Addio a Re Giorgio Armani, icona silenziosa dell’eleganza italiana

Addio a Re Giorgio Armani, icona silenziosa dell’eleganza italiana

Giorgio Armani è morto: addio a “Re Giorgio”, simbolo dell’eleganza italiana

Il re è morto, viva il re. Giorgio Armani se n’è andato con discrezione ed eleganza, senza far troppo rumore, così come ha fatto per tutta la sua lunga vita. “Re Giorgio”, appellativo che gli fu dato dalla stampa inglese nel 1975, si è spento oggi a Milano all’età di 91 anni. Di quel soprannome amava scherzare: «È vecchio di vent’anni – disse una volta – e mi piace, ma spero che non finiscano per chiamarmi ‘Sua Santità’, sarebbe imbarazzante».

Armani è stato un gigante del Made in Italy, capace di emancipare le donne in carriera e liberare gli uomini dalla rigidità delle convenzioni. Riservato e composto, incarnava lo stile milanese con la sua divisa immancabile: pantaloni scuri e maglietta girocollo blu. «Moda e stile sono la mia urgenza espressiva – raccontava – il mio lavoro e un magnifico mezzo per potersi esprimere».

Nato a Piacenza l’11 luglio 1934, dopo gli studi al liceo scientifico Respighi si trasferì a Milano nel 1949. Si iscrisse a Medicina, ma dopo tre anni lasciò per il servizio militare. Al rientro trovò lavoro come vetrinista e commesso alla Rinascente fino al 1965, quando fu assunto da Nino Cerruti per disegnare la moda del marchio Hitman. La prima collezione porta la data del 1975, lo stesso anno in cui fonda l’azienda Giorgio Armani con il compagno di vita Sergio Galeotti, morto prematuramente nel 1985.

Negli anni Ottanta la carriera decolla a livello mondiale, anche grazie agli abiti indossati da Richard Gere in “American Gigolò”. Armani inventa il colore greige, mix di grigio e beige, e con i suoi completi fluidi e le giacche destrutturate rivoluziona l’estetica maschile. Nel tempo allarga il marchio: Emporio Armani, EA7, Armani Jeans, Armani Privé, profumi, make-up, arredamento, occhiali. Ogni sua intuizione diventa icona.

Nel corso degli anni veste attrici, principesse, regine e donne in carriera, consacrandosi come ambasciatore mondiale dello stile italiano. Appassionato di cultura orientale, introduce in passerella colletti alla coreana e cappotti djellaba. Non solo moda: dal 2008 sostiene anche lo sport con la sua Olimpia Milano di basket. Durante la pandemia del 2020 è il primo a sfilare a porte chiuse e a riconvertire gli stabilimenti per produrre camici monouso destinati a medici e infermieri.

Minimalista, contrario agli sprechi e alla spettacolarizzazione, per lui «l’eleganza non è farsi notare ma farsi ricordare». Nel corso della sua carriera ha ricevuto onorificenze e lauree honoris causa, tra cui l’ultima a Piacenza nel 2023. Negli ultimi mesi la salute lo aveva costretto a mancare alle sue sfilate, ma il suo nome resterà scolpito nella storia della moda. Con lui se ne va l’ultimo grande maestro del Made in Italy.

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