Ultimi botti, verso un nuovo anno tutto da progettare

Finisce un anno e ne comincia un altro. Il tempo passa inesorabilmente. E’ il tempo dei bilanci, delle programmazioni. Nuovi propositi e nuovi progetti. Il calendario offre – almeno a noi occidentali – il 31 dicembre come la fine dell’anno. Non è per tutti cosi. Ebrei, Musulmani e altre culture, hanno momenti diversi e modalità diverse che individuano questo passaggio temporale, ma si sa, la cultura occidentale è ridondante e invadente. Quindi, prepariamoci ai botti di fine anno.

Tante sono le tradizioni. Laiche e religiose. Forse quelle a cui siamo particolarmente affezionati sono quella del cenone, delle cose vecchie da buttare e dell’oroscopo. Poi ci sono tanti riti – più o meno divertenti – che si fanno in gran segreto. La prima telefonata dell’anno; la prima persona che si bacia; il tappo dello spumante; il colore della biancheria intima, il pesce, le lenticchie e l’uva passa. Esiste un vademecum ufficiale a cui bisogna attenersi (in segreto) senza mai ammettere la nostra natura superstiziosa.

Sugli oroscopi direi di sorvolare. Tutte balle. Fantasie di antichi sacerdoti della Mesopotamia, roba ormai passata. Comunque sarà l’anno del Sagittario. Le vergini e i gemelli prenderanno finalmente una decisione, così come i pesci e la bilancia. Per gli scorpioni tira una brutta aria insieme al cancro e al toro. Leoni, ariete, capricorni sempre dentro la tempesta. L’acquario – come al solito – farà di testa sua. E chi può dirgli cosa?
E’ tempo di bilanci. La politica – per esempio – vorrebbe che questo tempo durasse un anno. Il tempo della transizione tra il vecchio e il nuovo. Sempre a dire: dopo le feste, prenderemo una decisione. Ecco una decisione. Ma prendiamola questa decisione. Ma quando? Meno male che in aiuto dei politici c’è carnevale e pasqua (altri momenti di transizione).

Poi ci sono i programmi in TV, quelli che ci ricordano tutti gli avvenimenti dell’anno passato: stragi, matrimoni, pil, spread, migranti e arancini. Un caleidoscopio di ogni cosa, di ogni genere: drammatici e commuoventi, ridicoli e profondi.

Sotto il vulcano – l’Etna – ci sarebbe tanto da dire. Terremoti ed eruzioni. Stragi in famiglia e default amministrativi, arresti e sequestri. Chissà perché le brutte notizie sono più ridondanti. Magari ci sono stati eventi positivi. Una certa positività viene dal volontariato. Sempre più in sostituzione delle pubbliche amministrazioni. Ormai in molti settori è diventato indispensabile.

Luca Parmitano (l’astronauta italiano), qualche anno fa diceva, che a lui non interessava il passaggio tra il vecchio e il nuovo anno, ma il passaggio tra un progetto e il successivo. E questo mi sembra una cosa saggia. Anche positiva.

Non possiamo non ricordare chi oggi non c’è più. Chi è andato via. Chi poteva e non ha fatto. Chi non ci ha provato. Non possiamo non ricordare chi ha sbagliato, chi è scivolato, chi non ricorda, chi si è spento. Non possiamo non ricordare chi ci ha tradito, chi ci ha deluso, chi voleva il nostro male.
Non possiamo non sapere, non capire. Invece dobbiamo rilanciare. Dobbiamo fare tesoro di tutto questo. Raccogliere le cose belle che abbiamo vissuto. Fare all’amore. Progettare e pianificare. Inventare nuove imprese. Viverle.

Ecco, direi proprio, progettare. Cioè considerare le nostre risorse, definire gli obiettivi e determinare una strategia possibile e il sempre verde, piano B. Spesso abbiamo paura del futuro, siamo avvinghiati al passato e alle tradizioni. Abbiamo paura di saltare il fosso, di rischiare. Dobbiamo rischiare, andare avanti. Nulla è per sempre. Al cenone di fine anno non saremo sempre gli stessi.

Allora mi permetto di prefigurare il prossimo anno. Di individuare alcune cose – importanti per le nostre comunità. Una classe politica che sappia vedere lontano. Che sappia programmare e valutare con saggezza le criticità. Una società che maturi la consapevolezza di se. Che diventi cittadinanza. Che sia critica nel rispetto delle idee degli altri. Che sia propulsore e non zavorra, che sappia sognare e sollecitare. Governanti più attenti all’umanità, al benessere collettivo, alla democrazia e alla liberà di pensiero. Senza paura. Governanti che non abbiano bisogno di spiare gli avversari. Che non hanno bisogno di dire “tutto fatto” sempre. Che non hanno bisogno di sperare solo nei santi del cielo ma al contrario, al duro lavoro. Che non nascondano la polvere sotto il tappeto e che non debbano ripetere sempre la stessa filastrocca per sopravvivere alla politica.

Un territorio che riscopra le proprie risorse naturalistiche e culturali. Che finalmente su esse possa puntare per il proprio sviluppo. Un territorio che viva di agricoltura, di turismo, di artigianato. Un territorio che si voglia bene, che non scarichi nei fiumi tonnellate di liquami (con depuratori fantasma) senza fine – denunciando tale reato contro la natura – invece di farsi distogliere da battaglie inutili e faziose da parte di ambientalismi e archeologismi.

Una nuova comunità che costruisca utopie possibili. Che ritrovi il senso della politica nelle strade e nelle piazze. Che faccia crescere una nuova generazione di politici “ateniesi”. Che la Polis ritorni al centro del dibattito culturale. Che la borghesia ritrovi se stessa e riprenda il timone di questa nave che ormai naviga a vista.

Il nuovo anno ci offre tante sfide. molte di esse saranno dure ma vale la pena viverle. Non solo nelle piccole comunità ma anche alla regione, nel Paese e nell’Europa. Ora mettiamoci seduti, aspettiamo gli ultimi botti. Vediamo cosa succederà e se Dio vuole, salpiamo presto verso nuovi mondi. E’ la magia del 31 dicembre. Dietro, tutto è ormai ricordo e davanti a noi il futuro. Adesso vediamo le fortune del nostro segno, mangiamo il pesce e bagniamo le labbra di spumante. Buon anno a tutti.

Avatar

Riguardo l'autore Francesco Finocchiaro

Architetto vitruviano. Credente convinto e appassionato delle religioni. Vive il suo lavoro come una grande passione . Esplora gli innumerevoli paesaggi dell’arte: dalla poesia al giornalismo, dall’architettura alla grafica, dalla comunicazione alle strategie urbane. Docente di storia dell’arte e filosofo dell’abitare. Convinto sostenitore del futurismo e che l’innovazione ha le sue radici nella memoria. Vorace lettore di Papa Francesco, di Pablo Neruda, Lucía Etxebarria e Omero. Vive l’architettura come un Pitagorico, in forma mistica e monastica come il suo architetto preferito, Peter Zumthor.

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.