Stefano Argentino si è suicidato in carcere: il femminicida di Sara Campanella si toglie la vita a Messina
Si è tolto la vita nel carcere di Gazzi, a Messina, Stefano Argentino, il 27enne accusato dell’omicidio di Sara Campanella, la studentessa universitaria di 22 anni uccisa a coltellate lo scorso marzo in strada, dopo mesi di stalking e minacce. Argentino era detenuto in attesa di giudizio e si sarebbe dovuta tenere la prima udienza del processo il prossimo 10 settembre dinanzi alla Corte d’Assise di Messina.
Secondo quanto riferito, l’uomo si trovava in regime carcerario ordinario dopo che gli era stata revocata la sorveglianza speciale, attiva nei primi giorni di detenzione a causa di intenti suicidari già manifestati. Dopo una fase di miglioramento, anche grazie al supporto psicologico, Argentino era tornato in cella con altri detenuti. Nella notte si sarebbe tolto la vita. La Procura di Messina ha aperto un’inchiesta.
Per l’avvocato della famiglia Argentino si tratta del «drammatico epilogo di una storia dove lo Stato ha fallito». Il legale aveva richiesto una perizia psichiatrica, mai concessa dal giudice: «avrebbe potuto salvare almeno una delle due vite», ha dichiarato. Anche il sindacato della polizia penitenziaria parla di una «tragedia annunciata».
Profondo dolore anche tra i familiari di Sara. L’avvocata Concetta La Torre, che assiste la madre della vittima, ha dichiarato: «È l’epilogo terribile di una storia terribile. Stefano ha deciso le sorti di due famiglie. Per noi è un momento doloroso».
Una storia segnata dalla violenza
Sara Campanella, studentessa brillante e molto amata, era stata uccisa con più coltellate, una delle quali – quella alla gola – si era rivelata fatale. Quel giorno, Sara si era accorta di essere seguita e aveva scritto un messaggio alle amiche: «Il malato mi segue». Per documentare le molestie, aveva anche attivato una registrazione audio sul suo cellulare.
L’audio, ora parte degli atti processuali, documenta il disperato tentativo di Sara di allontanare l’ex compagno di facoltà. Le sue parole, «Non voglio nulla con te… lasciami in pace», sono diventate simbolo del suo ultimo tentativo di difendersi.
Le indagini dei Carabinieri avevano confermato la premeditazione. Sul telefono di Argentino era stata trovata una foto di Sara, scarabocchiata, e messaggi con frasi inquietanti come «dal sognarti, a essere il tuo incubo». Aveva anche cercato online dove colpire una persona per ucciderla e acquistato su Amazon il coltello compatibile con le ferite inflitte. La scatola era stata ritrovata nella sua abitazione a Messina. L’arma del delitto non è mai stata rinvenuta.
Lo scorso 12 giugno, la Procura di Messina, con il procuratore Antonio D’Amato, aveva chiesto il giudizio immediato per Argentino, contestando premeditazione e crudeltà.
Con il suicidio di Stefano Argentino, si chiude in modo tragico una vicenda che ha spezzato due vite e distrutto due famiglie, lasciando aperta una riflessione sulla gestione dei detenuti fragili e sulla prevenzione della violenza di genere.
