Paternò, quanti dementi che credono alla Cultura: lettera aperta al sindaco Naso e all’ass. Natoli

Naso Natoli

Signor Sindaco, gentile Assessore
scrivo perché le recenti esternazioni a me rivolte sui social dall’assessore Natoli, impongono una riflessione e una valutazione che appartiene all’intera collettività. Non è un fatto personale ma culturale.

Avermi definito “demente” in uno spazio pubblico, visibile a tutti, imporrebbe diverse considerazioni che qui desidero evitare, anche perché sono sicuro che l’espressione usata da un assessore della sua giunta – che quindi lo rappresenta – sarà stata solo uno sfogo. Per questo motivo non intendo offendermi sul piano personale, cerco solo di comprendere e le parole del suo addetto stampa – prima pubbliche e poi private – sono persuasive.

Ma desidero evidenziare un altro aspetto: il termine “demente” che non mi appartiene, perché io so di non esserlo. Anche se mi viene attribuito, è rivolto non tanto a me – sul piano personale – ma a tutti gli uomini e le donne che ogni giorno sono impegnati nello studio, nella tutela, nella valorizzazione e nell’uso dei Beni culturali e ambientali di questo grande Paese Italia, anche nella nostra piccola comunità.

Dementi sono – secondo l’espressione del suo assessore, che diventa espressione politica – tutti quelli che vivono di cultura. Sono tanti e molti quelli impegnati direttamente e tanti che vivono dell’indotto della filiera culturale. Dementi, sono gli artisti, i giornalisti, i docenti e gli studenti – che secondo la definizione perdono solo tempo. Dementi sono le guide turistiche e i ristoranti che vivono di turismo culturale. Dementi sono le caffetterie, i negozi, gli artigiani che vivono di questo settore, tra i più importanti in Italia (15% del Pil).

L’articolo che ho proposto non era una fotografia fine a se stessa ma una sollecitazione propositiva, per cambiare quelle strategie culturali che da molti anni hanno sepolto la nostra identità, privando le future generazioni di valide opportunità di sviluppo.

Ma l’espressione demente – usata in questa occasione – definisce i contorni del suo programma politico che non giudico ma che adesso appare più evidente e in contraddizione con alcune scelte che sembravano andare in altre direzioni. Il suo assessore non ha offeso me ma tanta gente che crede nel valore economico della cultura: gli offesi sono tanti, forse anche suoi elettori.

Come spiegheremmo ai nostri alunni che studiano nelle nostre scuole, il significato della frase «Non ho letto l’articolo del Corriere Etneo e non so chi lo ha scritto, ma parlare di investimenti per la cultura in questo momento, quando ancora non ci siamo ripresi del tutto dall’emergenza COVID è veramente da dementi.»?

Non ho letto, ma comunque giudico. Non so chi ha scritto, ma comunque chi si occupa di cultura o ne parla è un demente. Comprende che sarà difficile spiegare tutto questo agli studenti, ai docenti che penseranno di fare un mestiere inutile e da dementi. Cosa penseranno tutte quelle persone che vivono con i beni culturali? Si sentiranno offesi.

Sono sicuro che da questa vicenda tutti abbiamo imparato qualcosa, ma mi permetto di suggerire che forse è necessario chiarire a tutti noi cosa pensa della cultura, del settore dei beni culturali e di cosa intende fare per questo comparto che sarebbe trainante in questa città ma non ha le giuste attenzioni e gli opportuni investimenti umani e finanziari.

Hanno imparato i cittadini, le forze politiche, le associazioni, i giornalisti, i ristoranti, le caffetterie, gli artigiani, le guide turistiche, gli scrittori, gli editori, i produttori enogastronomici, e tanti altri.
Ripartiamo dalla cultura, se volete. In caso contrario è giusto sapere.

Francesco Finocchiaro

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Riguardo l'autore Francesco Finocchiaro

Architetto vitruviano. Credente convinto e appassionato delle religioni. Vive il suo lavoro come una grande passione . Esplora gli innumerevoli paesaggi dell’arte: dalla poesia al giornalismo, dall’architettura alla grafica, dalla comunicazione alle strategie urbane. Docente di storia dell’arte e filosofo dell’abitare. Convinto sostenitore del futurismo e che l’innovazione ha le sue radici nella memoria. Vorace lettore di Papa Francesco, di Pablo Neruda, Lucía Etxebarria e Omero. Vive l’architettura come un Pitagorico, in forma mistica e monastica come il suo architetto preferito, Peter Zumthor.

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