Biancavilla, “Nella mente dei briganti”: un viaggio nella psicologia del banditismo siciliano. Il saggio presentato all’Accademia Universitaria

Biancavilla, "Nella mente dei briganti": un viaggio nella psicologia del banditismo siciliano. Il saggio presentato all’Accademia Universitaria

BIANCAVILLA – Chi furono i briganti? Uomini comuni, eroi, combattenti romantici oppure spietati fuorilegge? A queste domande tenta di rispondere Filadelfio Grasso nel volume “Nella mente dei briganti”, edito da Nero su Bianco Edizioni, presentato presso l’Accademia Universitaria Biancavillese davanti a una platea numerosa e partecipe.

Il libro analizza il brigantaggio siciliano con la lente della psicologia sociale, esplorando il contesto storico dall’Unità d’Italia ai primi del Novecento, le dinamiche economiche e sociali che spinsero uomini comuni a ribellarsi alle ingiustizie e il modo in cui furono percepiti dalle loro comunità. Una ricerca affascinante che restituisce umanità e complessità a figure spesso ridotte a semplici banditi.

All’intervento della presidente dell’Accademia Rosa Lanza si sono aggiunti quelli dell’editore Vittorio Fiorenza e dello psicoterapeuta Alessio Leotta, che con l’autore hanno delineato uno studio basato su un approccio scientifico inedito. «È come se Grasso avesse fatto sdraiare sul lettino dello psicoterapeuta quei personaggi – ha detto Fiorenza – per comprenderne le emozioni e i conflitti interiori che hanno dato origine al fenomeno del brigantaggio».

«I briganti non si sentivano “cattivi”, ma parte di un gruppo che resisteva a un potere esterno – ha aggiunto Leotta –. L’autore è entrato nella loro mente, analizzandone le identità e i rapporti con la società. È un libro che sollecita il pensiero e la coscienza del lettore».

Attraverso testimonianze e documenti d’epoca, Grasso si concentra su figure legate a Bronte, Adrano, Biancavilla, Santa Maria di Licodia, Paternò, Belpasso e Centuripe: uomini travolti dalla rabbia e dalla disperazione di un’Italia postunitaria segnata da ingiustizie e promesse mancate. «Il brigantaggio postunitario – ha spiegato l’autore – fu una forma di difesa contro le prevaricazioni. Frustrazione, delusione e rabbia furono le radici di un comportamento violento e ribelle».

Un’opera che va oltre la cronaca storica, indagando il pensiero e le emozioni dei protagonisti di una delle pagine più controverse della storia italiana. L’incontro si è concluso con un vivace dibattito tra i soci dell’Accademia su temi come la Sicilia pre e postunitaria, il ruolo di Garibaldi e dei Mille, la mancata riforma agraria e il clima di disillusione che portò molti uomini a “darsi alla macchia”.

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