Rino Gaetano, il poeta sotto il cappello: un film di Verdelli per liberarlo dai cliché

Rino Gaetano, il poeta sotto il cappello: un film di Verdelli per liberarlo dai cliché

«Rino Gaetano sempre più blu»: il film-evento che svela l’uomo dietro il mito

Cinquant’anni dopo l’impatto di “Ma il cielo è sempre più blu”, la voce di Rino Gaetano continua a risuonare come un’urgenza collettiva: ruvida, lucida, imprevista. Ora ritorna in un film-evento in uscita al cinema il 24, 25 e 26 novembre, un viaggio onirico firmato da Giorgio Verdelli – autore e regista tra i più autorevoli del racconto musicale – insieme allo sceneggiatore Luca Rea. Un’opera che tenta di restituire il poeta sotto il cappello, l’uomo dietro il mito.

Verdelli, già autore dei documentari dedicati a Pino Daniele, Paolo Conte ed Enzo Jannacci, qui realizza uno dei suoi lavori più personali, attingendo alla propria conoscenza diretta di Rino tra il 1978 e il 1981. Un materiale prezioso che comprende taccuini privati, memorie, interviste radiofoniche custodite negli archivi e una traccia inedita, “Un Film a Colori – Jet Set”, pubblicata il 29 ottobre da Sony Music Italy.

La chiave del film è nelle parole dello stesso Verdelli: «Credo che Rino Gaetano sia di straordinaria attualità per quello che diceva e per come lo diceva. I giovani lo suonano senza nemmeno sapere chi sia stato». Un’urgenza, quindi, di riportare ordine, di spezzare le semplificazioni: «Spesso viene ridotto all’immagine con la tuba e le scarpe da tennis. C’è molto di più. Spero che questo documentario aiuti a comprendere la sua figura rivoluzionaria».

La realizzazione del film nasce anche da un dato sorprendente: «Di Rino esiste pochissima documentazione. Abbiamo ascoltato 25 ore di radio, ne ho estratto una parte, avrei voluto farne di più». Da questo lavoro di scavo emerge l’immagine di un artista intellettuale, ironico, visionario. Non a caso il film ricorre a sezioni oniriche: «Rino amava il surrealismo, veniva da Ionesco e Majakovskij».

A dare voce all’immaginario poetico di Gaetano contribuisce anche Peppe Lanzetta, che firma testi riscritti con Verdelli e che accompagnano l’apertura e la chiusura dell’opera.

Prodotto da Sudovest Produzioni e Indigo Film, in collaborazione con Rai Documentari e con il sostegno della Fondazione Calabria Film Commission e del Ministero della Cultura, “Rino Gaetano sempre più blu” raccoglie un mosaico di testimonianze fondamentali: la sorella Anna Gaetano, il nipote Alessandro, gli amici storici come Riccardo Cocciante, Danilo Rea, Giovanni Tommaso, Shel Shapiro, Edoardo De Angelis, Ernesto Bassignano. E ancora gli eredi artistici come Brunori Sas, Lucio Corsi, Sergio Cammariere, Giordana Angi.

A cucire il racconto, le parole del giornalista Tommaso Labate a bordo di una Fiat 128 tra i paesaggi calabresi, e le voci di Peppe Lanzetta, Claudio Santamaria, Paolo Jannacci e Valeria Solarino.

Il documentario evita volutamente la forma biografica tradizionale: «Non volevo incasellarlo. Mi danno fastidio le semplificazioni. Volevo che fosse nobilitato». Il ritmo segue quello di Rino: ironico, pungente, imprevedibile. Durante la lavorazione, una scoperta cambia la prospettiva: una traccia reggae arrangiata da Giovanni Tommaso. «Forse dà l’idea di cosa sarebbe diventato Rino: un reggae rock, più suonato».

Un dettaglio diventa simbolico: «Sarebbe voluto andare a sentire Bob Marley. Marley morì l’11 maggio, Rino il 2 giugno: venti giorni di distanza. Due artisti morti giovani che lasciano un mondo».

La costruzione del documentario è un equilibrio delicato: «Come fanno l’amore due porcospini? Con molta attenzione», cita Verdelli da Woody Allen. «Bisogna montare e rimontare dando a ciascuno una parte del racconto». Ne viene fuori un ritratto complesso, che libera Gaetano dai cliché: «Aveva un pensiero forte, e non viene mai restituito».

Il film mette in luce anche l’attualità straordinaria dei suoi testi. «In Nuntereggae più basterebbe cambiare i nomi, il pezzo è già fatto. Spendi spandi effendi, Ma il cielo è sempre più blu: parlava degli stati d’animo delle persone, e a 50 anni di distanza sono rimasti».

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