Covid, inchiesta ‘dati spalmati’: “Numeri pandemia alterati non per fini personali ma per dare immagine di efficienza”

Covid, inchiesta ‘dati spalmati’: “Numeri pandemia alterati non per fini personali ma per dare immagine di efficienza”

Evitare la zona rossa, impedire le restrizioni impopolari, dare una immagine di efficienza.

Cosa avrebbe motivato la presunta manipolazione dei dati sui contagi Covid in Sicilia, orchestrata dai dirigenti regionali su sollecitazione della politica? Di volta in volta uno e tutti questi motivi insieme, secondo il gip di Trapani, Caterina Brignone, che ha ordinato i tre arresti domiciliari nell’ambito dell’inchiesta che ha colpito il cuore del sistema chiamato a contenere l’emergenza pandemica: il Dipartimento regionale per le Attività sanitarie e osservatorio epidemiologico dell’assessorato della Salute.

“Quanto al fine ultimo perseguito attraverso la deliberata e continuata alterazione dei dati pandemici – scrive il giudice – la natura e le conseguenze delle condotte delittuose poste in essere nonché la qualità dei soggetti coinvolti ed il loro concertato agire, inducono a ritenere che gli indagati non abbiano perseguito finalità eminentemente personali, ma abbiano operato nell’ambito di un disegno più generale e di natura politica. Si è cercato di dare un’immagine della tenuta e dell’efficienza del servizio sanitario regionale e della classe politica che amministra migliore di quella reale e di evitare il passaggio dell’intera Regione o di alcune sue aree in zona arancione o rossa, con tutto quel che ne discende anche in termini di perdita di consenso elettorale per chi amministra”.

“Un disegno politico scellerato”, per il gip, che avrebbe avuto tra i suoi protagonisti la dirigente generale del dipartimento, Maria Letizia Di Liberti, finita ai domiciliari, e l’assessore alla Salute, Ruggero Razza, tra gli indagati per falso materiale e ideologico, dimessosi dopo il ciclone giudiziario.

Conferme in questo senso proverrebbero da alcune chiarissime conversazioni intercettate:

“Niente ero poco seccata per questo discorso di giallo, di arancione – dice Di Liberti il 4 novembre scorso – ora mi chiamò Ruggero, dice, domani mattina rivediamo tutti i parametri, da una settimana all’altra e vediamo effettivamente qual è il parametro che ci ha fatto scattare l’arancione, per capire magari come procedere. Perché il problema fondamentale è se diventiamo completamente zona rossa. E quindi, niente ora mi sono sentita con lui, poi gli ho detto che secondo me tutti i ragazzi che domani tornano da Milano… un sacco domani scapperanno”.

E aggiunge suo interlocutore, uomo del gabinetto di Razza: “Ruggero è sembrato seccato, mi disse… il fallimento della politica, non siamo stati in grado di tutelarci, i negozi che chiudono, se la possono prendere con noi, non siamo riusciti a fare i posti letto. Ci dissi ma non è vero, reggiamo perfettamente. Anche se in realtà, non ti dico, oggi è morta una, perché l’ambulanza è arrivata dopo 2 ore ed e’ arrivata da Lascari. Ed è morta, e qua c’è il magistrato che già sta, subito, ha sequestrato le carte… due ore l’ambulanza… Perché? Perché sono tutte bloccate nei pronto soccorsi. Tutte!”.

Ad ogni modo, commenta il gip, “quale che sia il disegno perseguito, è certo che le falsità commesse non hanno consentito a chi di competenza di apprezzare la reale diffusione della pandemia in Sicilia e di adottare le opportune determinazioni e non hanno permesso ai cittadini conoscere la reale esposizione al rischio pandemico e di comportarsi di conseguenza. Tutto ciò non sarebbe stato possibile senza la piena collaborazione di tutti i soggetti indagati, ciascuno dei quali risulta calato in un ruolo nevralgico e, defilandosi, avrebbe potuto mettere in crisi il sistema, considerazione che vale, a maggior ragione, per i soggetti al vertice dell’amministrazione politica ed amministrativa”.

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