Adrano, la disputa storica su San Nicolò: poi tra Adrano e Alcara li Fusi è scoppiata la pace

Domenica scorsa, presso la Basilica Santuario Maria SS. Annunziata al Carmine di Catania il vespro domenicale è stato impreziosito dalla presenza della insigne reliquia del capo di San Nicolò Politi eremita venerata nella città di Adrano, accompagnata da una rappresentanza delle confraternite del XVI Vicariato dell’Arcidiocesi di Catania.

Una peregrinatio per il territorio dell’Arcidiocesi iniziata lo scorso anno in occasione della celebrazione del IX centenario della nascita del santo patrono e concittadino di Adrano e che ha permesso di condividere la gioia e l’onore per un così prezioso tesoro e potente intercessore presso Dio.

Adrano, infatti, dal 26 Agosto 1926 è onorata di possedere la preziosissima e insigne reliquia del suo Santo patrono e concittadino, cui tributa ogni anno ad Agosto solenni festeggiamenti che si sublimano il mattino del 2 Agosto con la festosa prima uscita del fercolo con il venerato simulacro del santo tirato da bambini e famiglie, per poi passare alla sera con l’imponente processione serale con le sante reliquie, partecipata da tutte le confraternite del XVI Vicariato.

L’alba del 3 Agosto è quindi la volta della S. Messa dell’Aurora, seguita dalla grande processione esterna dove le oltre tre centinaia  di bianchi sacchi penitenziali dei devoti tiratori precedono il sacro fercolo.

Nel vespro segue il Pontificale e riprende la processione esterna che si fa ricca di emozione al momento delle tradizionali corse dei devoti e nella “Volata dell’Angelo”.

Il 4 Agosto, infine, avviene il saluto, l’arrivederci al prossimo anno, racchiuso nell’ultima processione e in quel bacio emozionato che fedeli e devoti depongono sul santo reliquario.
Una festa che affonda le sue origini nel 1670, quando ad Adrano venne edificata la prima chiesa del Santo, laddove antiche testimonianze orali tramandavano l’esistenza della sua casa natia.

Una festa che nel corso dei secoli si è trasformata, così come si è profondamente trasformata la città, affrontando e superando persino i pesanti esiti dei conflitti bellici e sociali che il tempo non ha risparmiato.

Una festa che fino a quel 26 agosto 1926 soffrì la mancanza di una reliquia insigne da poter venerare; sebbene negli anni precedenti in Adrano fossero giunti prima metà del libro ritrovato con il corpo del Santo e poi un piccolo frammento osseo di un suo braccio.

In Alcara Li Fusi, città dove il corpo del Santo fu rinvenuto in un eremo presso il Monte Calanna intorno il 1167, il 17 agosto, comparvero fin da subito scritti agiografici greco-bizantini che senza dubbio indicavano in Adrano il suo luogo di nascita, pur tuttavia la stessa Adrano si scontrò nei secoli con la città di Alcara Li Fusi per le sue reliquie, fin dal primo e più antico evento che la tradizione ci racconta: il tentativo di trafugamento del Corpo Santo operato intorno l’anno 1503 da “ardimentosi” cavalieri d’Adrano, infruttuosamente portato a termine e svelato dal prodigioso suono delle campane d’Alcara.

Probabilmente non sapremo mai la verità su questa vicenda, se il tentativo di trafugamento nacque a seguito di un diniego a qualche richiesta avanzata prima, o se appena saputi i numerosi prodigi e miracoli operati per mezzo di quel Santo concittadino qualcuno pensò di sentirsi nel pieno diritto di andare a prenderlo.

Di certo sappiamo che da quel momento tutto divenne assolutamente complicato tra le due comunità.
Se da una parte c’era Adrano, che con diritto di nascita reclamava, dall’altra c’era Alcara, che con diritto di elezione replicava.
All’affermazione pienamente condivisa “Il Santo è nato ad Adrano”, si faceva osservare che “Il Santo è vissuto più a lungo ad Alcara che ad Adrano!”, tuttavia giungeva l’immancabile chiosa “Il Santo dentro il paese non ci aveva mai messo piede!”.

Nascevano così interminabili disquisizioni più o meno accese sul diritto al possesso delle reliquie e opposizioni strenue e totali a salomoniche proposte e alle decisioni avanzate anche da autorità ecclesiastiche.
Insomma una serie di diritti reali o presunti e confutazioni di vario tenore che non è raro sentire pronunciare ancora oggi, in certe discussioni amichevoli tra adraniti ed alcaresi.

A chi doveva appartenere questo benedetto corpo?

In alcuni testi e giornali si parlò di una vera e propria “guerra” per le reliquie del Santo.
Qualcosa che disarma e confonde, che amareggia.
Si parla del corpo un essere umano che ha orientato la sua vita al solo scopo di servire il Signore, una persona ritenuta degna di essere onorato come luminoso esempio di santità, cioè testimonianza vissuta dell’amore di Dio.
Perché accapigliarsi per qualcosa che dovrebbe portare a ben altri propositi?
Ebbene, potremo trovare ottime ragioni contrarie e ottime a favore.
A tal proposito però, trovo interessante citare quanto accadde a uno dei Santi che la tradizione ricorda essere stato conoscente, anzi amico, dell’eremita d’Adrano. Mi riferisco al monaco angelico San Lorenzo Ravì da Frazzanò.
S. Lorenzo morì santamente nella Chiesa di Tutti i Santi a Frazzanò ed anche per lui nacque subito una querelle sul luogo della sua sepoltura: presso la Chiesa del paese o presso la Chiesa del Monastero greco-bizantino di S. Filippo di Demenna in località Fragalà?
In quel caso fu l’apparizione del Santo in sogno al figlio del governatore del paese che ne stabilì la sepoltura per alcuni mesi alla Chiesa di Tutti i Santi per poi provvedere alla divisione dei suoi resti: lasciando il suo capo al monaci e il resto del suo corpo ai frazzanesi.
Una soluzione che per altre strade e con tempi diversi seguì anche il beato corpo di S. Nicolò Politi.

Nell’Ottocento i tentativi adraniti seguirono vie burocratiche, richieste, consigli, ricorsi alle autorità civili e religiose.

Regie autorizzazioni a trasferire l’intero corpo del Santo ad Adrano, trovarono come risposta in Alcara la nascita di nuove opposizioni, con lo sbocciare di nuovi elementi leggendari del tutto privi di fondamento alla luce della consolidata tradizione agiografica alcarese precedente, diffondendo una tradizione innovativa: “Il Santo è stato concepito ad Alcara!”.
Una tradizione che ad oggi sopravvive in alcune delle “Strine” che si recitano la sera del 18 agosto ad Alcara.
A questo punto la Santa Sede diventò fondamentale nel dirimere la vicenda, infatti, nel 1924 stabilì che Alcara concedesse un braccio intero o la testa del Santo alla città natale, tuttavia la ferma convinzione che il Santo non volesse che neppure un suo frammento lasciasse la città, spinse ad un’opposizione dissennata dinanzi l’autorità ecclesiastica che inevitabilmente condusse ad all’azione decisiva portata a termine il 24 giugno 1926, grazie al supporto delle alle forze di polizia, ai carabinieri e ai militi inviati dal governo fascista.
Piazzate le forze dell’ordine a sorvegliare le abitazioni e vie di Alcara , il sac. Angelo Bua e il sig. Giuseppe Cortese,  delegati al prelievo della reliquia, furono condotti al sacello e allo scrigno reliquiario, aperti dalle forze di polizia.
A tal proposito vale la pena ricordare che non appena il sac. Bua prelevò la parte superiore del teschio e successivamente si accinse a cercare anche la mandibola, il responsabile delle forze di polizia lo fermò, ritenendo già soddisfatto il decreto, impedendo il prelievo completo del capo del santo.

Alla gioia incredibile vissuta in Adrano, si contrappose lo sconforto d’Alcara, che segnò profondamente e tristemente la cittadinanza. Da molti il fatto fu considerato un furto, un sacrilegio; da altri come una punizione divina, o come fonte di sventura.

Una ferita profonda a torto o a ragione, ma pur sempre enormemente dolorosa.
Nel corso degli anni seguenti le relazioni tra le comunità, inevitabili per l’amore al proprio Santo, costrinsero a rincontrarsi,  continuando a confrontarsi, parlarsi, ritrovarsi a volte con diffidenza, altre con slancio di affetto, alcune con sospetto, altre con generosità.
Alcuni uomini tra gli anni ’70 e ’80 in Adrano e Alcara tentarono la via del “gemellaggio”.

In Adrano dietro l’impulso di Angelo Buscemi e l’amministrazione alcarese  guidata da Angelo Spinello, nonostante forti opposizioni che non permisero di avere un immediato seguito, ma che indubbiamente contribuirono decisamente ad un clima più maturo di dialogo tra le due comunità.

Vivere sempre più di frequente insieme i momenti celebrativi, processionali e  di dialogo ha aperto la strada ad esiti impensabili nel giro di pochissimi anni, anche grazie al pieno supporto dell’Arcivescovo Metropolita di Catania, mons. Salvatore Gristina, e dei Vescovi di Patti, mons. Ignazio Zambito (oggi emerito) e Guglielmo Giombanco, del Vicario foraneo di Adrano, mons. Alfio Reina, all’Arciprete di Alcara Li Fusi, Guido Passalacqua, al compianto sac. Alfio Conti (rettore della chiesa di S. Nicolò Politi d’Adrano), al responsabile per il Giubileo di S. Nicolò in Adrano, sac. Salvatore Stimoli e a tutto il clero di Adrano e Alcara.

La celebrazione del IX centenario della nascita del Santo ha, infatti, offerto a tutti l’occasione di dare un segno forte, chiaro e  indelebile, di unità e fede, con  la ricongiunzione del Corpo di San Nicolò Politi durante i festeggiamenti d’agosto in Adrano e Alcara. Momenti che non saranno mai più dimenticati.
 
La storia di San Nicolò PolIti…continua!

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