
Ritorniamo sull’argomento, anche se oggi, dopo le vicende tristi di violenza in città, avremmo voluto dire altro. Ma in qualche modo le due cose hanno un filo che li unisce: una città che ha perso la sua vocazione sociale e diventa il teatro di mille contraddizioni.
A dire il vero ci sarebbe poco da ridere, ma dopo aver studiato, quello che viene chiamato “progetto esecutivo” in riferimento alla “rigenerazione “del parco pubblico comunale Moncada, si resta basiti e spaesati. E viene un sospetto, se anche gli altri progetti, tanto sbandierati, sono di questo tenore, siamo messi molto male. Ma oggi cercheremo di individuare alcuni elementi che fanno riflettere.
A voi lettori sembrerà impossibile, qualcuno non ci crederà, ma è tutto vero e verificabile. Il progetto (dicono esecutivo) relativo alla villa comunale è un capolavoro di cose impossibili.
Partiamo dalla prima osservazione, non è chiaro chi si assume la responsabilità del progetto, nel senso che è firmato genericamente dall’Ufficio Tecnico Comunale, (a dire il vero, ad oggi non è nemmeno firmato). Ora dico, ci sarà un architetto, un ingegnere, un geometra o un agronomo che ha elaborato il progetto? Vorremmo conoscerlo per fare direttamente a lui o. lei qualche domanda.
Per esempio, tanto per dire, da quando la villa comunale Moncada si chiama Villa dei Papiri? Per la comunità è una vera novità. Ma non abbiamo finito. Dalle dichiarazioni degli ultimi giorni abbiamo appreso che la villa Comunale Moncada, detta semmai Giardino Moncada – area su cui grava un vincolo di valore storico con D.D.S n. 2636 del 6 luglio 2023 – è diventata area di protezione civile? Lo chiediamo perché sulla stessa non esiste ad oggi nessuna segnaletica che lo attesti, non esiste un Piano di Protezione Civile approvato ed entrato in vigore che lo prevede, e non abbiamo dubbi su tutto ciò, perché l’ultima elaborazione risale al 2000 e non fu mai adottata e approvata; infatti,risultiamo ancora l’unico comune della città metropolitana di Catania a non avere tale strumento di pianificazione. Ma affondo il coltello, come potrebbe, un’area che è recintata e alberata, essere un’area di “ammassamento, attesa e ricovero della popolazione”? sembra divertente la risposta è fornita dall’Ordinanza Sindacale 24 del 14.5.2025, che inibisce l’uso dei parchi urbani per rischio “meteo-idrogeologico e idraulico”. E siamo d’accordo, quell’area deve essere inibita in caso di calamità.
Si deduce che c’è un po’ di confusione, la villa comunale Moncada è un giardino storico riconosciuto e non idoneo ad accogliere funzioni di protezioni civile. E sembra divertente, nel leggere il documento di indirizzo alla progettazione (in pratica i desiderata dell’amministrazione, rivolte al progettista) che la vocazione di area di accoglienza deriva dal passato, il paradigma proposto è: se il giardino, nel 1943, è servito per fare un ospedale da campo, perché non utilizzarlo adesso, dopo averlo trasformato in giardino storico, in un altro spazio per l’emergenza? Immagino che qualcuno già sorrida.
Ma non è finita, il bando a cui si partecipa – ancora non scaduto; quindi, ad oggi non c’è nessun progetto finanziato, nessun progetto inserito in bilancio, nel piano triennale delle opere pubbliche (e direi meno male) – avrebbe permesso di recuperare la sede vandalizzata del COM, nella zona Ardizzone, tuttavia, richiede l’inserimento nel progetto di elementi utili per promuovere l’adattamento ai cambiamenti climatici e un approccio ecosistemico. E qui avviene il capolavoro a firma di un progettista “anonimo”. Non solo non ha visto che l’area è vincolata (dichiara il contrario) ma immagina che per combattere i cambiamenti climatici è necessario eliminare la superficie asfaltata (giusto) per mettere al suo posto una superficie asfaltata (sbagliato). Avete capito bene. Leva asfalto e mette asfalto. Punto. Ma non contento, e non sapendo della storicità del parco, ha un’idea geniale, eleminare tutte le panchine storiche in metallo, magari pensando a qualche riuso privato altrove e privando gli anziani di sedersi per socializzare, sfiorati dal sole. Enon le sostituisce, anzi dichiara che sarebbero d’intralcio per i mezzi di soccorso, mentre lascia il dislivello tra l’area d’intervento e le vie di accesso. Sono sicuro che non devo aggiungere altro. Ma nel quadro economico, quello che definisce le tipologie di spesa, non c’è un euro per ricerche, accertamenti e indagini preliminari alla progettazione, e devo dire che si vede, il progetto sembra atterrato come un’astronave da chissà quale altro pianeta. Sul quadro economico ci sarebbe tanto altro da dire come sul progetto ma ci fermiamo qui.
Ma anche gli altri progetti sono nelle stesse condizioni? Ma chi approva questi elaborati chiamati progetto esecutivo? In questo modo nessun intervento sarà realizzato, in ogni parte della città; quindi, nessuno spazio di socialità e di servizio sarà fruibile dalla comunità, quindi aumenteranno i disagi, le frustrazioni, le devianze. Le piazze diventano parcheggi con le strisce blu, senza alberi, fontane e gente che li vive, le strade insicure, il centro storico decadente, i servizi di supporto e sostegno inutilizzati e tanto altro. In questo clima di assoluta desolazione, in questo contesto, in cui un progetto (o tutti) non riesce a dare risposte pratiche e concrete ai bisogni reali della gente, può succedere che un disperato, sfruttato, decontestualizzato e abbandonato, si ubriachi e commetta un reato grave. In questo contesto, alcuni cittadini credono che sia giusto sostituirsi alla giustizia e vanno troppo oltre, persino ferendo i Carabinieri.
Curare la città, amarla, significa anche fare bene un progetto, pensarlo con attenzione e scrupolo. A molti sfugge che la qualità dell’architettura – nel senso più ampio del termine – è il prerequisito per coltivare la bellezza. Che non basta dichiararsi innamorati o giocare al piccolo giardiniere. Progettare è una cosa seria, le sue possibili conseguenze in negativo solo quello che vediamo tutti i giorni in città, per molti è difficile trovare un nesso ma è così. Renzo Piano ha dichiarato che c’è una “responsabilità del progettista” nell’insuccesso che la società realizza. Che dietro molte infelicità urbane c’è proprio un progetto pensato male.
Allora condanniamo tutti quelli che commettono un reato, siamo vicini a tutte le vittime, ma non possiamo fare finta di niente e sentirci innocenti, la responsabilità è nostra e non del nostro vicino. Chiedere aiuto adesso dopo anni di sollecitazioni e alla luce del progetto della villa comunale (e di tanti altri simili) è tardivo e inutile.