e studiato più volte – mi pare utile approfondire la dimensione sperimentale degli interventi, sul piano della rigenerazione urbana. In pratica i risultati ottenuti – relativamente alle trasformazioni delle spazio collettivo e alla riconfigurazione delle facciate (private) – sono utili per immaginare un “futuro prossimo”, se si vuole riconvertire verso l’idea di “bellezza” il nostro patrimonio immobiliare, sia quello storico che quello moderno. Senza dimenticare l’esigenza di dare nuove funzionalità e maggiore stabilità alla città costruita. La strada che propone Farm è quella di coniugare arte, design e architettura per definire nuove regole d’ingaggio tra il progetto, il governo del territorio e gli interessi privati e/o collettivi. Tutto questo attraverso interventi minimi, economici, puntuali, apparentemente effimeri. Frutto di una visione unitaria – la direzione artistica – che lascia spazio a porzioni di creatività e partecipazione. Alcune soluzioni sembrano essere utili per evocare la bellezza (opere di arte urbana) ma nello stesso tempo sono funzionali al miglioramento sismico e termico degli edifici. Anche la sperimentazione normativa sul “come e dove fare” diventa un campo di ricerca utile per lo sviluppo di Farm. Queste sono le declinazioni più interessante, in quanto, architetti, artisti e design offrono un atlante ricco di soluzioni possibili, esportabili e sostenibili.

La farm possiede anche una scuola di architettura per bambini. E’ la dimostrazione che solo a partire dall’educazione (la scuola) dei più piccoli, possiamo immaginare una nuova generazione di cittadini abituati a “riconoscere” la bellezza. Quindi la SOU (la scuola di architettura per bambini) – diretta da Francesco Lipari – non è funzionale a creare nuovi architetti ma semmai ad educare al senso della cultura del progetto, al valore della laboratorialità collettiva per immaginare nuovi scenari urbani. Quindi la scuola è centrale per sviluppare un territorio. Non possiamo che condividere questo approccio e confermare che oggi la scuola statale italiana è impegnata in questa direzione, con tante iniziative simili, promosse dal MIUR.

A Favara, nei setti vicoli di Farm si respira anche un’aria internazionale. Perché oltre la scuola abbiamo bisogno di connetterci con il mondo, con quello che altri fanno, in altri contesti culturali, per apprendere, per imparare, per imitare, anche criticamente. In questo senso le mostre ospitate – provenienti da tutto il mondo – e le istallazioni di artisti –che hanno cambiato il volto della città con opere di grande qualità – modificano radicalmente il modo di guardare un relitto edilizio, uno scarto urbano o il retro di un’abitazione, suggerendo una visione poetica e didattica.

Fin qui la fotografia dello stato di fatto, ma intorno a un tavolo – nella mensa sociale (perché Farm è anche solidarietà e inclusione) – con Andrea e Florinda (che colpiscono per la loro disponibilità e semplicità) si parla già di futuro. A Platform for Change, è questo il nuovo paradigma rigenerativo. E’ questo il nuovo punto di partenza per il futuro di Farm. Colpisce la lucidità con cui si individuano i prossimi obiettivi. La consapevolezza che Farm deve essere più condivisa, da una piattaforma più ampia di popolazione locale e non solo. Colpisce la concretezza nell’individuare la struttura organizzativa che deve gestire il cambiamento per implementare due delle sette voci previste dal paradigma rigenerativo. Abitare e Lavoro. A breve Andrea Bartoli presenterà in dettaglio il suo nuovo programma, qui lo possiamo solo accennare, ma ci affascina l’evoluzione prevista. Interessante il campo esplorativo proposto. Puntare sulla possibilità di vivere la città con nuove forme abitative. Nuovi modelli tipologici: minimi, economici, solidali, sostenibili e modulabili. Abitare è un diritto di tutti. Anche lavorare.

Esportare questa esperienza nei nostri centri è fondamentale: l’arte e la città, la scuola di architettura e di urbanistica per bambini e una visione culturale, economica e politica, finalizzata alla felicità collettiva. Farm è quindi un autorevole incubatore di rigenerazione urbana, utile farne parte e utile comprenderne le dinamiche. Non è un caso che nel mondo esistono solo altri due casi simili. La farm vi aspetta a Favara, vale la pena visitarla per entrare in un mondo di pragmatismo e poesia.

Per chi volesse saperne di più: farmculturalpark.com

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Riguardo l'autore Francesco Finocchiaro

Architetto vitruviano. Credente convinto e appassionato delle religioni. Vive il suo lavoro come una grande passione . Esplora gli innumerevoli paesaggi dell’arte: dalla poesia al giornalismo, dall’architettura alla grafica, dalla comunicazione alle strategie urbane. Docente di storia dell’arte e filosofo dell’abitare. Convinto sostenitore del futurismo e che l’innovazione ha le sue radici nella memoria. Vorace lettore di Papa Francesco, di Pablo Neruda, Lucía Etxebarria e Omero. Vive l’architettura come un Pitagorico, in forma mistica e monastica come il suo architetto preferito, Peter Zumthor.

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