Metaverso, il mio mondo reale punta all’eternità

Metaverso, il mio mondo reale punta all’eternità

Il profumo del caffè, gli sguardi che rimbalzano, le mani che sfiorano i fianchi.

Un attimo, dentro quella pausa rubata alle lezioni di arte, letteratura e filosofia. In un angolo appartato della scuola, i docenti si parlano freneticamente, mentre la macchinetta regala a tutti il caffè. Giusto il tempo per farsi una foto insieme, per realizzare un improbabile album delle figurine della scuola, di scherzare con l’App che ti rende più “principessa”. Per un attimo, “Voilà” rende tutti più belli, quasi ci convince che siamo come i personaggi di un film. Ma è solo un’illusione, un’immagine finta ma realistica, quasi ci crediamo. Finisce la pausa con gli ultimi sguardi rubati, prima di correre in aula a spiegare il significato delle cose.

Ma come non fare una riflessione? Come non pensare al tema del momento? Il metaverso.

Metaverso, il mio mondo reale punta all’eternitàNoi siamo l’immagine prodotta dell’app o quella della foto scattata durante la pausa? Cosa sono le immagini conservate nel nostro album delle fotografie? Quelle figure che ci ricordano come eravamo, o meglio come pensavano di essere. Chi siamo veramente e cosa diventeremo? La foto che adesso guardiamo è cosi bella che vorremmo essere esattamente come è rappresentata. Abbiamo rievocato la logica dell’idealizzazione della figura umana, quella che ha prodotto le più importanti opere scultoree dell’arte greca classica e non solo. Quella dell’immagine e del suo significato è un tema secolare.

L’arte, con la pittura, la scultura, la fotografia e il cinema hanno fissato il tempo e consegnato al futuro la nostra esistenza. Canova, Fidia, Bernini, solo per fare alcuni esempi in scultura, hanno reso eterni le figure rappresentate. Hanno regalato l’eternità, sconfiggendo la morte, eliminando il concetto di deperimento, rubando alla natura il processo degenerativo: la vecchiaia, l’imbruttimento, la caducità delle cose terrene, quindi l’elevazione al divino.

Cosa centra il “metaverso” in questo ragionamento? Vediamo se riusciamo a spiegarlo in maniera semplice.

Il metaverso è uno “spazio abitato”, costituito sotto forma di “realtà virtuale” e “realtà aumentata”, che in pratica non esiste nella realtà fenomenologica ma in quella digitale. Quindi è solo una rappresentazione del mondo reale. Noi siamo già abituati a frequentarlo, tutte le volte che giochiamo ai video games per esempio. Più passa il tempo e più gli ambienti digitali diventano quasi realtà grazie alla sofisticazione dei suoi programmatori, perché questi ambienti sono creati in quanto non esistono in natura. Ma cosa sta succedendo adesso? Si stanno concentrando su questo “metaverso” ingenti investimenti planetari, al fine di creare un nuovo “spazio-abitato” parallelo a quello reale, per generare nuove opportunità commerciali ancora inesplorate e creare un dialogo tra le due dimensioni – digitale e reale – per moltiplicare le potenzialità. Per certi versi stiamo “creando” un nuovo mondo a pagamento.

La quantità di energia che si deve impegnare per creare il metaverso è esponenziale.

Metaverso, il mio mondo reale punta all’eternitàQuesto rappresenta una delle criticità da risolvere, ma non è l’unica. Per far coincidere la realtà virtuale con quella aumentata, le informazioni da implementare nel sistema sono enormi.
Essendo lo spazio digitale in questione di tipo immersivo (fisico e trascendente, statico e dinamico) ogni possibile inquadratura o contenuto, deve essere di fatto, caricata come dati nel sistema e in questo senso, gli studi sull’intelligenza “artificiale”, sono determinanti per l’evoluzione, l’aggiornamento e l’auto-generazione degli scenari.
Per semplificare, siamo nelle condizioni di riprodurre il nostro corpo, un albero, un fiume, un palazzo, un serpente, insomma tutto, come fossero un “avatar” che contiene tutte le informazioni possibili (biologiche, anatomiche, emozionali, ideologiche, ecc.) oltre a un sistema di intelligenza artificiale che rende il nostro avatar identico a noi, anzi con ampi margini di miglioramento, fino a diventare un essere “idealizzato” come la foto ricavata dall’app, mentre gustavamo il nostro caffè; come le sperimentazioni di Fidia, Policleto ecc.

Immaginate un mondo inventato, parallelo al nostro reale, dove ogni parte è idealizzata o comunque modellabile a nostro piacimento.

Metaverso, il mio mondo reale punta all’eternitàUn mondo che possiamo attraversare, con cui possiamo dialogare, dentro il quale siamo immersi fino a confonderlo con la realtà. Ma chi sarà il “creatore” di questo nuovo mondo? Come condizionerà il mondo reale? Quali possibili applicazioni? Ricordiamo il film Avatar di qualche anno fa? Dove il protagonista, privo dell’uso delle gambe nel mondo reale, si ritrova senza questo impedimento nel mondo virtuale e finisce per scegliere di rimanere in quest’ultimo per sempre. Quindi quali applicazioni? Medicali, commerciali, politiche, didattiche, ecc. l’elenco non finirebbe mai.

Le domande che rimbalzano ossessivamente sono: chi lo crea, chi lo controlla, a cosa serve, quanto costa, cosa implica?
E vogliamo estremizzare, ma non tanto: il mio avatar, può auto-generarsi e vincere la più antica delle battaglie, quella contro la morte. Potrebbe persino nascere una nuova religione con nuovi sacerdoti che prometteranno una diversa “vita eterna”. Il mio corpo fisico deperirà e morirà ma il mio avatar no, continuerà a vivere in eterno nel metaverso, continuerà a confrontarsi con i miei figli e mie nipoti e forse potrà viaggiare nel tempo.

In funzione delle mie possibilità (economiche, politiche, intellettive, sociali) potrò essere idealizzato secondo i canoni della bellezza del mio “creatore” e vivere per sempre. Posso anche creare città nel deserto, o copie di altre città nelle terre del ghiaccio. Posso realizzare un centro commerciale e fare la spesa (con un visore) senza muovermi di un metro e senza consumare un mattone, quindi senza consumare le risorse della terra. Posso andare ovunque, incontrare chi voglio e apprendere tutte le lingue parlate e anche quelle non parlate. Il mio avatar e per induzione queste esperienze possono condizionare il mio “reale”. Quindi il mio creatore virtuale può condizionare attraverso il mio avatar quell’essere finito che è rappresentato dal mio corpo che nel frattempo si decompone.
Inquietante? Drammatico? Non saprei, ma ovviamente serve costruire – in considerazione di quello che sarà – una piattaforma etico-morale per sostenere questo possibile cambiamento.

Intanto mi godo l’immagine che l’app mi ha regalato davanti alla macchinetta del caffè, insieme alle mie colleghe di scuola, con cui invecchieremo nei prossimi anni. Il metaverso forse non lo vedremo ma il profumo del caffè e le mani che sfiorano i fianchi mentre guardiamo il tramonto, quello sì. Ma se, come dicono gli psicologi, il mondo che percepiamo non è altro che una nostra personale simulazione della realtà, siamo sicuri che eravamo a prendere un caffe, o c’era dell’altro (nel caffè)? E se avesse ragione Pirandello?

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Riguardo l'autore Francesco Finocchiaro

Architetto vitruviano. Credente convinto e appassionato delle religioni. Vive il suo lavoro come una grande passione . Esplora gli innumerevoli paesaggi dell’arte: dalla poesia al giornalismo, dall’architettura alla grafica, dalla comunicazione alle strategie urbane. Docente di storia dell’arte e filosofo dell’abitare. Convinto sostenitore del futurismo e che l’innovazione ha le sue radici nella memoria. Vorace lettore di Papa Francesco, di Pablo Neruda, Lucía Etxebarria e Omero. Vive l’architettura come un Pitagorico, in forma mistica e monastica come il suo architetto preferito, Peter Zumthor.

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