Paternò, il giorno di Santa Barbara: da 4 secoli città in festa per onorare la martire

S. Barbara

Il 4 dicembre la festa raggiunge l’apice delle manifestazioni barbarine.

Nella chiesa al primo mattino il saluto dallo scampanio delle campane, mentre dal piazzale dal castello partono gli spari di cannone. Quest’anno, sebbene la festa cada in un giorno infrasettimanale, come da tradizione le scuole, gli uffici pubblici e molti esercizi commerciali restano chiusi. Chi può non va a lavoro, molti pendolari obbediscono al cuore rimanendo a casa per stare in famiglia. Nelle vie cittadine c’è un pullulare di gente; chi si affanna per arrivare puntuale alla prima messa, e assistere alla svelata della Santa, uscendo di casa scruta il cielo, per capire se oggi è una bella giornata. C’è chi invece, obbligato per lavoro deve per forza uscire fuori da Paternò, a malincuore.

Così come ogni anno, ormai da secoli, il 4 dicembre Paternò celebra la sua Santa Patrona la Vergine Barbara con rinnovata fede cristiana, conservando intatta la devozione e la fede dei padri.
Dalla chiesa monumentale, adornata di stucchi in oro con pitture di pregiato valore, l’altare carico di fiori e il profumo d’incenso, accoglie i fedeli.

“L’impressione, al primo entrare è intensa – così scrive Salvo Di Matteo – Traspare dalla monumentalità delle strutture, dalla favolosa ricchezza degli stucchi, dal capriccioso sviluppo delle modanature, dall’inatteso rigoglio decorativo, dell’aere volumetrica della cupola il senso della sovrumana divinità, che piega i fedeli allo sbigottimento”, e le campane non si risparmiano risuonano “Gloriosa t’affacci dai cieli o Barbara Santa di Dio volgendoti a noi con un pio sorriso d’amor”.

La festa può avere inizio. Nella piazza e nella via Vittorio Emanuele ‘a strada ritta’, si raduna la gente. Venditori di palloncini, di calie e noccioline non mancano, si avverte anche il lezzo dell’olio fritto delle crespelle. Anche nelle vie si snodano i profumi del sugo con “i pittinicchi” e del buon ragù, che le mamme si affrettano a preparare per il pranzo di mezzogiorno. C’è chi si porta avanti nei preparativi, anticipa ad arrostire la salsiccia, per non mancare all’appuntamento del fuoco di Sant’Antonio.

Le messe della mattina, sono affollate di devoti ma l’attesa è per l’uscita del fercolo. Il fercolo tutto in argento, con preziosi altorilievi sulle fiancate riproducono il martirio della santa, è già pronto sin dalla mattina. Mentre si radunano anche i portatori col covo bianco.

Gli appuntamenti importanti sono dopo mezzo giorno, con il tradizionale fuoco pirotecnico in piazza Vittorio Veneto, che accoglie l’ingresso della santa con “u focu di San’Antonio” per poi fare ingresso nella chiesa dell’omonimo santo. In serata l’arrivo a Villetta, con i colorati fuochi pirotecnici ed a tarda serata il rientro in chiesa.

Tutto è pronto da settimane, l’unica incognita come sempre è il tempo. Dicembre spesso riserva delle sorprese, una volta la festa principale era a luglio, ma fu spostata il 4 dicembre per ovviare al caldo dell’estate. La foto d’epoca del 1910, che qui pubblichiamo rappresenta la profonda devozione e fede dei “paturnisi”. E’ una foto a contatto di un vetrino, gelosamente conservato nella collezione privata del fotografo Fernando Tattaresu. Testimonia come pure sotto la pioggia, nessuno si sottrae rinunciando all’ingresso trionfale della santa a piazza Vittorio Veneto. Sotto l’amministrazione del sindaco, on.le Barbaro Lo Giudice, nell’ottobre del 1959 – scrive Barbaro Rapisarda Tripi – si fece tra i cittadini un “referendum”, per sapere se essi volessero riportare i festeggiamenti a luglio, per scongiurare il pericolo degli effetti meteo autunnali, data l’inconsistenza e l’inclemenza delle condizioni atmosferiche, potessero andare perduti. I cittadini confermarono allora i festeggiamenti autunnali, a ricordo della natività o l’estremo sacrificio della Santa”.

Oggi col cambiamento in atto del clima e nessuna certezza della bella giornata, non scalfisce per nulla l’amore dei paternesi verso la Martire Barbara, che oggi gloriosa attraversa le vie cittadine al grido “Cittadini, viva Santa Barbara”.

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Riguardo l'autore Alfio Cartalemi

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