Rosso sangue: la ferita insensata sulla Scala dei Turchi di Agrigento

Rosso sangue: la ferita insensata sulla Scala dei Turchi di Agrigento

Una pietra bianca come la neve, solcata da rivoli di sangue.

Rosso sangue: la ferita insensata sulla Scala dei Turchi di AgrigentoUna pietra bianca, ferita, lacerata, come carne abbandonata sotto il sole dai pirati. Una balena bianca in riva al mare azzurro, tra terra e cielo. Un naufrago solitario, accompagnato da Poseidone colpito da un arpione di follia. La Scala dei Turchi, quel prezioso gioiello incastonato in quella parte della Sicilia, vicino alla splendida Agrigento, con la sua Valle senza tempo, a due passi da Realmonte è stata violentata. La terra di Andrea Camilleri, la terra di Sciascia, di nobili uomini e donne di Sicilia, si è tinta di rosso come il sangue. Non hanno ucciso un essere umano ma un popolo intero. Una macchia senza senso e senza scopo. Un vile attacco alla bellezza della natura, un capriccio, uno sfregio, una brutta storia.

Questa terra è indignata, disgustata, basita, per tale vile gesto.

Da ogni parte, da ogni voce, l’urlo di tutti noi è: vergogna. Le istituzioni, le associazioni, i cittadini, i media, la chiesa, la gente per strada, urla: vergogna. Una sensazione di profonda frustrazione, di impotenza, di sdegno verso chi si è macchiato di questo delitto.
Polvere di intonaco rosso sulla marna bianca. Un disegno macabro che ricorda l’emorragia di un corpo senza vita. Invadente, ovunque, fino a diventare macchia senza forma, fino a diventare linea sottile, sempre più sottile, come una lama affilata. Un unicum naturalistico, una struttura geologica formatasi nei secoli, fragile perché l’uomo è pedante, invadente e possessivo. Aveva bisogno di cure, di attenzioni, di delicatezze. Sicuramente non di violenze e di assurdità.

Nello Musumeci – Presidente della regione Sicilia – non può che sottolineare che:

Rosso sangue: la ferita insensata sulla Scala dei Turchi di AgrigentoLa splendida scogliera di marna bianca della Scala dei Turchi, nell’Agrigentino, attrazione per visitatori di tutto il mondo, è stata vergognosamente deturpata. Condanniamo gli autori di tale gesto vigliacco, che costituisce oltraggio non solo ad un bene paesaggistico di rara bellezza, ma anche all’immagine della nostra Isola. Mi auguro che la magistratura possa giungere velocemente all’identificazione dei responsabili.

L’Assessore regionale – Alberto Samonà – dichiara: “Auspico che chi stamattina ha imbrattato la Scala dei Turchi, uno dei luoghi naturalistici e paesaggistici più belli della Sicilia, sia presto assicurato alla giustizia e paghi per questo odioso atto di vandalismo: una ferita al paesaggio, alla bellezza e alla Sicilia. Criminali!”

Il Presidente dell’Archeoclub d’Italia – Rosario Santanastasio – usa le parole di un siciliano Peppino Impastato:

“Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà.”
«Quando accadono queste cose, come Presidente Nazionale di Archeoclub D’Italia, mi interrogo su quanta strada ci sia ancora da fare e quanto sia tortuoso e pieno d’insidie il nostro percorso, ma sono altrettanto certo che grazie alla nostra tenacia, alla nostra perseveranza e alla nostra voglia di condividere e tutelare il Bello del nostro Paese non ci fermeremo e con fiducia, continueremo a lavorare e a cooperare con le istituzioni perché atti simili possano finalmente essere solo un brutto ricordo».

Sono unanime le riflessioni a caldo e anche Giancarlo Cancellieri – sottosegretario alle Infrastrutture del Governo Draghi, originario di quella terra – si sfoga con rabbia: “Questo è quello che hanno fatto alla nostra Isola. Questo è quello che hanno fatto a tutti noi. Scala dei Turchi”, uno dei patrimoni naturalistici più belli della nostra Sicilia, colpita da vandali, delinquenti ed ignoranti che hanno sparso vernice e polvere rossa da intonaco. Vedere queste immagini mi riempie di rabbia. Un gesto deprecabile che va punito severamente!”

Angela Roberto – presidente Archeoclub D’Italia di Agrigento che è sul luogo) dichiara:

Rosso sangue: la ferita insensata sulla Scala dei Turchi di Agrigento“Imbrattata la Scala dei Turchi. Atto gravissimo, un vero colpo al cuore. Parliamo di uno dei siti ambientali italiani più conosciuti nel Mondo. Si tratterebbe di ossido di ferro!”.

Ma perché tutto questo? Perché in molte parti di questa terrà c’è l’esigenza di compiere questi delitti contro il patrimonio? Un gioco, un ricatto, una scommessa? Le forze dell’ordine avranno un gran bel da fare per scovare e stanare gli autori di questo atto vandalico ingiustificabile. Torniamo spesso su questioni simili, dipende da cosa? Certamente, ad esplorare alcuni prodotti televisivi, nelle serie Tv più viste, dove l’eroe è spesso un personaggio dai contorni scuri e maleodoranti, viene da chiedersi se non sono proprio questi nuovi eroi a modellare alcuni comportamenti ormai diffusi, più di quanto si possa credere.

A qualcuno sembrerà esagerata questa visione, ma rivediamo i palinsesti e vediamo se non è così (La Casa di Carta per esempio?).

Se è stato un gioco è proprio in questa direzione che andrebbero cercate le cause. Se è stato un delitto premeditato, allora bisogna indagare nella direzione degli interessi sulla fruizione di questo paradiso, per capire cosa è successo. A noi resta l’amaro in bocca e la voglia di andare avanti. La Sicilia è un continente dove ogni cosa è amplificata: la bellezza e il senso dell’oscurità. Demetra, in quella terra delicata è stata violentata, ma noi siamo qui e non la vogliamo lasciare sola proprio adesso. Quella terra è sacra, deve essere solo “curata e custodita” (Papa Francesco). Anche controllata e riparata, anche monitorata.
Ma mi chiedo, polvere di intonaco o ossido di ferro? Sono due cose diverse con effetti differenti. E non è un caso.

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Riguardo l'autore Francesco Finocchiaro

Architetto vitruviano. Credente convinto e appassionato delle religioni. Vive il suo lavoro come una grande passione . Esplora gli innumerevoli paesaggi dell’arte: dalla poesia al giornalismo, dall’architettura alla grafica, dalla comunicazione alle strategie urbane. Docente di storia dell’arte e filosofo dell’abitare. Convinto sostenitore del futurismo e che l’innovazione ha le sue radici nella memoria. Vorace lettore di Papa Francesco, di Pablo Neruda, Lucía Etxebarria e Omero. Vive l’architettura come un Pitagorico, in forma mistica e monastica come il suo architetto preferito, Peter Zumthor.

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