Un viaggio modella sempre la nostra anima.
Un viaggio scava nella nostra memoria per far riemergere il senso profondo della nostra esistenza. Un viaggio è l’esperienza multisensoriale che ridefinisce il nostro sentiero, verso un “io” diverso. Ogni città si offre al pellegrino, al suo visitatore, riscrivendo uno spartito che sembrava sbiadito. Parigi, anche se brevemente, ha svelato le sue forme, i profumi intensi, i misteri e quella musica ancestrale che le sue pietre antiche ridondano nell’aria.
Parigi contiene troppe città per poterle assaporare tutte. Come se fosse l’universo, con le sue costellazioni. Una città fatta di policentrismi storici e contemporanei, una città che svela le sue cattedrali, i suoi templi, le sue vie sacre.
Il Louvre, l’Orsay e il Centre Georges Pompidou sono i luoghi della narrazione che non possono mancare all’esperienza del viaggiatore. Il minimo indispensabile, l’essenziale, il necessario per comprendere la natura di una città universale. Questi non solo sono musei ma l’idea stessa di città, per forma e simbolismo, per urbanità e socialità. Templi della cultura dentro un tessuto vivo, contenitori preziosi di memoria, identità, bellezza, innovazione e umanità.
Attraversare la città a piedi, guardarla ad ogni ora del giorno, sedersi ai tavolini dei suoi “Bistrot” passeggiare lungo la Senna, fermarsi alle “Boulangerie”, sedersi all’ombra della “Robinia” nei pressi di Notre-Dame de Paris e dormire nelle mansarde dei palazzi dell’’800 significa immergersi nell’idea stessa di città, di quella Parigi che si vede nei cartelli pubblicitari, si quella Parigi che troviamo nelle pitture impressioniste di Pissarro, di Renoir, di Degas, di Manet, di Monet. Quella città che ci parla di Victor Hugo, del gotico francese, del neoclassicismo di David. Un atlante senza fine di rimandi e citazioni, ovunque si voglia o possa guardare.
Una città che appare infinita dall’oblò di un aereo, come un reticolo celebrale che pulsa ossessivamente e che ha come baricentro geografico quel trabiccolo di ferro che è diventata il suo simbolo universale, la Torre Eiffel. Installazione temporanea e nello stesso tempo icona perenne della città. Terminale prospettico di viali e parchi e nello stesso tempo traliccio urbano, dentro un tessuto ottocentesco.
Il centro commerciale “Les Halles” vicino il Louvre e la Senna è una sorpresa, una macchina di ferro e vetro che nasconde un mondo sottoterra, snodo della metropolitana, con piscine, cinema, ristoranti, negozi, servizi urbani. Un’invenzione urbanistica straordinaria. Vicino alla chiesa di San Eustachio, alla Parigi storica, nodo prospettico del reticolo viario, rappresenta una polarità strategica che risolve criticità importanti sul piano dell’accessibilità al centro storico, convivendo con il tessuto commerciale di superficie fatto di specificità parigine – enogastronomiche, della moda, ecc. – che conservano la loro competitività. Nelle viscere della città tutto si muove velocemente, nei parchi, nelle vie, nei musei, tutto scorre più lentamente. Una meraviglia per chi desidera approfittare di entrambe le dinamiche.
Le collezioni dei musei sono inebrianti, accecanti, rivoluzionarie. Liberté, Égalité, Fraternité sono i suoni, i segni, la semantica di Parigi. Rimbombano in ogni pietra, come architrave simbolico del tempio. E gli edifici si parlano, dialogano, attraverso quelle vie alberate dai marciapiedi larghi che accolgono le luci vive dei ristoranti – sempre pieni di gente che parla, che discute, che si acciglia, ascoltando una musica Jazz che viene da lontano.
Il Centre Georges Pompidou – attualmente in ristrutturazione – è la grande sorpresa. Sempre fotografato dalle riviste di settore come un’astronave in mezzo alla città, esaltato per la sua eccessiva modernità linguistica, appare – in una visione di paesaggio – la “mimesis” della chiesa Gotica francese. Un’architettura che diventa dispositivo urbano, che genera uno spazio di connessione tra le parti. Condensa un volume che estrude la struttura e gli impianti come un dispositivo “gotico” che estrude gli archi rampanti, gargoyle e camminamenti. Per capire bisogno guardare, non solo l’architettura di Piano&Rogers ma contestualmente la chiesa di Saint Merrì, place Igor Stravinsky e place Edmond Michelet. La percezione delle relazioni sorprende e ingigantisce il valore di quell’astronave che nasce dalla storia.
Le collezioni dei musei, sono inebrianti, rivelatrici, emozionanti. Non basterebbe un romanzo, come quello di Thomas Schlesser dal titolo “Gli occhi di Monna Lisa, Longanesi editore, per spiegare ogni cosa. Forse l’emozione, lo stupore,nel vedere le opere marmoree del Neoclassicismo Francese del Musèe d’Orsay, sono inenarrabili. Parigi merita il ritorno, la frequentazione, l’approfondimento. Non è solo una città, è un’idea, di Europa, di contaminazione culturale, di integrazione tra antichità e modernità, tra etnie, tra culture. Parigi è Parigi.

