Foto rubate e pubblicate su siti sessisti: allo studio una class action per difendere le vittime

Foto rubate e pubblicate su siti sessisti: allo studio una class action per difendere le vittime

Foto di donne pubblicate senza consenso: la Polizia Postale indaga, pronta una class action

Nel mirino siti sessisti come Phica.eu e il gruppo Facebook “Mia moglie” (ora chiuso). Bernardini de Pace: «Donne, denunciate»

La Polizia Postale ha inviato alla Procura di Roma un’informativa riguardante la pubblicazione non autorizzata di foto di donne su siti e piattaforme online a sfondo sessista. Tra le vittime non solo donne comuni, ma anche attrici e figure politiche. Secondo le prime ricostruzioni, alcune di queste piattaforme sarebbero gestite da soggetti residenti in Emilia-Romagna e Abruzzo, con server collocati negli Stati Uniti.

L’informativa rappresenta il primo passo per l’apertura di un fascicolo d’indagine, finalizzato a individuare le responsabilità per la diffusione illecita delle immagini. La Postale ha già avviato accertamenti non solo per risalire ai gestori dei siti, ma anche per identificare gli autori dei commenti offensivi e discriminatori pubblicati sulla piattaforma Phica.eu.

Dalla parte delle vittime si è schierata l’avvocata Anna Maria Bernardini de Pace, esperta di diritto di famiglia, che insieme al penalista David Leggi sta studiando la possibilità di una class action a tutela delle donne coinvolte, finite loro malgrado sul sito Phica.eu e nella pagina Facebook “Mia moglie”, successivamente chiusa da Meta.

«Invito le donne che sono state vittime di mariti idioti a farsi avanti e denunciare – ha dichiarato Bernardini de Pace a LaPresse –. Siete vittime di reati: si parla di violenza, molestia, violazione della dignità e dell’identità femminile».

L’avvocata ha inoltre annunciato che sarà richiesto un risarcimento a Facebook, accusato di non aver vigilato adeguatamente sui contenuti del gruppo: «Hanno consentito che vi fossero contenuti di quella natura senza intervenire né bloccare».

Parallelamente è stata coinvolta anche la Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, Marina Terragni, per valutare le conseguenze sui figli delle donne le cui immagini sono state diffuse online: «Non possiamo sapere se e quanti minori, facendo ricerche, abbiano trovato le foto delle loro mamme, subendone le conseguenze» ha spiegato Bernardini de Pace.

Un’inchiesta che apre scenari delicati sul piano penale e civile e che rilancia il dibattito sulla tutela della dignità delle donne e sul ruolo delle piattaforme digitali nella prevenzione e gestione di contenuti offensivi e lesivi.

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