Milano, la città che luccicava troppo: l’urbanistica dei “soliti noti” finisce sotto inchiesta

Milano, la città che luccicava troppo: l’urbanistica dei “soliti noti” finisce sotto inchiesta

Emerge, come all’improvviso, il caso Milano.

Milano, la città che luccicava troppo: l’urbanistica dei “soliti noti” finisce sotto inchiestaLo scandalo dell’urbanistica “creativa” nella città più europea dell’Italia. Un caso giudiziario che riguarda la giunta meneghina, con in testa il sindaco, l’assessore alla rigenerazione e all’urbanistica. A completare il quadro delle responsabilità, alcuni architetti di chiara fama e gli imprenditori immobiliari più attivi nella città milanese.
Scopriamo – ironicamente – che la città dell’aperitivo, della moda, del bosco verticale, della rigenerazione urbana e tanto altro ha barato. Dopo anni a studiare le buone pratiche dell’urbanistica milanese, dopo le tante letture sui progetti più iconici della rigenerazione urbana, sulla sostenibilità, sulla città dei 15 minuti, e potremmo continuare ancora; dopo tutto questo dobbiamo prendere atto che non era tutto oro quello che luccicava, o forse dobbiamo dire che luccicava troppo.

La vicenda giudiziaria è solo all’inizio e le ripercussioni sono drammatiche anche nel breve tempo. Cantieri bloccati e sequestrati, arresti e dimissioni, cittadini truffati, un danno d’immagine gigantesco. Le ripercussioni sono economiche, politiche e mediatiche. Già si sentono le urla dall’aula, tra chi ha sempre saputo e rivendica e chi è rimasto stupito e reclama giustizia. L’interesse pubblico è stato stracciato dall’interesse privato. Ma non solo, tutto questo in regime di monopolio a favore di una stretta cerchia di “amici” che padroneggiavano il mercato.

Milano, la città che luccicava troppo: l’urbanistica dei “soliti noti” finisce sotto inchiestaNomi eccellenti, figure apicali, brand di primo livello. Tutti autoreferenziali e componenti di un cerchio magico inattaccabile, insospettabile, protetto dalla stampa, dalle istituzioni, dalla politica, dalle professioni. Tutto questo condito da pubblicazioni, conferenze, seminari, interviste, mostre, che celebravano il successo di una casta di professionisti, imprenditori, dirigenti e politici sempre sulle prime pagine dei giornali. Sinceramente in queste condizioni era facile per tutti diventare archistar o politici virtuosi.
Al netto delle lobby, escludendo la logica dei cerchi magici, lasciando da parte le questioni giudiziarie, dobbiamo riflettere su altro. Per esempio, sulla normativa urbanistica che regola le trasformazioni dei territori, sul rapporto tra pubblico e privato, sul rapporto tra architettura e città. Il vero nodo della discussione – quello giudiziario e politico non riguarda la nostra riflessione – è come la città si trasforma, verso quale modello sociale e culturale, con quali dispositivi normativi e tecnici si evolve.

Da quando l’urbanistica si è separata dall’architettura, diventando sempre di più dialettica e concettuale e spesso più mediatica, si è creato un cortocircuito che ha alterato il senso stesso della disciplina e ricordare Aldo Rossi con il suo saggio Architettura e città è necessario. Ma nello stesso tempo non possiamo perdere di vista che la sostenibilità –termine spesso abusato – è un obiettivo complesso che comprende non solo la risposta ai cambiamenti climatici, non solo l’uso di materie seconde, non solo la reversibilità o il riciclo di materie e suoli ma soprattutto l’accessibilità economica, l’abbassamento dei costi di produzione, la disponibilità di case per una fascia più ampia di popolazione.Dietro la parola rigenerazione urbana, a Milano, hanno nascosto altro. Una spudorata speculazione edilizia che –usando il lessico e gli strumenti normativi della sostenibilità – ha alterato il mercato immobiliare, solo a vantaggio di una certa élite.
La scorciatoia normativa, ad uso di pochi, per legittimare gli incarichi che giravano in maniera circolare, tra controllato e controllore, tra chi doveva autorizzare e chi era autorizzato, umilia un’intera categoria di progettisti e imprenditori, fuori da questa economia “circolare”. Allora è naturale chiedersi se l’attuale normativa urbanistica-edilizia è ancora efficace per governare i processi di trasformazione delle città e delle campagne. In un momento storico così delicato per l’ambiente, forse è necessario rivedere per tutti le regole del gioco per far giocare tutti. Semplificando, introducendo obiettivi precisi e definiti di qualità dell’architettura e dei piani.

Milano, la città che luccicava troppo: l’urbanistica dei “soliti noti” finisce sotto inchiestaLa città è di fatto imbrigliata in una fitta rete di norme che producono interstizi speculativi, dentro i quali si insinuano solo le lobby referenziate. Ovviamente c’è poi la questione etico-morale che orma sembra come il termine rigenerazione e sostenibilità, termini di gran modo per dire tutto e per non dire nulla. Ma la domanda nasce spontanea. Il caso Milano è circoscritto solo a Milano? Cosa succede nelle altre città di questo bel Paese? La sensazione è che ovunque e sotto casa nostra, nulla è diverso da quello che succede in Lombardia. Cambiano le forme, le dimensioni, gli attori, i capitali, ma le anomalie sono identiche. Se la Magistratura guardasse con attenzione sotto casa nostra sarebbe una catastrofe. Forse sarebbe meglio porre rimedio con una normativa che rilanci, sostenga, incentivi la qualità dell’architettura e dei piani, che aiuti gli attori della filiera attraverso regole semplici e certe, aiutando tutti ad accedere a risorse finanziarie e fondiarie, sempre nel rispetto dell’interesse pubblico. Un paese che non è sufficientemente pianificato e progettato, che lascia alla voracità del singolo (il cerchio magico o “cumacca”) la disponibilità delle risorsenon può stupirsi del caso Milano. In questi giorni, tanti sorridono alle notizie. Tutti consapevoli che ogni città ha casi simili da decenni. Qualcuno pretende anche la primogenitura del metodo, applicata con infinite varianti. Milano ha scoperchiato un vecchio sistema, come se fosse una novità. Oggi dobbiamo riflettere su come uscirne, su come risolvere questo dramma. Ma non serve un “Salva Milano” ma un Salva Italia. E questo passa attraverso un iter parlamentare che ridisegni la normativa urbanistica, sempre a partire dai bisogni collettivi: ambiente, conservazione, innovazione.

Riguardo l'autore Francesco Finocchiaro

Architetto vitruviano. Credente convinto e appassionato delle religioni. Vive il suo lavoro come una grande passione . Esplora gli innumerevoli paesaggi dell’arte: dalla poesia al giornalismo, dall’architettura alla grafica, dalla comunicazione alle strategie urbane. Docente di storia dell’arte e filosofo dell’abitare. Convinto sostenitore del futurismo e che l’innovazione ha le sue radici nella memoria. Vorace lettore di Papa Francesco, di Pablo Neruda, Lucía Etxebarria e Omero. Vive l’architettura come un Pitagorico, in forma mistica e monastica come il suo architetto preferito, Peter Zumthor.

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