Pasqua, le liturgie dell’intimità: il tempo sospeso che costruisce una nuova speranza

La Pasqua è arrivata. Noi tutti siamo increduli per come abbiamo vissuto questa nuova liturgia. I sepolcri, le processioni, le veglie e le messe, tutto rigorosamente online.

Oggi il pranzo di Pasqua e domani Pasquetta dentro le nostre case. Non era mai successo.

Un dato rilevante è che questa società marcatamente laica qualche volta atea, riscopre la spiritualità, l’intimismo, la contemplazione. Gesti semplici che fanno riemergere – forse inconsapevolmente – riti arcaici legati alla speranza. Fare il pane a casa per esempio. Mangiare insieme. Cucinare per gli altri. Sistemare le piccole cose domestiche. Cercare lo sguardo nel vicino, affacciato dal balcone come voi. , come ieri notte, ascoltare le campane che suonano a festa. Suoni lontani, quasi dimenticati. E Papa Francesco che ci accompagna ogni giorno dal web.

La cosa che colpisce – in questo tempo – è la consapevolezza, che stiamo vivendo un momento storico. Uno di quelli che troveremo sui libri di scuola. Una delle espressioni più ricorrenti è: “quando finirà tutto questo andremo a …”. Stiamo vivendo un tempo sospeso, di attesa e di speranza. Combattuti tra lo sconforto del momento e la voglia di ricominciare con nuovi progetti. Sono tante le iniziative sul web che propongono riflessioni sul futuro: il futuro della politica, dell’economia, delle relazioni sociali, della tecnologia, delle comunicazioni e dell’architettura. Siamo tutti alla ricerca dello scenario possibile. Ma non è forse il desiderio di costruire una nuova speranza?

I fiumi sono più puliti, l’aria più respirabile, il buco dell’ozono si chiude. Il virus (la natura matrigna) riconfigura le nostre liturgie più consolidate. La velocità con cui abbiamo vissuto la nostra vita, improvvisamente rallentata. Ma nello stesso tempo emerge l’esigenza del controllo, del monitoraggio. Allora Apple e Google si alleano per mettere a punto una nuova App che controllerà i nostri spostamenti.

Si porrà un nuovo problema: la libertà di muoversi senza un controllo tracciabile. Qualcuno saprà dove andremo, cosa faremo e per quanto tempo. Una specie di braccialetto elettronico per tutti. Insomma dopo i domiciliari passeremo al tracciamento dei nostri movimenti. Il mondo cambia. Ma chi gestirà i dati registrati? La questione privacy?
Dal transitorio tempo dell’intimità spirituale passeremo a quello del Grande Fratello mondiale. La sensazione è che bisognerebbe ridisegnare un nuovo modello etico-morale. Un nuovo galateo.

L’umanità è chiamata, ancora una volta, a modificare le sue regole relazionali. Lo ha fatto tante volte, nel tempo, e lo farà ancora. Oggi si parla di “distanza sociale” come tema da risolvere. L’esigenza di vivere dentro palle di vetro, dentro realtà virtuali e aumentate. Se pensiamo alle offerte dei musei di questi giorni.

Ogni epidemia, terremoto, eruzione, insomma ogni volta che la “natura” sancisce la sua presenza l’uomo deve riconfigurare la sua. E ci è andata bene sino ad oggi. I dinosauri ne sanno qualcosa.
Non è una filastrocca senza senso, quando si dice che riusciremo a superare anche questo. La storia insegna che noi siamo capaci di adattarci, anche per questa volta. Forse una certa forma di capitalismo e di liberismo sarà oggetto di revisione, si sentiva la necessità.

Questa Pasqua, ci restituisce una profonda spiritualità – anche se proviene da uno schermo digitale. Anche se privata delle liturgie collettive – che ricordiamo attraverso le immagini pubblicate ovunque, come archeologia iconografica – si sente il desiderio di riconnetterci al senso del divino, indipendentemente dal nostro credo confessionale. Anche se si registrano sciacallaggi mediatici, di chi vuole strumentalizzare il dolore collettivo e la paura esibendo e teatralizzando l’impegno verso gli altri, si intravede un fiume (anche sommerso) di umanità che riaffiora dal deserto. Vedere un caro amico, un gigante buono, distribuire pasti alla mensa sociale – difeso solo da una piccola mascherina – con gli occhi di chi sente il dovere di fare del bene – lontano dai riflettori – mi ha commosso e mi fa sperare. Una Pasqua intima, che sancisce il diritto alla speranza per tutti.

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Riguardo l'autore Francesco Finocchiaro

Architetto vitruviano. Credente convinto e appassionato delle religioni. Vive il suo lavoro come una grande passione . Esplora gli innumerevoli paesaggi dell’arte: dalla poesia al giornalismo, dall’architettura alla grafica, dalla comunicazione alle strategie urbane. Docente di storia dell’arte e filosofo dell’abitare. Convinto sostenitore del futurismo e che l’innovazione ha le sue radici nella memoria. Vorace lettore di Papa Francesco, di Pablo Neruda, Lucía Etxebarria e Omero. Vive l’architettura come un Pitagorico, in forma mistica e monastica come il suo architetto preferito, Peter Zumthor.

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