Taormina, che spettacolo i Carmina Burana al Teatro Greco: orchestra e coro del ‘Bellini’ di Catania

Taormina, che spettacolo i Carmina Burana al Teatro Greco: orchestra e coro del ‘Bellini’ di Catania

di Carla Licari

Immaginate una tipica serata estiva taorminese, con il caldo in sottofondo e la magnificenza del Teatro Greco, che si staglia ultramillenario sullo Jonio, strizzando l’occhio alla Montagna.

Una cornice ideale per i Carmina Burana di Carl Orff, magistralmente eseguiti dall’orchestra e coro del Teatro Massimo Bellini di Catania, con il sostegno dei tecnici dello staff dell’ente musicale etneo.

In un’epoca fatta di prescrizioni, mascherine e distanziamenti, la cultura trova un impetuoso riscatto, grazie al pubblico delle grandi occasioni che puntualmente gradisce l’offerta del Teatro Greco di Taormina.

La cantata è una raccolta di canti medievali d’ispirazione non religiosa, musicata dal Maestro Orff durante il periodo del regime nazionalsocialista, ed è diventata nel corso degli anni un’opera paradigmatica della musica medievale, a dispetto della sua recente origine.

Le convinzioni musicali di Orff esplodono alla perfezione, nella loro prorompente maestosità, diventando modello di quelle tecniche di insegnamento musicale, note come Orff Schulwerk, in cui il ritmo diventa protagonista principale del suono, accordandosi perfettamente col movimento e con la voce. Nell’opera non è difficile scorgere la passione per i canoni del Musikdramen di Wagner e Strauss, non a caso tra i musicisti più influenti nella formazione artistica di Orff.

L’orchestra ha il compito di sostenere le abilità del coro, autentico protagonista della cantata, nella quale figurano altresì il tenore georgiano Shalva Mukeria, la soprano Manuela Cucuccio e il baritono Franco Vassallo. Ma l’imponenza dell’opera richiede uno sforzo collettivo, in cui orchestra, solisti e coro miscelano le proprie caratteristiche, per offrire al pubblico una maestosità musicale che si ripropone da oltre ottanta anni.

La fortuna, tanto invocata nella canzone che apre e conclude la rappresentazione, fu benevola con il maestro bavarese, che grazie a un caso fortuito entrò in possesso di una copia di quel Codex Buranus, la raccolta di canzoni medievali che costituisce la parte testuale dell’opera. Tuttavia le composizioni, pur presentando riferimenti musicali, non erano di facile e immediata interpretazione, per via del metodo utilizzato (l’oscura e incerta notazione adiastematica in neumi in campo aperto, propria dei canti gregoriani e della musica medievale in genere).

Il tema della Fortuna ha pertanto una importante centralità nell’opera: la cornucopia di Opi è spesso avara con gli uomini, ma può mutare seguendo i capricci della dea.

L’essere umano può solo accettare la mutevolezza della propria esistenza, ed è costretto a tenere a mente la fatuità della vita.

Tra timpani, che sincronizzano il loro battito con quello del cuore di chi ascolta, e percussioni, che sembrano voler chiedere uno sforzo per continuare nel proprio cammino, la fortuna risolve in crescendo, regalando al fruitore un’esperienza sensoriale al limite della commozione.

Notevole l’esecuzione di “Primo vere”, in cui la vivacità di un trionfo di fiati celebra la vita che riprende il suo ciclo: corni e flauti, per richiamare i suoni di una natura che non perisce.

Nel brano “In Taberna quando sumus” il M° Petrozziello riesce a tirar fuori il meglio che il coro del Massimo Bellini ha da offrire al suo pubblico: l’unica canzone giunta a Orff già con una traccia musicale, richiede ai cantanti una impresa di non poco momento, perché la goliardia medievale dei clerici vagantes venga ricostruita, con una indiscussa fedeltà sonora e spirituale.

Non è certo motivo di vanto la frequentazione di un’osteria medievale, in cui gioco d’azzardo, vino e ogni altro vizio trovavano spazio. Il coro sembra quasi volerlo sussurrare, diminuendo progressivamente il proprio impatto sonoro, ben sostenuto dall’opera degli orchestrali; il crescendo tuttavia restituisce l’insieme delle emozioni connesse a una vita dissoluta, emozioni carnali, un’esplosione dei sensi che lascia poco spazio alla spiritualità.

In “Amor volat undique” tocca al coro interscolastico “Vincenzo Bellini” della Prof.ssa Daniela Giambra, far volare l’amore con la soave timbrica delle voci bianche. La prova è ampiamente superata per questi giovani cantori, che grazie a una paziente e ininterrotta formazione, riescono a tenere il palcoscenico con la tempra delle star più navigate.

La conclusione, come in una ruota del destino, è affidata nuovamente a “O Fortuna”, quasi a voler ricordare la ciclicità della vita.

Non è mistero che il brano sia stato spesso utilizzato nel cinema e nella televisione, entrando di prepotenza nell’immaginario collettivo. Sarà forse per questa ragione che il pubblico, alzatosi in piedi per applaudire fragorosamente i protagonisti, non ha esitato ad acclamare a gran voce il bis, che coro e orchestra hanno concesso, per ringraziare il pubblico presente e onorarne il gradimento.

Incoraggianti le parole del Maestro Giovanni Cultrera, sovrintendente del Teatro Massimo Vincenzo Bellini di Catania:
“Nonostante i momenti di difficoltà, siamo felici di festeggiare questo sold out, che vuole inneggiare alla bellezza, al belcanto e a Bellini. ‘Bellezza Belcanto Bellini’ non è solo una assonanza, non solo un titolo ma un insieme di tre simboli, che vogliono inneggiare al ritorno dell’arte.

La direzione d’orchestra di Dario Lucantoni, il maestro del coro Luigi Petrozziello, la maestra del coro interscolastico “Vincenzo Bellini” professoressa Giambra e la direzione artistica di Fabrizio Maria Carminati, riusciranno certamente nell’impresa di raggiungere l’obiettivo. Questa sera le musiche di Orff saranno protagoniste, ma la rassegna estiva porta il nome del nostro genio Vincenzo Bellini, che ci segue dall’alto e cerchiamo di onorare.

La stagione estiva è per noi piena di impegni, già tra qualche giorno avremo il Gran Galà “Solo per amore”, con una nutrita rassegna di star internazionali: Anna Pirozzi, Fabio Sartori, Veronica Simeoni e Simone Piazzola, già protagonisti alla Scala e al Metropolitan di New York.”

L’ultimo applauso è da tributare al pubblico sugli spalti, che ha mostrato la maturità e la sensibilità richiesta agli spettatori di una cantata come Carmina Burana, affinché contenuti e peculiarità siano appieno fruite.

(Foto di Nicola Spinella)

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