
Catania si prepara ad accogliere il ritorno – dopo quasi tre secoli – della lapide funeraria di Iulia Florentina. Una testimonianza archeologica e di fede Cristiana del IV secolo che racconta una storia misteriosa alle falde dell’Etna. Il ritorno sarà celebrato con la mostra al Museo Diocesano di Catania dal titolo: Revelare. AGATA | rivive | IVLIA, dal 17 luglio 2025 al 6 marzo 2026.
Un ritorno che avrebbe fatto felice il compianto Mons. Gaetano Zito, da sempre studioso di questa bambina in odore di “santità”. Un ritorno prestigioso, direttamente dal Louvre di Parigi che ha deciso di concedere il prestito perenne al museo catanese, che la custodirà, da questo momento in poi, come una figlia.
La bambina figlia di una famiglia che abita a Hybla Major (Paternò), nasce il 6 marzo proprio a Hybla, muore l’anno dopo il 25 settembre e il 4 ottobre viene trasportata e seppellita a Catina (Catania), nel cimitero dei Martiri. Sulla lapide è scritta la sua storia: «A Iulia Florentina, bimba dolcissima e innocentissima, diventata fedele, il padre pose. Lei, nata pagana il giorno prima delle none di marzo (= il 6 marzo), prima dell’alba, al tempo della correctura di Zoilo, battezzata a 18 mesi e 22 giorni, all’ora ottava della notte rendendo l’ultimo sospiro, sopravvisse quattro ore sì da ripetere gli atti consueti e morì ad Hybla alla prima ora del settimo giorno prima delle calende di ottobre (= il 25 settembre). Mentre entrambi i genitori piangevano la sua morte in ogni momento, di notte si levò la voce della Maestà (divina) che proibì di piangere la defunta, il cui corpo fu inumato davanti alle porte che sono dei martiri di Cristo nel suo loculo, il decimo, ad opera del presbitero, quattro giorni prima delle none di ottobre (= il 4 ottobre)».
Perché, pur morendo a Hybla, viene seppellita a Catina? Il Cristianesimo non è ancora molto diffuso nella città chelambisce il Simeto, custodisce un vulcano e che porta il nome della dea Venere; forse questa città – Hybla – è ancora troppo pagana per accogliere questa conversione di “famiglia” come ha evidenziato l’Arcivescovo di Catania, Mons. Luigi Renna nella conferenza organizzata dall’Archeoclub d’Italia sezione Ibla Major di qualche anna fa. Una voce fuori campo suggerisce ai genitori di tumularla vicino il cimitero dei martiri – Agata e Euplio – perché la sua morte è santa. La città di Hybla Major, deve aspettare qualche secolo per convertirsi completamente, deve subire un esorcismoche ne cambia il nome, cancellando per sempre la sua originaria identità, determinando una “damnatio memoria”, forse ancora presente. Hybla, in epoca Bizantina, quando la lingua parlata è il greco, forse solo nel VI-VII secolo, diventa la città dedicata alla Parthenos, alla Vergine Maria e quindi a Paternò.
Questo consolida il rapporto tra Catania e Paternò, unite da questa bambina. Una cristianità condivisa, che si è stratificata nei secoli. Sono tanti i segni e le tradizioni che legano queste due città, il loro destino. Prima alleate con Siracusa e oggi parte della stessa città metropolitana. Compresa la tradizione popolare che descrive Agata e Barbara come cugine, ovviamente nell’immaginario popolare o i colori rosso e azzurro delle bandiere municipali. In questo senso, la presenza di una copia della lapide nella chiesa di Santa Maria dell’Alto, collocata grazia al Kiwanis Paternò, la futura collocazione dell’altra copia della lapide, donata dal Kiwanis Catania Est e la lapide originale al Museo Diocesano, completano un programma culturale e di svelamento dell’identità dei territori fortemente voluto dal presidente della sezione Ibla Major dell’Archeoclub d’Italia, arch. Angelo Perri.
Ma questa storia, questo racconto, non si poteva concretizzare senza l’apporto di tanti. Il ritorno della lapide a Catania, fortemente auspicato da Mons. Luigi Renna, Arcivescovo Metropolita di Catania, è stato reso possibile grazie al contributo della prof.ssa Cristina Soraci, docente di Storia romana e di Storia della Sicilia antica all’Università di Catania, della dott.ssa Grazia Spampinato, Direttrice del Museo diocesano, e di Mons. Antonino La Manna, Vicario episcopale per la Cultura dell’Arcidiocesi di Catania.
Il 17 luglio alle 18.00 sarà inaugurata la mostra, sarà l’occasione per rinsaldare i rapporti, per celebrare una bambina santa che meritava più attenzioni in passato. Se escludiamo la presentazione degli anni ’50 di Santo Mazzarino a Paternò, e gli studi di Cristina Soraci e Vittorio Rizzone, rimane poco. La mostra, il ritorno, il racconto restituiscanoall’attualità e alla comunità una verità scomparsa. Le comunità cristiane, di ambo le città, dovrebbero rendere più visibile questa storia nelle liturgie locali. Celebrando il 6 marzo, il 25 settembre e il 4 ottobre.
Con Iulia Florentina rinasce una nuova fase di ricerca e di fede, ma bisogna “credere” in questa rinascita, come fu per la famiglia della bambina santa. Iulia è un messaggio attuale, non solo di conversione cristiana ma anche civica.