Il libro di Gotor sul delitto Mattarella: “Pista nera e connubi con la mafia”

Il libro di Gotor sul delitto Mattarella: "Pista nera e connubi con la mafia"

«L’omicidio di Piersanti Mattarella matura dentro `gli ibridi connubi´ denunciati dal giudice Falcone. Non a caso la testimonianza del magistrato è rimasta secretata per trent’anni, al riparo dall’opinione pubblica».

Lo afferma, in un’intervista a La Repubblica, Miguel Gotor, storico ed ex parlamentare Pd, alla vigilia dell’uscita del suo ultimo libro `L’omicidio di Piersanti Mattarella. L’Italia nel mirino: Palermo, Ustica, Bologna 1979-1980´ per Einaudi.
A distanza di 45 anni, sull’omicidio di Piersanti Mattarella esiste una verità giudiziaria ancora molto parziale: conosciamo i mandanti, la mafia corleonese; non conosciamo ancora gli esecutori. «Di solito – aggiunge – accade il contrario: si conoscono le vili mani di chi colpisce e si fa fatica a individuare gli ispiratori. Ãê stato questo paradosso a indurmi a studiare il contesto storico in cui matura il suo assassinio».

«Dopo la morte di Moro – prosegue Gotor -, era stato Gelli a pronunciare la famosa frase: il più è fatto. E non sono poche le testimonianze che lo vedono coinvolto nell’uccisione di Mattarella. Ãê documentato che riuscì a mettere alcuni suoi uomini ai vertici della squadra mobile palermitana. In questa cornice credo vada collocata la scomparsa del guanto del killer, di cui è stato accusato di recente il prefetto Filippo Piritore, ora agli arresti domiciliari come presunto depistatore: al tempo era un poliziotto di 28 anni che eseguiva degli ordini».

Gli attuali inquirenti hanno iscritto nel registro degli indagati Nino Madonia, l’assassino di Pio La Torre e del generale Dalla Chiesa. «Neppure questa ipotesi – va avanti Gotor – contrasta con la pista nera. Nino Madonia è una sorta di Fioravanti siciliano, partecipe giovanissimo con il padre al Golpe Borghese, il tentativo di colpo di Stato che nel 1970 segna l’inizio della collaborazione della mafia con il neofascismo italiano: comune a entrambi è la volontà di destabilizzare l’Italia».

«Ãê impressionante – aggiunge lo storico – la convergenza di numerose testimonianze su una drammatica coincidenza: le stesse persone che il 27 luglio dell’80 si incontrarono in Sicilia alla vigilia della strage di Bologna si sarebbero viste nel tardo autunno del 1979 per discutere dell’uccisione di Mattarella».
L’Italia di quel biennio come un Far West, dentro la cornice più ampia di una rinnovata guerra fredda. «Un Paese dove – dopo la morte di Moro – si pratica il delitto politico per ridefinire gli equilibri di potere», conclude.

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