Adrano, la favola dolceamara del regista e attore Daniele Anzalone tra sogni e paradossi di un immigraTo nato: il 31 luglio a Locarno

Adrano, la favola dolceamara del regista e attore Daniele Anzalone tra sogni e paradossi di un immigraTo nato: il 31 luglio a Locarno

C’è poesia e paradosso, tenerezza e denuncia in “Tonato Immigra… un ImmigraTo nato”, lo spettacolo teatrale scritto e interpretato dall’adranita Daniele Anzalone che racconta l’avventura surreale e struggente di Tonato, immigrato “in quanto tale”, alla ricerca della sua “terra amata”. Lo spettacolo ha vinto il concorso UP2U! 2014 indetto dal quotidiano “La Stampa”.

Anzalone, 43 anni, ha già firmato tre opere teatrali, la prima ‘Ciciulì’ a 26 anni.
Sin da bambino, Tonato sogna di lasciare la sua terra natia. Accanto a lui, inseparabili compagni di viaggio, ci sono i suoi uccellini ammaestrati, capaci di volare sopra mari e confini, portando a lui immagini e visioni del mondo che desidera raggiungere. Gli occhi degli uccelli sono per Tonato uno sguardo prestato sul futuro, e il loro canto un presagio di cambiamento.
Quando finalmente decide di partire, Tonato si separa con dolore dai suoi volatili e giunto nella nuova terra, ne acquista uno nuovo, diverso da tutti gli altri: canta “cie cie” anziché “cip cip”. Lo chiamerà proprio “Cie Cie”, diventando presto il suo nuovo amico e compagno di vita.

Ma un giorno Cie Cie sparisce. Disperato, Tonato si mette a cercarlo ovunque. Fino a quando, tra un equivoco e una segnalazione, si trova davanti una pattuglia di polizia che lo informa: sarà portato nel CIE. Tonato crede che lo condurranno dal suo uccellino scomparso. Ma il CIE non è un rifugio per animali: è un centro per l’identificazione e l’espulsione.

Inizia così una girandola di situazioni assurde e commoventi, dove l’innocenza di Tonato si scontra con la burocrazia e l’ottusità di un sistema che fatica a comprendere l’umanità dietro il “migrante”.
“Quella di Tonato – spiega Daniele Anzalone – è una figura quasi paradossale, grottesca, che tuttavia incarna di fatto, sotto l’apparente ilare ingenuità, lo smarrimento, la sofferenza, la disperazione di chi, costretto a lasciare la propria terra, deve affrontare l’impatto con un ambiente diffidente e ostile, e confrontarsi con la rabbia, l’astio, la paura di coloro che abitano quei paesi ‘evoluti’ che in teoria dovrebbero accoglierlo.”
Con una narrazione intensa e visionaria, Anzalone riesce a far emergere un messaggio profondo: dietro ogni uomo che attraversa confini c’è una storia, un sogno, un Cie Cie da ritrovare.
Una metafora potente dell’integrazione negata, narrata con delicatezza, ironia e forza poetica.

Riguardo l'autore Redazione

Rispondi

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.