“La regola dell’ortica”: il giallo siciliano di Nunzia Scalzo tra memoria, mistero e scrittura evocativa
Fin dalla copertina, *La regola dell’ortica* di Nunzia Scalzo (Feltrinelli) attira per la sua costruzione arabescata, più per l’atmosfera che per la sola estetica. Un telefono grigio schizzato di sangue, un nastro della scientifica in diagonale, una poltrona gialla colpita da un fascio di luce caravaggesca, una carabina, un portariviste anni ’80, un’ombra femminile dietro una porta a vetri: è così che prende avvio un nuovo capitolo delle indagini di Bea Navarra, grafologa forense.
Il romanzo parte da un fatto di cronaca per approdare alla finzione, ma il lavoro di documentazione si avverte tra le righe: preciso, rigoroso, immersivo. Siamo a Catania, nel cuore degli anni Sessanta, in una Sicilia sospesa tra modernità e tradizione, tra rituali familiari e nuove inquietudini sociali.
Un’indagine doppia: nel tempo e nell’animo
La protagonista, Bea Navarra, si muove su un doppio registro: il flusso di coscienza da un lato, l’azione investigativa dall’altro. L’architettura narrativa alterna con maestria analessi e prolessi, creando un intreccio che coinvolge il lettore in un effetto di immersione crescente, tra passato e presente.
Il caso riaperto è quello di Norma Speranza, moglie del giovane cardiologo Andrea Longo, morta apparentemente suicida nel 1965. Il fascicolo riemerge dagli archivi del tribunale di Catania, come uno dei tanti cold case dimenticati. Ma nella narrazione della Scalzo, quel “suicidio” diventa chiave d’accesso a un’intera epoca, uno spunto per ricostruire ambienti, mentalità, costumi, odori e tensioni.
Una Sicilia in chiaroscuro
La Sicilia descritta da Scalzo non è solo folklore e sapori – seppur presenti – ma un laboratorio di contraddizioni, in cui la città di Catania si svela tra le pieghe del tempo. La narrazione è stratificata, femminile nel taglio, complessa nei moventi, viva nei dettagli.
L’autrice riesce a far emergere, sotto il velo del giallo, la trasformazione della società: l’emancipazione femminile, le dinamiche familiari, il peso delle apparenze. Il tutto restituito con una scrittura evocativa, che ammicca talvolta, che si riflette nel volto di personaggi come Evelina Quattrocchi, coprotagonista, le cui rughe diventano nel finale metafora stessa del racconto: una crocchia di capelli pronta a sciogliersi nella corrente della memoria.
Una scrittrice solida e consapevole
Tra stile, struttura e sensibilità letteraria, Nunzia Scalzo si conferma una voce matura e capace di tenere insieme narrazione e analisi sociale. *La regola dell’ortica* è un romanzo giallo ma anche romanzo del tempo: un’opera intensa, stratificata, letterariamente viva.
Un giallo dai toni ocra del sangue rappreso, dove l’estro narrativo poggia su solide basi letterarie e professionali. Un libro che lascia tracce, come l’ortica, e che accende la curiosità fin dalle prime righe.
