CATANIA. “Mafiosi col grembiulino”. L’espressione – inquietante quanto esplicita – riassume uno dei fenomeni più oscuri e sottovalutati nella storia della criminalità organizzata italiana: l’intreccio tra Cosa Nostra e ambienti di massoneria deviata. Non si tratta di suggestioni investigative, ma di un quadro documentato da intercettazioni, dichiarazioni di pentiti e atti giudiziari che, negli ultimi decenni, ha delineato un sistema di relazioni parallele tra mafia, politica, istituzioni e poteri occulti.
Un legame antico e silenzioso
Già dagli anni ’70 e ’80, numerosi boss mafiosi siciliani avrebbero trovato nelle logge massoniche “coperte” un canale privilegiato per ottenere protezione, accesso a informazioni riservate, facilitazioni giudiziarie e relazioni utili con l’imprenditoria e la politica. Secondo i collaboratori di giustizia Angelo Siino, Gioacchino Pennino e Leonardo Messina, la presenza di mafiosi in logge non ufficiali era tutt’altro che episodica. Anche figure del calibro di Bernardo Provenzano e Nitto Santapaola sarebbero stati in rapporti, diretti o mediati, con ambienti massonici deviati.
Uno strumento di potere, non un’adesione ideologica
Per Cosa Nostra, l’interesse verso la massoneria non era ideologico ma funzionale. Le logge rappresentavano luoghi di scambio e influenza, capaci di garantire silenzi, opportunità e coperture. Dall’altra parte, gli ambienti massonici deviati sfruttavano i boss mafiosi per controllare il territorio, pilotare appalti pubblici o esercitare pressioni nei confronti di soggetti istituzionali.
Le logge coperte: fuori da ogni controllo
Non si trattava di logge ufficiali iscritte al Grande Oriente d’Italia o ad altre obbedienze regolari. Parliamo di strutture parallele, senza registrazione né regolamentazione, spesso operative in studi professionali o circoli riservati, dove il confine tra legalità e crimine organizzato si faceva sottile.
Dalle indagini su “Mafia e Appalti” al più recente “Sistema Montante”, fino alle inchieste collegate alla strage di via D’Amelio, ricorrono nomi, dinamiche e connessioni che puntano su questa trama invisibile, dove le logge coperte diventano camere di regia per interessi mafiosi, economici e politici.
Un sistema che non spara, ma influenza
I cosiddetti “mafiosi col grembiulino” rappresentano la versione elitaria e muta della criminalità organizzata. Non sparano, non estorcono platealmente, ma si insinuano nel potere e lo condizionano. Parlano il linguaggio dei codici e delle complicità silenziose, dove l’affiliazione è fatta di simboli e connivenze più che di patti di sangue.
È il volto più sofisticato – e per certi versi più pericoloso – della mafia contemporanea: quella che si insinua nei salotti buoni e nei gangli dello Stato, protetta da grembiuli, riti e protezioni trasversali.
