La geografia storica: nuove modalità per leggere i paesaggi storici

La percezione della città, della sua forma e delle sue relazioni con altri centri urbani è illusoria.

Crediamo di vivere da sempre nello stesso modo, con le stesse liturgie, per soddisfare gli stessi bisogni. In pochi anni perdiamo la memoria collettiva e personale. Ripetiamo gli stessi gesti. Lo facciamo fino a farli diventare rituali e necessari. Ma basta una piccola innovazione tecnologica, normativa, commerciale o infrastrutturale e tutto cambia: nel giro di pochi anni consolidiamo una nuova memoria urbana.

Prendiamo ad esempio la vecchia strada che congiungeva Catania a Palermo, la SS. 121. Collocata sulla via consolare romana, seguiva un antico tracciato che rimane immutato per secoli. Su questo tracciato nascono città, si consumano battaglie e si consolidano le attività economiche. Le città lungo questo percorso – nei secoli – diventano ricche, prosperose e potenti. Ma la nascita dell’autostrada A19 Catania Palermo – nel XX secolo – rivoluziona tutto il sistema di costellazioni urbane e rurali desertificando ogni territorio, che diventa improvvisamente area marginale, periferica e interna.

Ci sono molti di questi esempi, come il sistema Siracusa-Lentini-Motta-Paternò (nodo di scambio verso Messina e Palermo), che rappresentava una parte significativa della dorsale jonica, scomparsa nell’immaginario collettivo, a causa del potenziamento della linea stradale costiera (mutate condizioni commerciali e tecnologiche) e per l’interruzione traumatica che ha prodotto la base militare di Sigonella in quel sistema viario. Un corto circuito che ha ridefinito la percezione delle relazioni, cancellando in pochi decenni l’idea stratificata di quei paesaggi.
Se vogliamo guardare ad esempi più lontani è il destino di alcune città come Petra o Toledo. Prima al centro di direttrici commerciali e politiche e successivamente rese marginali fino alla scomparsa o al depotenziamento per diventare oggi gioielli turistici.

Anche le trasformazioni ambientali hanno contribuito a modificare la percezione della geografia. Eruzioni, terremoti, cambiamenti climatici, erosioni e alluvioni, hanno stravolto il paesaggio determinando un nuovo assetto nella gerarchia delle città. Se pensiamo al Simeto e ai suoi affluenti navigabili che sfociano sul mare Jonio possiamo immaginare l’importanza delle città di fiume e l’importanza sul piano commerciale e produttivo di queste. Ricordo sempre con stupore la città di Mileto in Turchia, famosa per il suo porto e la sua struttura urbanistica e oggi collocata in aperta campagna, a più di 21 chilometri dalla costa egea.

L’uomo e la natura hanno modificato la geografia dei luoghi e con questo la struttura delle città (costruite e coltivate). Alcuni centri conservano le tracce del loro passato, altre sono state dimenticate. Alcune città conservano ancora legami con la storia e altre sembrano essersi perse nell’oblio, generando un nuovo atlante geografico. Ovviamente, cancellate le tracce, a molti sembra incredibile pensare a Catania come una città che per intercettare la viabilità principale da nord a sud doveva raggiungere le terre di Motta Santa Anastasia. Oppure alla possibilità dell’esistenza di un porto sotto l’antica Hybla Major (Paternò) con la flotta imperiale che raggiungeva le parti più interne degli affluenti del Simeto, verso Ramacca. Sembra incredibile, ma lo studio della storia antica di questo territorio non può più prescindere da una nuova consapevolezza geo-storica. In questo modo cambiano le modalità di lettura dei paesaggi e diventa necessario ricurvare la ricerca storica – che ha basato le sue regole su assiomi e modelli incompleti – al fine di svelare l’armatura sommersa.

Appare evidente che una nuova geografia, diacronica e sincronica, del paesaggio siciliano, può costituire la piattaforma strategica per il rilancio del turismo in Sicilia a partire dall’emersione di quelle direttrici interne che valorizzerebbero le aree periferiche, ricollocandole all’interno di una costellazione più ampia: il Mediterraneo. I rapporti tra la Sicilia e la Spagna, la Francia, il Nord Africa, le città marinare italiane (Pisa, Venezia, Amalfi e Genova, per esempio) e l’Oriente sono la macro maglia a cui riconnettere le antiche città siciliane (Militello in Val di Catania e Della Robbia, Pisa e gli arabi di Sicilia solo per fare alcuni esempi).

Ma tutto questo può avvenire solo se siamo disposti a rivedere il modello interpretativo dei paesaggi; se ricominciamo a fare ricerca (storica e archeologica) correggendo gli assiomi di partenza; se investiamo nella ricerca a partire dalle collaborazioni tra pubblico e privato, tra istituzioni e volontariato culturale; se puntiamo a migliorare l’offerta espositiva, valorizzando il patrimonio sepolto nei depositi, afferente ai piccoli centri (territorializzare il patrimonio culturale); se rigeneriamo le infrastrutture della mobilità storica, funzionali alla valorizzazione delle perifericità, sempre collegandoli ai grandi poli urbani (Palermo, Catania, Messina). Serve un nuovo paradigma per i Beni culturali siciliani ma serve una visione innovativa che renda capillare e accessibile il nostro patrimonio culturale.

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Riguardo l'autore Francesco Finocchiaro

Architetto vitruviano. Credente convinto e appassionato delle religioni. Vive il suo lavoro come una grande passione . Esplora gli innumerevoli paesaggi dell’arte: dalla poesia al giornalismo, dall’architettura alla grafica, dalla comunicazione alle strategie urbane. Docente di storia dell’arte e filosofo dell’abitare. Convinto sostenitore del futurismo e che l’innovazione ha le sue radici nella memoria. Vorace lettore di Papa Francesco, di Pablo Neruda, Lucía Etxebarria e Omero. Vive l’architettura come un Pitagorico, in forma mistica e monastica come il suo architetto preferito, Peter Zumthor.

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