Il fiume siamo noi: metafore di questo tempo

"Noi siamo fiume" Un viaggio poetico tra sorgente, memoria e futuro

Una riflessione simbolica sul tempo, sull’uomo e sulla speranza.

Un fiume scorre nascosto nelle profondità della terra. S’insinua tra gli anfratti e riemerge all’improvviso come per incanto. Attraversa il deserto, la brulla terra di mezzo e le paludi terrificanti del nostro tempo. Scorre, inesorabile e consuma ogni cosa, trascina tutto, erode la pietra più dura, che diventa polvere, invisibile agli dei.

"Noi siamo fiume" Un viaggio poetico tra sorgente, memoria e futuroLa sua acqua appare e scompare, riemerge raramente tra canneti e ripide cascate rumorose. Rimbalza, zampilla, rumoreggia e poi sparisce ancora una volta, raggiungendo le profondità nascoste in antiche grotte bianche come la luna. Diventa sorgente, santuario, ecclesia. Crocevia di popoli, di santi e di mercanti. Simbolo di vita e di rinascenza.

La sua strada – quella del fiume – è imprevedibile, incostante, improvvisa. Una traccia sinuosa, morbida, certe volte invisibile, fino a diventare leggenda. Un segno, un disegno, come quello di un bambino su di un foglio bianco, tracciato con mani piccole e rotonde che padroneggiano grandi colori a cera.

Un fiume fragile, aggredito dalle lave infuocate, dalle terre sporche e appiccicose d’argilla. Un fiume destinato al mare, alla costa, ma sempre in pericolo, culla di grandi massi di pietra nera, giaciglio di sterco, di sassi rotolati dalle montagne, scossi dalle tempeste. Un fiume fragile che trova sempre una strada, una via, uno scopo.

Nulla è scontato, nulla è per sempre, nulla è definitivo. Il fiume scorre, sopra la terra o sotto i vulcani, scorre e cerca avidamente di esistere contro ogni possibile pericolo. Esiste per sé e per gli altri, per le formiche e le rane, per gli alberi e per il grano. Persino per gli uomini “narcisi” che si specchiano ridenti sino a perdersi tra le sue onde tempestose.

Questo fiume siamo noi, sono loro, siamo tutti. Limpido o torbido, trasparente o riflettente, scorre come la nostra vita, alternando maschere, sovrapponendo storie, costruendo sogni, immaginando nuove città, attraversando Babilonia e Alessandria d’Egitto. Luogo di ninfe, di animali fantastici, di dei ed eroi. La nostra vita, le ragioni profonde della nostra esistenza, sono dentro quel fiume misterioso che spesso non governiamo ma navighiamo con ardore e follia.

"Noi siamo fiume" Un viaggio poetico tra sorgente, memoria e futuroIl deserto che si perde all’orizzonte, che sembra un tappeto senza fine, un labirinto inestricabile tra le città di Creta, un cimitero abbandonato o un inferno senza uscita, nasconde, sotto, nelle profondità un fiume, pronto a zampillare quando serve. Per nutrire palme di datteri, pozzi nascosti dai canneti, case di argilla con camini fumanti, case dove si cuoce il pane.

Cercare, scavare, indagare. Verso il fiume, verso l’acqua, verso la verità. L’uomo può fare di più, canalizzare le sue acque verso nuove città, realizzare strade per raggiungerlo e proteggerlo, prendere a prestito la sua acqua per irrigare i campi, per pulire le mandrie, per coltivare i fiori, per celebrare nozze.

L’uomo ha il dovere di non inquinarlo, di tutelarlo, di renderlo navigabile e diramabile. Come fosse un albero disteso sulla morbida terra, accettando la sua esistenza evidente e quella più misteriosa e sotterranea, utile per raccogliere minerali e pietre preziose.

Noi siamo fiume, grotta, acqua. Siamo la sua forma, il suo percorso, la sua foce e la sua sorgente. Noi siamo il suono dell’acqua quando scorre, il silenzio quando scompare, il mistero della sua fine. Il fiume è un pennello nelle mani di un artista che dipinge la terra, che scava un solco, che lascia una traccia indelebile e nello stesso tempo provvisoria.

In ogni città, in ogni deserto, dentro l’oscurità, dobbiamo cercare il fiume, seguendo le sue liturgie. Anche rievocando la nostalgia, quella voglia di tornare sorgente, di risalire verso il monte, per riscoprire la vera via. Quel tornare indietro per andare avanti, quel desiderio di ritrovare il fuoco, la mappa, la rotta primordiale.

Siamo il fiume e siamo la barca che lo naviga e quando il suo fluire si secca, sprofondando nelle viscere della terra, non ci resta che proseguire a piedi nudi sull’erba, seguendo la traccia invisibile che le stelle e gli alberi antichi ci regalano ogni giorno. Con la consapevolezza di ritrovare il suo fluire più avanti lungo la valle, come una terra promessa.

Ma nulla può succedere se aspettiamo impauriti, seduti sulle rovine del tempio. Nulla avverrà se sprofondiamo apaticamente nell’oblio. Nulla vivrà se restiamo fermi, inermi, sulla pietra calda, come gechi in attesa di insetti di passaggio, da mangiare voracemente in una notte d’estate.

Riguardo l'autore Francesco Finocchiaro

Architetto vitruviano. Credente convinto e appassionato delle religioni. Vive il suo lavoro come una grande passione . Esplora gli innumerevoli paesaggi dell’arte: dalla poesia al giornalismo, dall’architettura alla grafica, dalla comunicazione alle strategie urbane. Docente di storia dell’arte e filosofo dell’abitare. Convinto sostenitore del futurismo e che l’innovazione ha le sue radici nella memoria. Vorace lettore di Papa Francesco, di Pablo Neruda, Lucía Etxebarria e Omero. Vive l’architettura come un Pitagorico, in forma mistica e monastica come il suo architetto preferito, Peter Zumthor.

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