Sarà interrogato il prossimo 14 novembre dal Gip di Palermo il deputato di Noi Moderati Francesco Saverio Romano, indagato per corruzione nell’ambito dell’inchiesta su appalti pilotati per la quale la Procura ha chiesto gli arresti domiciliari anche per l’ex presidente della Regione Siciliana Totò Cuffaro e altre 16 persone.
Le accuse e la difesa del deputato
Secondo quanto riferito dal parlamentare, la contestazione riguarda l’ipotesi di aver accettato una promessa di assunzioni, contratti, subappalti e altri vantaggi patrimoniali da parte di un’azienda che avrebbe dovuto aggiudicarsi una gara dell’Asp di Siracusa.
Romano ha respinto con decisione ogni addebito:
«Ho preso sommarie informazioni e ho appreso che questa gara, aggiudicata a una certa azienda, è sub iudice a seguito di un giudizio del Tar per un contenzioso tra la ditta uscente e quella che avrebbe dovuto subentrare. L’Asp, infatti, non ha ancora assegnato alcuna gara. Si sostiene che l’azienda avrebbe elargito promesse anche in mio favore, ma non ho mai chiesto nulla a nessuno né ho ricevuto alcuna promessa di assunzione».
«Un processo mediatico su una bolla di sapone»
Il deputato definisce le accuse «una mezza paginetta di contestazioni» per la quale — sottolinea — «si chiedono gli arresti di un parlamentare sul quale non esistono carte, intercettazioni o prove di condizionamento».
Romano parla apertamente di un “processo mediatico”:
«Viene messo alla gogna chi svolge una funzione nobile come quella del parlamentare e dirigente di un partito della maggioranza. Tutto nasce da una fuga di notizie su un fatto circoscrivibile che poteva essere chiarito senza arrivare a una richiesta di arresto».
E conclude:
«Sono più che tranquillo. È una vicenda abnorme e surreale, rispetto alla quale non mi sottraggo e risponderò colpo su colpo, anche mediaticamente».
