Morte di Aurora a Vienna, la procura di Palermo indaga il fidanzato: riaperto il caso in Austria

Morte di Aurora a Vienna, la procura di Palermo indaga il fidanzato: riaperto il caso in Austria

La procura di Vienna ha riaperto le indagini sulla morte di Aurora Maniscalco, la hostess palermitana di 24 anni deceduta nella notte tra il 21 e il 22 giugno scorsi dopo essere precipitata dal terzo piano di un appartamento lungo Universumstrasse, nella capitale austriaca. La giovane viveva a Vienna insieme al suo fidanzato, Elio Bargione.

Le autorità austriache avevano inizialmente archiviato il caso come suicidio, ma il legale della famiglia, avvocato Alberto Raffadale, insieme all’assistente del Foro di Vienna Andrea Longo, è riuscito a far riaprire il fascicolo, evidenziando incongruenze tra il racconto del fidanzato e quello di alcuni testimoni. Adesso indagano sia la procura di Vienna che quella di Palermo, dove Bargione risulta iscritto nel registro degli indagati per istigazione al suicidio.

«Al momento non sappiamo cosa stiano facendo le autorità austriache, sicuramente stanno sentendo i testimoni, forse anche Bargione – spiega l’avvocato Raffadale – La cosa importante è ricostruire la dinamica della caduta, viste le differenze tra la versione del ragazzo e quelle di altri testimoni».

Aurora era morta in ospedale pochi giorni dopo la caduta. La riapertura dell’inchiesta ridà speranza ai familiari. «Si apre finalmente una luce – racconta la zia Ninfa – Da quattro mesi brancoliamo nel buio. Ora ci aspettiamo giustizia e che ci dicano cosa è davvero successo quella sera. Mio fratello e mia cognata non vivono più. Vogliamo la verità, il non sapere ci logora».

La famiglia ricorda con dolore le ore successive alla tragedia. «Abbiamo parlato con Elio il giorno dopo – prosegue la zia – e non ci ha convinto. Disse che lei aveva tentato di gettarsi dal balcone e che lui l’aveva fermata tre volte. Ma ci ha chiamato solo dopo dieci ore: Aurora è precipitata alle 22.44, lui ci ha contattato alle 8.45 del mattino».

La madre della vittima, Giada Cucina, ha raccontato di aver sempre sospettato che il ragazzo fosse violento: «Un giorno ho visto un livido su un braccio di Aurora, poi il segno di un morso su una gamba. Lei diceva che stavano giocando, ma non ci ho mai creduto. Era un sadico. Mi arrabbiai moltissimo. Lei cercava sempre di proteggerlo».

Nel frattempo Elio Bargione è tornato a Palermo. I familiari hanno chiesto al proprietario dell’appartamento di non riaffittare l’immobile per preservare eventuali prove. Il corpo della giovane è stato sepolto al cimitero dei Rotoli, ma la famiglia spera di poterlo cremare, come da volontà della ragazza.

Aurora lavorava per Lauda Air e, dopo una promozione, aveva deciso di licenziarsi. A maggio si era sottoposta a un’interruzione di gravidanza all’ospedale Villa Sofia di Palermo. Dall’esame autoptico, condotto al Policlinico, erano emerse anomalie nelle fratture: non alle costole, come accade nelle cadute, ma agli arti inferiori, con escoriazioni ai polsi. Sul parapetto del balcone furono trovati segni simili a graffi, come se qualcuno avesse tentato di aggrapparsi per non cadere. Sul muro del palazzo, poco dopo la tragedia, qualcuno scrisse con spray bianco: “Stopp Femizide” – stop al femminicidio – accanto a una croce stilizzata.

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