Gioele, il “santo della porta accanto” che ha seminato speranza nella sofferenza
La storia di un giovane catanese che, attraverso la malattia, ha testimoniato fede, amore e coraggio, lasciando un’eredità spirituale che continua a generare frutti.
La vicenda di Gioele non è soltanto il racconto di una malattia, ma il cammino di un giovane che, nel tempo della sofferenza, ha saputo comunicare speranza e fede. I genitori, Sebastiano e Loredana, ricordano con commozione ma anche con pace cristiana i mesi difficili vissuti accanto al loro primogenito, scomparso nell’ottobre scorso.
Definito da molti un “santo della porta accanto”, come direbbe Papa Francesco, Gioele ha vissuto il dolore con una serenità che ha sorpreso chiunque lo abbia conosciuto. «Non si è mai ribellato – raccontano i genitori – accoglieva tutto con una serenità che non era di questo mondo».
Una fede incrollabile anche nella malattia
Durante le notti in ospedale, il padre lo sentiva intonare salmi nel silenzio. Don Vincenzo Branchina, oggi Vicario Generale, diceva che Gioele «aveva la Pasqua iscritta nel cuore». La madre lo descrive come una “spugna” che, fin da bambino, assorbiva goccia dopo goccia la fede, la comunità, i sacramenti: «Quando la malattia lo ha spremuto, da lui non usciva rabbia, ma la vita nuova di Cristo risorto».
Gioele era un giovane come tanti, appassionato di sport, musica e studio, ma tutto era intessuto di fede. Pochi giorni prima della morte confidava: «Il mio spirito è felicissimo perché sto cercando il Signore».
Segni di una vita donata
Il suo cammino si intreccia con San Francesco d’Assisi: nella notte della sua morte, il 3 ottobre, ripeteva il nome “Francesco”, lo stesso giorno in cui il Santo di Assisi passò al cielo. Per i genitori, un segno di consolazione e di fede.
Anche la fidanzata Erika, inizialmente distante dalla fede, si è avvicinata a Dio attraverso l’esperienza vissuta con Gioele. Lo stesso è accaduto ai suoi genitori e a molte persone che lo hanno conosciuto in ospedale.
I “miracoli morali” di Gioele
Accanto a lui, nel reparto, malati terminali come Ivan e Luigi hanno trovato forza e fede grazie alle sue parole e al suo esempio. «Non ha guarito i corpi, ma ha risanato i cuori», sottolinea il padre. Molti, dopo aver incontrato Gioele, hanno cambiato vita, riavvicinandosi alla Chiesa.
Un’eredità viva
Dopo la sua morte, i frutti hanno continuato a germogliare. La sua storia non viene ricordata per commuovere, ma come una testimonianza concreta di fede. «Gioele è stato spremuto dalla sofferenza – concludono i genitori – e da lui è uscita solo Pasqua. Questa è la sua eredità, questo è il seme che vogliamo consegnare al mondo».
La sua memoria sarà celebrata anche durante la quarta edizione del Festival delle Parrocchie, in programma il 14 novembre al Teatro Metropolitan di Catania, dedicato al Giubileo della speranza.

