La grande sfida di Paternò: Valle o Costellazione? Da dove ripartire per rimodulare l’assetto del territorio

La grande sfida di Paternò: Valle o Costellazione? Da dove ripartire per rimodulare l’assetto del territorio

Ormai i tempi sono maturi, non si può aspettare oltre; le città devono ridisegnare un futuro possibile per uscire rapidamente dalla profonda crisi in cui sono sprofondate.

Il Covid-19 è l’ultima delle emergenze ma non la sola. La recente approvazione della legge urbanistica siciliana – lo abbiamo detto in precedenza – è un’opportunità che non possiamo non cogliere.

Per la città di Paternò è una grande sfida; la possibilità di riscattare quarant’anni di assopimento e apatia diffusa.

La grande sfida di Paternò: Valle o Costellazione? Da dove ripartire per rimodulare l’assetto del territorioDagli anni ’70 in poi, un progressivo degrado culturale, sociale ed economico. Una regressione sia sul piano strutturale che antropologico, un’irreversibile perdita di identità che ha prodotto due azioni contrapposte: da una parte la chiusura verso l’esterno e dall’altra la cancellazione della memoria collettiva.

Eppure la posizione geografica, le risorse e gli strumenti disponibili, avrebbero permesso un rilancio significativo, ma sono state perse molte occasioni. A prevalere la logica dei recinti chiusi e non delle costellazioni aperte.

La frattura tra città e territorio e quindi il suo isolamento è forse da ricondurre alla nascita dell’autostrada Catania-Palermo. Come sempre è la mutazione delle infrastrutture della mobilità che cambia le gerarchie territoriali e questo avviene da sempre.

La vecchia SS. 121 collezionava una città dopo l’altra lungo il suo percorso e ogni città era collegata secondo un disegno lineare. Paternò era un luogo di attraversamento, di sosta, nodo strategico per la produzione e la commercializzazione. Centro di accoglienza di lavoratori provenienti dalle città ad esso collegate. La città era il crocevia verso Messina, Palermo, Agrigento, Catania e Siracusa. Questa posizione che ha radici storiche si è persa con la realizzazione delle due principali autostrade siciliane la A18 e la A19.

La grande sfida di Paternò: Valle o Costellazione? Da dove ripartire per rimodulare l’assetto del territorioPersino Gelone da Siracusa, nel 480 a.C. passa dall’antica Hybla Major – Aitna (oggi Paternò) – per consultare l’oracolo del santuario alle Salinelle (San Marco) – con cinquemila cavalieri e cinquantamila soldati, prima di combattere la mitica battaglia di Himera contro i Cartaginesi (Termini Imerese). Una città che resiste all’assedio degli ateniesi, accoglie Ruggero e Federico II, provenienti da Messina e Palermo.

Una città che osserva il passaggio di uomini illustri come Platone (verso l’Etna da Siracusa) e tanti altri. Una città che dispone di risorse importanti: antichi hospitali, acqua, produzione agricola, viti e ulivi, lavorazione del cotone e della seta (oggi agrumeti), vie di comunicazioni interconnesse (fiume-strade), controllo del territorio e una certa “mitezza” della natura anche quella più irruenta delle eruzioni e dei terremoti.

Poi l’assopimento, la rassegnazione, la non capacità di reagire. In pratica il declassamento ad area interna e marginale. Da area cerniera a margine. L’autostrada ha di fatto rivoluzionato l’assetto generale a tutto vantaggio della polarità Catania. Ovviamente nessuna nostalgia, l’innovazione infrastrutturale è da considerare positiva e portatrice di sviluppo.

La velocità di attraversamento era necessaria e indispensabile e siamo in attesa dell’alta velocità. Ma la questione è che la classe politica degli anni ’70 aveva colto questa possibile criticità e provveduto con scelte lungimiranti per questo territorio, come il potenziamento delle ferrovia Regalbuto-Motta-Catania, della linea metropolitana Paternò-Catania, della localizzazione dell’Area Industriale e Artigianale lungo la ferrovia, della costruzione di Corso Italia a nord della città e della viabilità di raccordo a sud, delle politiche di tutela dell’acropoli e dell’offerta abitativa della zona Ardizzone e zona est di Paternò, oltre al potenziamento degli impianti sportivi; per tutto questo basta studiare il Prg del 1974 (operativo dal 1983) per capire le strategie.

Non tutto era rose e fiori ma c’era un’idea (il Prg del ’94 ne segue le tracce).

Oggi siamo chiamati a rimodulare l’assetto del territorio e le strategie di rilancio.

Ma da dove partire? Siamo parte di una città metropolitana, siamo parte di una costellazione aperta, un reticolo di città. Non siamo e non possiamo e non lo siamo mai stati una valle chiusa.

La grande sfida di Paternò: Valle o Costellazione? Da dove ripartire per rimodulare l’assetto del territorioUna corona di città che guarda un bacino idrografico. Un recinto di comunità. Siamo sempre stati un nodo-cerniera di un sistema più ampio e quando il sistema si lasciava attraversare l’economia era viva e produttiva, gli scambi fruttosi sul piano economico, sociale e culturale. Può sembrare una questione puramente filosofica ma essere valle o essere costellazione cambia la prospettiva e le ipotesi di ridisegno urbano.

L’isolamento è la condizione di partenza da cui dobbiamo uscire.

Chi difende la cultura della valle, commette un errore di lettura storica e di proiezione economica. Oggi le domande preliminari da farsi sono valle o costellazione? Nascondimento o svelamento? Monocentrismo o policentrismo? Ideologia unica o diversità delle idee?

La città deve puntare alla digitalizzazione, alla realizzazione delle infrastrutture della mobilità pubblica, alla valorizzazione del patrimonio culturale, ambientale e agricolo per ridiventare cerniera tra la costa e le aree interne con investimenti mirati, programmatici e attrattivi. Da Catania non si vede Paternò; la partita si gioca sul piano dell’accessibilità geografica accorciando le distanze.

La domanda è chi sono i decisori oggi? Se sono consapevoli della storia di questa città, delle sue criticità, della sua metamorfosi e delle possibili evoluzioni, perché serve aprirsi, sviluppare percorrenze lente e veloci, innovarsi, diventare parte di una città reticolare e non sterile recinto nostalgico, dove il confronto è privo di valore e spesso solo di facciata, funzionale a mantenere rendite di posizioni quasi feudali. Spesso a difesa di un credo unico, paurosi delle diversità. Città o Masseria?

Valle o Costellazione? Essere o non essere? Questo è il problema.

Su questi temi bisognerebbe dibattere. Prima che la città diventi invisibile, per sempre.

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Riguardo l'autore Francesco Finocchiaro

Architetto vitruviano. Credente convinto e appassionato delle religioni. Vive il suo lavoro come una grande passione . Esplora gli innumerevoli paesaggi dell’arte: dalla poesia al giornalismo, dall’architettura alla grafica, dalla comunicazione alle strategie urbane. Docente di storia dell’arte e filosofo dell’abitare. Convinto sostenitore del futurismo e che l’innovazione ha le sue radici nella memoria. Vorace lettore di Papa Francesco, di Pablo Neruda, Lucía Etxebarria e Omero. Vive l’architettura come un Pitagorico, in forma mistica e monastica come il suo architetto preferito, Peter Zumthor.

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