Tutti a scuola ma mancano aule e docenti: serve riconfigurare il quadro generale

Tutti a scuola ma mancano aule e docenti: serve riconfigurare il quadro generale

Ci risiamo, ancora una volta la scuola è al centro delle polemiche.

L’apertura del nuovo anno scolastico – dopo l’esperienza appena conclusa – è il nodo da sciogliere. Il ministro dell’Istruzione è chiamato a dare risposte operative e urgenti sulle modalità di rientro a scuola. La questione ruota attorno alla necessità di garantire la distanza fisica tra gli alunni e i docenti e la sanificazione degli ambienti scolastici. Ma il sistema scuola determina altre criticità in riferimento alla necessità di sicurezza.

Tutti a scuola ma mancano aule e docenti: serve riconfigurare il quadro generalePer esempio il trasporto degli studenti, privati e pubblici. La rete commerciale di supporto, alimentari e cancelleria. La funzione di babysitteraggio scolastico che coinvolge genitori e nonni. La scuola genera un grande numero di flussi, di persone e cose che si relazionano attraverso un delicato sistema di corrispondenze orarie.

L’entrata e l’uscita dalla scuola e tutte le sue possibili estensioni pomeridiane sono un meccanismo infernale che rischia di essere stravolto dalle nuove indicazioni ministeriali. Basta modificare anche di poco questo fragile equilibrio di movimenti nel tempo e nello spazio e mamme, padri, figli – e con loro tutti gli attori coinvolti nella filiera scuola – andranno in tilt, generando un caos gigantesco.

Le famiglie dovranno rivedere le liturgie dell’accompagnamento dei propri figli a scuola e questo ovviamente è più pesante per gli studenti dalle materne fino alle scuole medie. Meno problematico per le superiori e l’università ma anche in questo caso non mancheranno i problemi, tra coincidenze e scambi tra mezzi di trasporto e attività pomeridiane post scolastiche.

Un vero rebus a cui nulla potrà nemmeno il più sofisticato algoritmo matematico.

Il tema del coordinamento tra gli infiniti orari – entrata, uscita e coincidenza – sarà lo scoglio con cui impatteremo subito dopo aver – in parte – risolto il problema del rapporto tra spazio scolastico e numero degli alunni in presenza.

La questione degli spazi e quella dei tempi sono l’incubo delle istituzioni scolastiche in questi mesi estivi assieme ai bollettini sull’aumento o sulla diminuzione dei casi di Covid-19.

Sul piano virtuale, ipotetico – e fatemi passare il termine utopistico – la soluzione è semplice. Bisogna aumentare il numero di aule e di docenti. Fatto questo, il problema è in gran parte risolto. Ovviamente, diamo per scontato che tutte le istituzioni scolastiche – in termini di sicurezza complessiva – siano già a norma e attrezzate per la didattica digitale. In questo senso i fondi riservati all’emergenza scolastica sono utili per rifinire gli ultimi dettagli.

Ma la verità è assai diversa.

Tutte le scuole, quasi tutte, hanno resistito eroicamente al processo di dismissione avviato ormai da alcuni decenni che le ha private di fondi, di strumenti operativi e di risorse per adeguarsi a tutte le nuove esigenze di performance globale degli edifici e di didattica innovativa.

Molte le risorse messe in campo – da parte del ministero – ma prive di strumenti agili e incisivi (basti pensare bizantinismo del codice degli appalti e alle stazioni appaltanti – ex province e comuni – che non hanno risposto sufficientemente alle richieste di riqualificazione delle scuole). Il risultato è che le istituzioni scolastiche non sono tutte adeguate ai regimi d’uso ordinari; immaginiamo a quelli straordinari.

Tutti a scuola ma mancano aule e docenti: serve riconfigurare il quadro generaleOvviamente questo quadro è diffuso in ambito nazionale e le indicazioni ministeriali sembrano non tenerne conto, specie quando fanno affidamento agli enti locali per sopperire alla mancanza di spazi. Gli enti locali, sempre per le ragioni di cui sopra, sono gestori di un patrimonio immobiliare ai limiti della dismissione.

Spesso gestori di relitti architettonici con un palinsesto di ex qualcosa: ex cinema, ex caserme, ex palestre, ex ospedali.

Proprio perché relitti, gli enti locali sono proprietari o gestori di spazi non adeguati e quindi non disponibili in pochi mesi.

Perché poi c’è la rigidezza del quadro normativo che impone tanti di quei requisiti sulle persone, sulle cose e sulle procedure che pensare di ottenere la disponibilità di nuovi locali è praticamente impossibile.

Parliamo dello stesso quadro normativo che da una parte rende impraticabile la riqualificazione e dall’altra mantiene inalterati i livelli di responsabilità nei confronti dei dirigenti scolatici e di tutti gli attori della filiera scuola.

Allora viene da chiedersi se – parlando di emergenza – non sia venuto il momento di riconfigurare tutto il quadro generale. Se vogliamo più spazi per la scuola di qualità, dobbiamo investire subito, fornire strumenti normativi flessibili e semplificati;

decentrare le stazioni appaltanti (anche con personale a tempo determinato attingendo ai liberi professionisti) con l’obiettivo di raggiungere i primi risultati entro il mese di settembre, per programmare gli interventi futuri.

Anche derogando, per i prossimi anni, alle stringenti normative – che non hanno certo dato risultati positivi in termini di qualità complessiva – rispetto al patrimonio scolastico nazionale.

I puristi del diritto storceranno il naso, ma siamo in uno stato di emergenza e a poco servono le rigidezze; oggi serve riavviare la filiera verso la normalità considerato che la scuola rappresenta il comparto socio-economico-culturale più fragile ed essenziale per il nostro Paese.

Il Ministro dovrebbe valutare anche questi temi e con lui i Governatori delle Regioni, se vogliamo essere concreti, evitando di lasciare le scuole nell’isolamento più totale e nell’anarchia procedurale.

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Riguardo l'autore Francesco Finocchiaro

Architetto vitruviano. Credente convinto e appassionato delle religioni. Vive il suo lavoro come una grande passione . Esplora gli innumerevoli paesaggi dell’arte: dalla poesia al giornalismo, dall’architettura alla grafica, dalla comunicazione alle strategie urbane. Docente di storia dell’arte e filosofo dell’abitare. Convinto sostenitore del futurismo e che l’innovazione ha le sue radici nella memoria. Vorace lettore di Papa Francesco, di Pablo Neruda, Lucía Etxebarria e Omero. Vive l’architettura come un Pitagorico, in forma mistica e monastica come il suo architetto preferito, Peter Zumthor.

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