La casa del ciliegio, una fiaba estiva per capire il senso della vita

Casa del ciliegio

Sotto gli alberi nascono le leggende. Sotto gli alberi nascono gli amori. Coperti dalle stelle d’agosto, ci si ritrova a leggere le fiabe oppure a inventarle. Allora il mondo che ci circonda si anima, si umanizza e diventa quel paesaggio immaginifico tanto caro ai bambini e non solo a loro. Ma ogni fiaba nasconde una verità, nasconde una storia. Ogni racconto, tra le pieghe, contiene una morale, un insegnamento, una traccia da seguire e ancora una volta l’uomo con i suoi amori è al centro della narrazione. Questa che vi racconto è una storia antica, è la storia di un ciliegio e di una casa. Allora, lasciatevi accompagnare dalla voce narrante e tuffatevi nel mondo della fantasia, per scoprire un mistero nascosto tra le foglie, tra i rami; nascosto da un piccolo albero di ciliegio che voleva diventare grande.

«L’albero di ciliegio era cresciuto in uno spazio piccolo, in una porzione di giardino tra il grande castagno e l’umile pero. La sua terra un tempo era piena di rovi e sterpaglie, con pietre piccole e grandi che circondavano il maestoso castagno. Il pero, invece, era piccolo, rugoso e aspro. Un uomo aveva liberato il castagno dalle pietre e il pero dai rovi, trovando tra essi la terra che un giorno accolse il ciliegio nuovo.

Passarono molti anni per scavare la montagna di sassi e il castagno svettò nel cielo, con undici tronchi e mille ventagli. L’uomo decise di costruire per sé e per la sua famiglia una casa, sotto il castagno, protetta dalla calura in estate e illuminata dal sole in inverno. Le foglie, qualche volta parlanti, andavano e venivano, scandendo le stagioni. Mostravano il miracolo della vita che oscilla tra la morte e la vita. L’uomo plasmò il castagno, il pero, la casa e la torre di pietra fino a diventare un giardino di frutti e di fiori. Il pero, più piccolo, accompagnava le giornate dei figli dell’uomo che giocavano e crescevano, senza sapere che un giorno il pero sarebbe diventato più piccolo, perché loro erano diventati più grandi. Fu una sorpresa quando un giorno, improvvisamente, il pero salutò la loro infanzia e conservo i segreti di quel tempo per sempre.

Fu proprio in questo tempo di mezzo che l’uomo piantò il ciliegio. Minuscolo e indifeso. All’inizio, nessuno notò la sua presenza. Era comunque la terra del castagno, padre e sovrano di quel regno. Il piccolo ciliegio crebbe fino a diventare grande e fruttuoso. Rosse e rotonde le sue gemme, i suoi fiori bianchi annunciavano la primavera. Gli uccelli comparvero presto a salutarlo. Il sole si affrettò a sfiorarlo con il suo calore e il vento si divertiva con lui durante le tempeste. Dove un tempo c’erano rovi e sterpaglie, ora cresceva con vigore una nuova creatura.

Un giorno, dopo molti anni di frutti buoni, l’uomo decise di costruire una casa sotto il ciliegio. Non era una casa come le altre. Era la casa dei bimbi. Erano passate molte primavere e molti inverni. I figli dell’uomo avevano generato altri figli che scoprivano quella terra come nuova. L’uomo costruì la casa di legno e il maestro la dipinse con alberi e frutti, antichi animali e foglie parlanti. Poi il maestro andò via e la casa invecchiò rapidamente e le figure sbiadirono come avvolte da un velo magico. L’uomo, allora decise di costruire ancora una casa, più grande, più alta, più forte. I figli dei figli erano cresciuti e altri bimbi erano arrivati alla terra del castagno. Tutto cresceva, tutto diveniva, tutto si muoveva, ma l’uomo costruiva sempre le case di legno e sempre per i bimbi.

Il ciliegio era felice. Ormai aveva un compito nuovo. Proteggere la casa di legno, la casa dei piccoli. Il pero, il castagno e il ciliegio erano diventati amici e ognuno conosceva i segreti di quella terra, i sogni dei figli e proteggevano gli uomini anziani. L’uomo ancora una volta aveva costruito una casa. Un rifugio, un tempio. Il sole scomparve ancora una volta tra le case di ponente. Salutò la terra del castagno, l’uomo e le sue case di legno e di pietra. Salutò i suoi figli e i figli dei suoi figli. Mostrò gli ultimi bagliori e poi lasciò il posto alla luna. Il ciliegio era felice, il pero misurava ancora il tempo dei figli e il castagno saggio soffiava con mille ventagli e raccontava le storie di un tempo. La casa di legno fu chiamata la casa del ciliegio e i figli dei figli erano pronti a viverla e dipingerla come il maestro. L’uomo aveva costruito case per fare vivere sogni. La madre terra era feconda e fruttuosa. I frutti erano vivi e l’uomo sembrava essere come l’albero, come la terra, come i figli.

Poi arrivarono le farfalle, gli uccelli, le formiche, le tartarughe e alcune donne. Poi arrivò il vento, l’acqua, l’erba, il bruco e il serpente. Poi arrivò una dea, una ninfa e la luna. Ancora la storia continua e io guardo l’uomo e i figli dei figli. Guardo il ciliegio e il suo amico pero. Guardo le case di legno pittate. La storia continua domani, quando il sole sorgerà curioso di scoprire il nuovo mondo. Sento l’odore del legno vivo e le mani, di lei, che sfiorano il mio corpo nudo. Un bacio sfiora la pelle, le mani che accarezzano un foglio bianco con pennelli di seta. Il ciliegio è felice e accoglie sorridendo la farfalla che vola tra i suoi rami fioriti. Questa è la storia del ciliegio felice. Il ciliegio che cresce e vive per proteggere la casa di legno e la farfalla tra i rami»

Ogni tanto, per dire le cose, è necessario raccontare una fiaba. Le fiabe non sono solo per i piccoli ma anche per i grandi e nelle notti d’estate ci svelano il senso della vita.

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Riguardo l'autore Francesco Finocchiaro

Architetto vitruviano. Credente convinto e appassionato delle religioni. Vive il suo lavoro come una grande passione . Esplora gli innumerevoli paesaggi dell’arte: dalla poesia al giornalismo, dall’architettura alla grafica, dalla comunicazione alle strategie urbane. Docente di storia dell’arte e filosofo dell’abitare. Convinto sostenitore del futurismo e che l’innovazione ha le sue radici nella memoria. Vorace lettore di Papa Francesco, di Pablo Neruda, Lucía Etxebarria e Omero. Vive l’architettura come un Pitagorico, in forma mistica e monastica come il suo architetto preferito, Peter Zumthor.

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