La scuola è finita, lettera agli studenti che vanno via: “Che la bellezza vi accompagni”

Cari ragazzi, è il tempo dei saluti e degli addii. Come una nave ricca di tesori, salpate per un nuovo mare, per nuove avventure, verso nuove mete. Siate pronti a diventare uomini e donne; siate pronti a diventare giovani eroi, portatori di pace e di bellezza.
«I Lestrigoni e i Ciclopi
o / la furia di Nettuno non temere,
/ non sarà questo il genere di incontri
/ se il pensiero resta alto e un sentimento
/ fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo.
/ In Ciclopi e Lestrigoni, no certo
/ ne’ nell’irato Nettuno incapperai
/ se non li porti dentro / se l’anima non te li mette contro» («Itaca» da Settantacinque poesie di Kostantino Kavafis).
«E Zefiro / che gonfia le stoffe del mare / annuncia la nuova stagione. Mentre tu, trovasti i tuoi Dei / scoprendo la forza dei mari / e sentisti parole da sommi poeti / venuti da tempi lontani. Mangiasti le fragole rosse, e pane spezzasti alla mensa. Un vino bevesti con l’uva raccolta dal tuo sacro giardino» («Itaca», Francesco Finocchiaro).

E quindi, siete pronti per partire. Ci siamo incontrati con gli sguardi, e ci siamo parlati spesso. Abbiamo sussurrato e qualche volta urlato. Abbiamo parlato di artisti, di opere meravigliose e di come l’uomo ha raccontato la natura, quella che vediamo e quella che Dio nasconde ai nostri occhi. Alcune di queste opere resteranno per sempre nella vostra mente, alcune diventeranno lontani ricordi ma non scorderete il senso dell’arte, la sua essenza: quella di riconnetterci al divino. Ricorderete per sempre la nostra prima lezione, le prime complicità, quel professore che raccontava di antiche storie come se le avesse viste di persona. Ma non scorderete nulla di quel luogo meraviglioso che è la Scuola. Dentro di voi – ogni giorno – ci sarà uno di noi che vi ricorderà qualcosa: una traccia, un significato, una rotta.

Siamo condannati a restare al molo mentre voi partite, siamo condannati a non vedere la vostra terra promessa, siamo condannati a vedervi andare via; siamo condannati a nascondere le lacrime in silenzio. Ma questo è il nostro compito, accompagnavi verso il porto, aspettare che salpiate, salutarvi da lontano. Salutare, chi avete avuto nel cuore, chi vi ha sostenuto con affetto, chi ha studiato con passione le gesta di eroi e di artisti dell’antichità. Salutare chi vi ha sorriso ogni giorno, malgrado le tante difficoltà, chi vi ha regalato uno sguardo che diceva tante cose.

Anche un professore, in fin dei conti, riparte, mentre voi solcate il mare nuovo. Accoglie i nuovi cuccioli d’uomo, carichi di entusiasmo. Li accoglie con le vostre storie, cercando i vostri sguardi e il suono della vostra voce. Anche un professore riparte con nuove storie da raccontare, tentando di migliorare quello che ha fatto con voi, ripartendo dai suoi errori. Forse ripartiamo insieme, facendo tesoro della nostra esperienza.

Prima di lasciarvi, ancora un attimo, fatevi guardare. Fatevi abbracciare, perché questo è l’unico momento in cui possiamo essere quello che siamo. Fatemi guardare i vostri occhi, perché saranno per sempre dentro di me. Fatemi sentire le vostre voci e godere di quei sorrisi che scaldavano le mattine d’inverno. Ho bisogno di raccogliere gli ultimi ricordi: i vostri sorrisi, i vostri silenzi, le vostre follie, i vostri racconti.

Siete stati cuccioli, ora siete uomini e donne nuove. La scuola è stata la vostra casa e tutti noi – docenti, dirigente, e collaboratori – compreso quel personale silenzioso che vi ha protetto e accompagnato in questi anni, siamo orgogliosi di voi. Di tutti, anche di quelli che hanno faticato di più.
Che la bellezza vi accompagni, che sia sempre presente nelle vostre azioni. La mia speranza è che abbiate compreso che la felicità, non sta nelle cose che guardate ma come le guardate. Che Fidia, Michelangelo, Caravaggio, Canova e Picasso sono stati il pretesto per parlare di bellezza e di felicità. Sono stati la scusa per parlarvi di come l’uomo deve guardare la natura, dio e i suoi simili. Di come l’uomo, è parte di un creato da proteggere, da custodire.

La mia speranza è che abbiate capito che le stelle che compongono una costellazione non sanno di esserlo. Che siete Voi, di volta in volta, che ne disegnerete una, la Vostra. Che le stelle sono “il sapere” e tocca a voi trovarne le relazioni, per ridisegnare il Grande Carro, l’Orsa Maggiore e la costellazione del Cigno. Buona strada, siate semplici e onesti. Siate testimoni di umanità, siate guerrieri della luce. Condividere con voi questo breve cammino è stato un onore. Condividere con voi alcuni momenti, un regalo. Ma è venuto il momento di riprendere il cammino. Seguite le tracce di questo sentiero, siete pronti a viverlo, avete tutto ciò che vi serve: l’acqua, il pane, la bussola, un quaderno, le matite e un buon libro. Avete anche i ricordi, quelli di questo tempo: conservateli. Vi serviranno, quando anche voi incontrerete i vostri cuccioli d’uomo e potrete raccontare loro di storie meravigliose, di antichi sacerdoti, di maestri ormai scomparsi. In quel momento capirete queste parole, e noi (i vostri docenti) avremo concluso il nostro compito. Buon viaggio, anche a chi – in questi giorni – ha preferito farne uno più sofferto – rinunciando alla vita, rubando ai suoi cari e ai suoi professori, il piacere di vederlo crescere. Anche a Lui, come a Voi. Siate coraggiosi, siate folli e siate curiosi (Steve Jobs). Perdonate i miei silenzi di questi ultimi giorni, sono una maschera che porto per nascondere le lacrime.

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Riguardo l'autore Francesco Finocchiaro

Architetto vitruviano. Credente convinto e appassionato delle religioni. Vive il suo lavoro come una grande passione . Esplora gli innumerevoli paesaggi dell’arte: dalla poesia al giornalismo, dall’architettura alla grafica, dalla comunicazione alle strategie urbane. Docente di storia dell’arte e filosofo dell’abitare. Convinto sostenitore del futurismo e che l’innovazione ha le sue radici nella memoria. Vorace lettore di Papa Francesco, di Pablo Neruda, Lucía Etxebarria e Omero. Vive l’architettura come un Pitagorico, in forma mistica e monastica come il suo architetto preferito, Peter Zumthor.

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