Draghi, al Senato la prima fiducia: “Non c’è mai stata tanta emozione”. Ma 15 pentastellati votano no

Draghi, al Senato la prima fiducia: “Non c’è mai stata tanta emozione”. Ma 15 pentastellati votano no

Mario Draghi incassa la prima fiducia al Senato con 262 sì (40 i no e 2 gli astenuti). Numeri che ‘blindano’ il suo governo e assicurano, almeno per l’avvio del lavoro, una navigazione tranquilla.

Anche se i ‘dissidenti’ M5s che votano no sono 15, con in più 6 pentastellati assenti che non rispondono alla ‘chiama’. Dunque, resta alta la tensione nel Movimento, dove il dissenso non si placa.

La lunga giornata d’esordio per Draghi a palazzo Madama scorre via senza eccessi di pathos, ne’ tantomeno si registrano momenti di tensione, gli ormai soliti toni in crescendo dei leader a cui l’Aula era solita assistere negli ultimi mesi. Unico ‘distinguo’ che ripropone le divisioni tra centrosinistra e centrodestra quando il premier cita Giuseppe Conte: i giallorossi applaudono, cori di ‘buu’ si levano dai banchi dell’allora opposizione. Per il resto, fatta eccezione per il ‘no’ di Fratelli d’Italia, i sì sofferti di diversi senatori pentastellati e la prevista ‘pattuglia’ dei dissidenti M5s che si attesta a quota 15, il ‘copione’ scorre via senza sorprese.

Oggi tocca alla Camera, ma anche nell’altro ramo del Parlamento è atteso un risultato da record, anche se per il momento al Senato il governo Monti detiene ancora il primato del numero dei voti a favore

“Nella mia carriera non c’è mai stata tanta emozione e tanta responsabilità”, esordisce Draghi, che resterà in Aula per tutta la giornata, prendendo appunti e ascoltando ogni intervento. Draghi rassicura subito i partiti e parla di “governo repubblicano”: il suo esecutivo non rappresenta il fallimento della politica, sottolinea. L’ex numero uno della Bce parla di “nuova Ricostruzione cui sono certo nessuno farà mancare, nella distinzione di ruoli e identità, il proprio apporto.

Questa è la nostra missione di italiani: consegnare un Paese migliore e più giusto ai figli e ai nipoti”. L’ultimo passaggio dell’intervento programmatico è rivolto (e dedicato) proprio al Parlamento, a cui Draghi chiede i voti: “Non c’è nulla che faccia pensare che possa far bene senza il sostegno convinto di questo Parlamento. E’ un sostegno che non poggia su alchimie politiche ma sullo spirito di sacrificio”.

Oggi, scandisce infine, “l’unità non è un’opzione, l’unità è un dovere”. Parole che non possono non raccogliere il favore, seppur con toni e sfumature diverse, della maggioranza: nonostante i malumori che serpeggiano un po’ in tutti i gruppi che sostengono il governo, infatti, la maggioranza compatta vota a favore di Draghi.

Certo, la vera prova del fuoco si consumerà quando in Parlamento si entrerà nel vivo dei provvedimenti: l’ampia quanto eterogenea maggioranza, infatti, potrebbe scricchiolare di fronte a temi da sempre divisivi, come la giustizia (anche se per ora sembra essere stato sminato il terreno sul fronte prescrizione, con la non votazione degli emendamenti al Milleproroghe di Iv, FI e Azione), ma anche il fisco, le misure restrittive anti Covid, e soprattutto la gestione dei 209 miliardi del Recovery, la cui governance e’ stata affidata dal premier direttamente al ministero dell’Economia.

Draghi parla per 51 minuti (una ventina gli applausi), senza nascondere l’emozione (“ditemi quando posso sedermi”, chiede al termine del discorso, poi nelle repliche si scusa per un problema al microfono, “devo ancora imparare”). Al suo fianco nei banchi del governo il ministro leghista dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti. Dall’altro lato il suo predecessore, il 5 stelle Stefano Patuanelli, ora alla guida del dicastero dell’Agricoltura. In serata Patuanelli lascerà il posto a Luigi Di Maio.
In attesa che si concluda la partita sui sottosegretari e i viceministri – rebus che sta provocando non poche tensioni negli alleati – i leader dei partiti di maggioranza confermano il pieno sostegno a Draghi. “Ha pronunciato un discorso dettagliato, di alto profilo, che guarda al futuro, che delinea un’Italia capace di rialzarsi e di ripartire. Mi sono riconosciuto nel suo discorso”, spiega Silvio Berlusconi, che rivendica: “Sono le ragioni per le quali abbiamo chiesto la nascita di questo governo e lo sosterremo con impegno e dedizione totale”, assicura. “Ottimo punto di partenza, nel nome dell’efficienza, della trasparenza e del cambiamento. La Lega c’è”, commenta a caldo Matteo Salvini. Il leader leghista continua a mantenere toni low profile, e ribadisce la lealtà del partito: “Abbiamo scelto di esserci, di metterci la faccia.

In questi giorni sto incontrando sindaci, governatori, imprenditori, agricoltori e ristoratori che mi chiedono non la polemica politica destra-sinistra tra sovranisti ed europeisti ma la soluzione dei problemi: salute, lavoro e ritorno alla vita”. Salvini glissa anche sulle parole di Draghi sull’euro irreversibile: “Draghi ha sempre ragione”, osserva, aggiungendo:

“Sicuramente chiediamo ascolto, che non c’è stato col governo procedente, condivisione, programmazione, organizzazione e poi se si parla di Europa, che ci sia parità di regole per tutti”.

La ‘svolta’ moderata della Lega viene accolta positivamente dall’alleato Berlusconi: “E’ certamente un atto di saggezza che anche l’Europa apprezzerà”, dice il Cavaliere commentando la ‘nuova’ linea leghista. “Non credo che Matteo Salvini per ora abbia l’intenzione di aderire al Ppe, ma se lo volesse gli darei volentieri una mano”, è l’aiuto offerto dal leader azzurro. Non ha dubbi sul sì a Draghi il segretario del Pd, Nicola Zingaretti: “Dalle sue parole una conferma: l’Italia è in buone mani. Il Pd farà parte di questa sfida”.

Non nasconde la soddisfazione Matteo Renzi:

“Draghi ha dato una visione”, esulta in Senato. E aggiunge: “A chi ancora oggi si domanda, ma aveva senso aprire la crisi? Rispondo semplicemente sì, ne valeva la pena”. Infine rivendica: “Il cambio Conte-Draghi è in assoluto la cosa più difficile, più incredibile e anche più utile al Paese che abbia mai fatto. Sicuramente adesso io conto meno, ma l’Italia conta di più”.

Nessun ripensamento per Giorgia Meloni:

“Dopo aver ascoltato da Draghi un intervento di generica visione politica, che evita però di calarsi nelle scelte concrete da effettuare, confermiamo il nostro no a questo Governo”, spiega.
Per la leader di FdI “il governo Draghi è un governo orientato a sinistra, molto più di quanto mi sarei aspettata”.

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