Totò Cuffaro di nuovo ai domiciliari: nuova inchiesta su appalti, nomine e concorsi truccati
Da ieri l’ex presidente della Regione siciliana Totò Cuffaro è di nuovo agli arresti. Quindici anni fa, il 22 gennaio 2011, l’ex governatore entrava nel carcere di Rebibbia per scontare sette anni dopo la condanna per favoreggiamento alla mafia. Vi rimase quasi cinque anni, prima del periodo trascorso in Burundi per attività benefiche e del successivo rientro politico con la Democrazia Cristiana.
Questa volta il gip di Palermo, Carmen Salustro, ha disposto nei suoi confronti gli arresti domiciliari. Le accuse contestate dalla Procura sono pesanti: associazione a delinquere, turbativa d’asta e corruzione. Niente braccialetto elettronico – il giudice non ha ritenuto necessario il monitoraggio continuo – ma è stato imposto il divieto totale di comunicazione, per evitare contatti con coindagati, pubblici amministratori o imprenditori.
La misura era stata richiesta agli inizi di novembre. Nel frattempo, Cuffaro si era dimesso da segretario nazionale della Dc e il presidente della Regione siciliana, Renato Schifani, aveva escluso dalla giunta i due assessori democristiani. Al centro dell’indagine c’è un presunto comitato d’affari che, secondo gli inquirenti, avrebbe gestito appalti, nomine nella sanità e concorsi pubblici in maniera pilotata.
Sotto la lente dei magistrati sono finite, tra le altre, due procedure: la cosiddetta “gara ausiliariato” dell’Asp di Siracusa e il concorso a tempo indeterminato per 15 posti da operatore socio-sanitario presso l’azienda ospedaliera Villa Sofia-Cervello di Palermo.
Gli altri indagati e le misure disposte
Il gip non ha accolto la richiesta di arresto per Saverio Romano, deputato e coordinatore di Noi Moderati. Sono invece ai domiciliari:
- Roberto Colletti, ex manager dell’azienda ospedaliera Villa Sofia;
- Antonio Iacono, responsabile del trauma center dello stesso nosocomio.
Per Vito Raso, ex braccio destro di Cuffaro, è stato disposto l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, mentre per Mauro Marchese e Marco Dammone sono scattati obbligo di presentazione e interdizione per un anno da incarichi imprenditoriali e direttivi.
No anche alla richiesta di arresto per Carmelo Pace, capogruppo Dc all’Ars.
Le reazioni politiche
Soddisfatto Saverio Romano, che ribadisce la propria fiducia nella magistratura e la convinzione della sua totale estraneità ai fatti contestati.
Di tono completamente opposto il commento del leader di Azione, Carlo Calenda: «Non c’era bisogno di una nuova inchiesta per conoscere la tempra morale e la serietà di Cuffaro. La domanda è come abbia potuto tornare in politica dopo una condanna per favoreggiamento di mafiosi. I siciliani, per accedere a diritti essenziali, sono costretti a cedere il voto a questi figuri. È una situazione inaccettabile che si risolve solo con un prolungato commissariamento della Regione».
Durissima anche la posizione di Angelo Bonelli (Avs – Europa Verde): «Il centrodestra siciliano, con Fratelli d’Italia in prima linea, è al centro di una crisi morale e istituzionale senza precedenti. Chiediamo le dimissioni immediate di Renato Schifani: un presidente non può far finta di nulla mentre tra arresti, indagini e scandali la macchina regionale affonda».
