Paternò, addio a Barbaro Corsaro indimenticato batterista: ci fece sognare con i Five in Armony

Era il 2012 quando insieme all’ex batterista Barbaro Corsaro, tentammo di ricostruire la storia del complesso musicale The Five in Armony (sempre scritto senza la lettera “H”) capitanato dal mitico maestro Antonio Chiavetta. Ora che Barbaro Corsaro inaspettatamente ha compiuto l’arrembaggio sulla strada del paradiso, voglio fare cosa gradita alla famiglia e a quanti lo hanno conosciuto, specie in parrocchia, riproponendo questo servizio, dove è custodito il suo delicato ricordo con i suoi amici.
E’ molto difficile poter raccontare dettagliatamente la lunga vita del complesso musicale “The Five in Armony”. Per alcuni dei suoi protagonisti è pure una bella fiaba, iniziata poco più di ottanta anni fa. La piccola Orchestra cambiò spesso alcuni dei suoi musicisti: dopo l’uscita del maestro Mimmo Sambataro, andò via Nunzio Ortisi, anche lo stesso Giuseppe Longo, un po’ per la sua età non più giovane, fu costretto a lasciare il gruppo per dedicarsi al suo lavoro di barbiere, sicuramente meno faticoso, anziché peregrinare fino a tarda ora con l’orchestra. Fu così che il maestro Antonio Chiavetta, aprì il suo gruppo a vari musicisti che si aggiungevano per brevi periodi come il celebre chitarrista Giovanni Pecora. Anche il simpatico figlioccio Sebastiano Anicito, lasciò il gruppo e Paternò, l’età giovane lo portava a seguire le tracce della nuova musica arrivata da oltre oceano, con l’arrivo degli americani. Ebbe la fortuna di raggiungere i paesi scandinavi. Dopo aver chiesto il permesso al maestro, decise di accettare un ingaggio, inizialmente per soli sei mesi, poi prolungati per quasi vent’anni.
Il suo posto di batterista lo coprì il giovane promettente Barbaro Corsaro. “E’ bello per noi di una certa età, ricordarsi di quei momenti belli, il mondo allora era molto diverso, per noi ragazzi ci bastava sognare, anche ad occhi aperti, per essere felici”.
Da ragazzo lavorava prima come barman poi dipendente della Banca Popolare di Paternò, l’intrepido dal nome unico Corsaro Barbaro, oggi si spende nel sociale.
“Io non avevo scelto la musica per mestiere, facevo altro, come tanti altri ragazzi suonavo ad orecchio. Facevamo tutto da noi, costruivamo le casse con le migliori pelli, prima che a Paternò arrivasse una batteria sono passati molti anni. Ad inizio degli anni sessanta la nostra città era un punta di eccellenza. Gianni Bella, per esempio, per il Cantagiro di Caterina Caselli cercò tra i musicisti di Paternò per completare il suo gruppo. Lo seguirono Pellegrino e Grasso, oggi il primo grande impresario, l’altro critico di musica a livello nazionale. Anche la sorella di Gianni, la giovane Marcella Bella, spesso veniva a cantare a Paternò. Con l’ingresso di Pippo Russo alla chitarra, il maestro Antonio Chiavetta decise di ribattezzare il gruppo con The Seven in Armony. Ma anche dopo poco tempo anche Russo ci lasciò, decise di entrare nel complesso dei Beans. Anche per me arrivò l’aut aut: dovevo scegliere, continuare a suonare o lavorare in banca, scelsi la banca”.
Sebbene gli anni sessanta sono costellati di avvenimenti storici non indifferenti è possibile raccontare con la musica le storie, emozioni di una società? “Noi facevamo serate di piazza, suonavamo per accompagnare Mina, i Giganti Sergio Endrigo e tanti altri nomi famosi. Suonavamo per serenate e per le feste di scuola. Il maestro Chiavetta non voleva che si andasse oltre certi confini, per lui e la gran parte dei suoi compagni si suonava per sostenere la famiglia.”
I Seven in Armony non cercavano la copertina del Bolero o del Gran Hotel, i giornali di quell’epoca che più degli altri dedicavano le loro copertine patinate al cinema e al mondo della musica. Dopo il 1965 prima di prendere in mano fischietti cartelloni femministi e rivoluzionari, nacquero altri gruppi musicali che invece speravano di entrare nel panorama nazionale della musica, se pure molto bravi a suonare ebbero breve vita. I Duca alla 4 con Bottino, Morabito, Calvagna e Pulvirenti poi trasformatosi in Edipo Band con l’ingresso di Maugeri. I Gemini altro gruppo di giovani vigorosi con Nicolosi, Zuccarello, Scandurra, A. Giordano e Marino. Con il successivo innesto di Franco Randazzo divennero Astor Boys. In tempi recenti la vocazione dei ragazzi, spesso coincide con il grande sogno, quello di poter diventare un calciatore, oppure una volta si sognava di volare. Ma dopo il sessantotto a Paternò vi fu una vera esplosione di orchestrine, dunque era facile incontrare nei sogni dei giovani, il desiderio di imparare a suonare uno strumento e poi suonare con l’orchestra alla villa comunale, sotto lo sguardo materno o della propria morosa. Turi Bertino e Pippo Conti furono a lungo i compagni del maestro Chiavetta. “Sono stato prima calzolaio, poi dipendente comunale, ma per quarant’anni sono stato a fianco del maestro Chiavetta – racconta Pippo Conti – Non credo sia una esagerazione, ma buona parte di sposi del territorio, ha voluto allietare il giorno più bello della loro vita e persino la serenata con The Seven in Armony. Con Chiavetta abbiamo suonato insieme per molti anni, era per noi un lavoro di sostentamento, soprattutto in quegli anni difficili ma anche belli da vivere. A noi non interessava fare grandi cose, non ci illudevamo del successo raggiunto, preferivamo stare con i piedi per terra”. Una lezione che le nuove generazioni dovrebbero raccogliere. Un suggerimento ai politici e alle nuove generazioni; anche la musica ha un suo modo critico per leggere la nostra storia. Se pure ci fosse da raccontare altro, pure le avventure amorose, con l’ironia e il disincanto non bisogna dimenticare il cambio epidermico di molte generazioni attraverso la musica.

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Riguardo l'autore Alfio Cartalemi

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