«Giletti – scrive in una lettera diramata attraverso l’avvocato Fabrizio Biondo – ha ritenuto doveroso dare conto di una intercettazione, avvenuta dentro casa mia, nella quale, parlando con mia moglie e sua figlia, ho pronunciato parole di cui mi dispiaccio profondamente nei confronti dei figli e della vedova del compianto Paolo Borsellino».

Natoli, ex pm a Palermo, è indagato a Caltanissetta in relazione al mancato approfondimento di indagini trasmesse dalla Procura di Massa Carrara nel 1991, nel filone Mafia e appalti: in questo contesto era stato intercettato, sia nelle conversazioni telefoniche con l’ex collega (oggi senatore del M5S) Roberto Scarpinato, sia nella propria abitazione.

«Non prendo qui posizione sulla barbara divulgazione di frasi pronunciate nel contesto più privato che esista – prosegue Natoli – siccome, però, quelle parole sono ormai pubbliche e hanno provocato comprensibile, immenso dolore in chi di dolore ne ha già provato troppo, voglio chiedere pubblicamente scusa ai familiari di Paolo Borsellino, che non meritavano certo quest’ulteriore supplizio».

Poi la contestualizzazione proprio con l’indagine nissena su di lui: «Vorrei solo evidenziare che quelle parole sono state pronunciate a distanza di qualche giorno da quando ho saputo di essere indagato per l’infamante ipotesi di favoreggiamento aggravato alla mafia: notizia letteralmente sconvolgente che mi ha prodotto tale e tanta disperazione e rabbia da farmi perdere, nell’immediatezza e nei tumultuosi mesi successivi, lucidità e senno. Disperazione perché, a quasi ottant’anni, tutto avrei pensato, dopo una vita trascorsa a combattere la mafia, fuorché di poter essere indagato per averla addirittura favorita».

Natoli parla anche di «rabbia, perché l’inchiesta è stata preceduta da un violentissimo attacco nei miei confronti da parte dell’avvocato Fabio Trizzino, che nessuno dei figli del dottor Borsellino (che ho visto crescere e ai quali, in particolare a Manfredi, sono sempre stato vicino) ha invitato, quanto meno, a maggiori cautele verbali. In questo alterato stato emotivo, sconvolto da disperazione e rabbia, mi sono scappate – tra le mura di casa mia – parole che, in un momento di lucidità, non avrei mai detto, semplicemente perché non le penso né le ho mai pensate».

«E mi scuso soprattutto per aver tirato in ballo, d’impeto, anche la Signora Agnese, che con garbo, decoro e sobrietà ha sempre custodito la memoria del marito, tramandandone i valori».