Catania, sesso e schiavitù: arrestate 9 persone. Le donne definite ‘spazzatura’

Catania, sesso e schiavitù: arrestate 9 persone. Le donne definite ‘spazzatura’

La Polizia di Stato ha arrestato nove persone con l’accusa di riduzione in schiavitù, associazione per delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione, aggravati, tra l’altro, dalla transnazionalità.

Si tratta di MILANOV Emil Ivanov, detto Emil, (classe ’79), tratto in arresto a Catania – ordinanza di custodia cautelare in carcere; MILANOVA Milena, detta Miriam, (classe ’90), tratta in arresto a Catania – ordinanza di custodia cautelare in carcere; KOZAROVA Maria, detta Zina, (classe ’94), tratta in arresto a Catania – ordinanza di custodia cautelare in carcere; CORRADO Massimo (classe ‘78), agli arresti domiciliari, tratto in arresto a Catania – ordinanza di custodia cautelare in carcere; BARBERA Francesco (classe ‘71), tratto in arresto a Catania – ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari; CARUSO Giuseppe (classe ’76), tratto in arresto a Catania – ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari; COCO Alessandro Santo (classe ‘90), tratto in arresto a Catania – ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari; ANGELOVA Elena (classe ’78), tratta in arresto a Catania – ordinanza cautelare agli arresti domiciliari; M.A. (classe ’48), sottoposto all’obbligo di dimora nel comune di Catania.

L’arresto è scattato a seguito dell’operazione l“Bokluk” – spazzatura, in lingua bulgara – perché gli indagati erano soliti apostrofare con tale espressione le donne sottoposte al loro dominio. Indagine partita nel giugno del 2020 a seguito di una denuncia fattaa da due cittadine bulgare nei confronti di un’altra cittadina straniera per questioni riguardanti il pagamento del canone di locazione delle postazioni su strada, c.d. joint ubicate nei pressi di un bar nella zona della locale stazione ferroviaria, dove le denuncianti erano solite prostituirsi.

Le risultanze dei presidi tecnici, corroborate da elementi acquisiti nel corso di servizi di osservazione, hanno permesso agli investigatori della Sezione Criminalità Straniera e Prostituzione. coordinati dal pool di magistrati della D.D.A. etnea, esperti in tali tipologie di reati, di acclarare che le vittime di tratta, alcune delle quali reclutate in madrepatria al costo di circa 12.000 lev (moneta bulgara corrispondente a circa 6.129,82 euro), una volta in Italia, venivano collocate in abitazioni fatiscenti (nel quartiere San Cocimo), con pessime condizioni igieniche, private di ogni libertà (finanche dei documenti di identità) e sfamate con lo stretto necessario per farle sopravvivere (alle ragazze veniva dato non solo poco cibo, ma anche pietanze poco costose come ad esempio le patate), garantendo, in tal modo, al gruppo criminale un introito costante di circa 1.400 euro a settimana.

Il modus operandi degli aguzzini ha disvelato, altresì, che le vittime, definite dagli indagati letteralmente come “spazzatura” – bokluk in lingua bulgara, sono state costrette a prostituirsi parecchie ore ogni giorno (dalle 19:00 fino alle 04:30 circa), anche durante le restrizioni imposte dalla pandemia, con ogni condizione atmosferica, sottoposte a percosse e soprusi di ogni tipo ed al costante controllo di connazionali e/o di soggetti locali, assoldati dai promotori a tale scopo.

In tale ambito il gruppo criminale non ha risparmiato le continue vessazioni anche in pregiudizio di una ragazza particolarmente vulnerabile, in quanto affetta da un grave handicap, costretta a prostituirsi sotto il costante controllo dei componenti del sodalizio.

Quest’ultima é stata individuata presso l’abitazione del promotore del sodalizio, Emil Milanov; donna che è stata successivamente collocata in una struttura protetta per vittime di tratta. Dalle dichiarazioni rese dalla giovane é emerso un quadro drammatico in quanto la ragazza veniva maltrattata dall’intero sodalizio, che, approfittando dell’estrema vulnerabilità, dovuta alla sua condizione di donna, straniera e affetta da un grave e limitante handicap, la costringeva non solo a prostituirsi, ma anche a svolgere mansioni domestiche, cucinare, svegliandola in alcuni casi in piena notte e vessandola con violenze fisiche e verbali indescrivibili.

Nel contesto dell’esecuzione si è proceduto al sequestro di materiale comprovante lo sfruttamento della prostituzione ad opera degli indagati, telefoni cellulari e danaro in contante.

Nel corso delle indagini è stato, altresì, possibile dimostrare che l’organizzazione criminale in argomento, capeggiata dalla coppia Emil Milena Milanova , ha previsto una precisa assegnazioni di ruoli e compiti, attraverso il contributo e la collaborazione operativa di italiani e bulgari, con mansioni di controllo e di accompagnamento delle vittime sul luogo del meretricio.

Un altro soggetto, di origine bulgara, indagato per i medesimi reati e destinatario della misura cautelare in carcere, risulta al momento irreperibile ed é attivamente ricercato.

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