Adrano, il sindaco: “Solo la ‘dote’ e nessuna contrattazione per Di Gloria all’Acoset”

Un po’ trattativa-capolavoro, un po’ botta di culo. L’elezione dell’adranita Diego Di Gloria alla presidenza dell’Acoset è tutto ciò, in estrema sintesi. Come fosse una figlia da maritare, il sindaco di Adrano D’Agate – spiega in questa intervista al Corriere Etneo – ha dato in dote a Di Gloria il 18% di quote detenute dal Comune, buon punto di partenza per chi è abile nella tessitura di accordi. Il gradimento sul suo nome, espresso da due maggiorenti del centrosinistra del territorio – Sammartino e Barbagallo – e – con ogni probabilità – anche da alcuni sindaci vicini all’ex Governatore Lombardo, non prefigura però un’alleanza organica né tantomeno un nuovo assetto di centrosinistra della giunta adranita. Ieri assieme al nuovo presidente è stato eletto anche il direttore dell’Acoset: è il presidente uscente Giuseppe Rizzo. Quest’ultimo, tra qualche mese, darà lo sfratto all’uscente Fabio Fatuzzo, uno degli sconfitti del centrodestra catanese nella ‘partita’ Acoset.
Ecco l’intervista al sindaco di Adrano Angelo D’Agate.
 
Sindaco D’Agate, cos’ha permesso che l’operazione Di Gloria andasse in porto?
Il punto di partenza sono stati i nostri 18 punti (la grossa quota che detiene il Comune di Adrano ndr.). Ho visto l’albo dei presidenti del Consorzio Etneo, oggi Acoset: dal 1912 non c’è mai stato un adranita. Eppure Adrano ha sempre avuto un ruolo di rilievo. I 18 punti sono una buona dote ma è entrata in campo anche l’esperienza, la militanza politica, la persona conosciuta di Diego Di Gloria. Non ho contrattato su Di Gloria. Abbiamo dato la ‘dote’ e abbiamo detto che è un’espresione di Adrano. Poi ci sono amicizie e militanze politiche che sono state determinanti perché con il 18% non avremmo fatto niente.
Il fatto che il nome di Di Gloria fosse gradito all’on. Sammartino – che lo considera a lui vicino –  ha reso tutto più facile.
Sicuramente ha favorito l’avvicinarsi di quei sindaci vicini a Sammartino. Quella vicinanza è stato un motivo in più per votarlo.
Il fatto che il nome di Di Gloria fosse gradito all’on. Sammartino – che lo considera a lui vicino – ha reso tutto più facile.
Sicuramente ha favorito l’avvicinarsi di quei sindaci vicini a Sammartino. Quella vicinanza è stato un motivo in più per votarlo.
L’elezione di Di Gloria è frutto di un’alleanza politica che avrà riflessi anche per la sua amministrazione?
Per quanto mi riguarda, non è in quest’ottica che mi sono mosso. L’idea di puntare su Di Gloria non è nata in un contesto di questo tipo. Sapevamo di avere una bella carta da giocare ed eravamo intenzionati a farlo. Ci è andata bene. Certamente c’è stato il favore di Sammartino e Barbagallo.
L’elezione di Di Gloria va ascritta ad una formula di centrosinistra?
Non mi dispiace che le cose stiano così. E’, però, dare una notizia sbagliata affermare che su mia proposta il centrosinistra si sia riunificato per eleggere Diego Di Gloria. Non è andata così. Personalmente, dopo avere sentito il gruppo che mi circonda, ho detto a Di Gloria “vai, il nostro rappresentante sei tu. Hai i nostri voti”. Ripeto: non abbiamo trattato, abbiamo proposto. E’ un metodo. Non credo alle contrattazioni per un ente, come l’Acoset, che eroga servizi. E poi le contrattazioni non mi piacciono molto.
Ha ricevuto pressioni ad alti livelli perché si accordasse con la cordata di centrodestra?
Assolutamente no. M’è capitato di incontrarmi con rappresentanti del centrodestra per scambiare opinioni e idee sull’Acoset. Ma da un po’ di tempo dicevo che era mia intenzione avanzare una proposta. Solo negli ultimi giorni ho detto il nome di Di Gloria.
Dopo questo risultato, si sente come chi è uscito dall’angolo?
Certamente questa è una di quelle cose che aiutano e incoraggiano. Ce ne sono altre in corso e avremo modo di parlarne nei prossimi giorni.
Per gli investimenti sono discretamente più rinfrancato. La questione finanziaria e la spesa corrente continuano a essere un problema.
L’elezione di Di Gloria fa bene al cuore per il lavoro svolto e, soprattutto, per la credibilità di un contesto politico.
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