⏳ Il tempo che divora, il tempo che trasforma
Una delle pitture Neoclassiche più intense e drammatiche di Francisco Goya è “Cronos che divora i suoi figli” realizzato nel 1823 ed oggi conservato al museo El Prado di Madrid. In qualche modo rappresentail tempo che tutto consuma, inesorabilmente. Un’immagine dai toni oscuri che narra la paura di Cronos di essere spodestato dai figli, e per questo li divora. Ma sua moglie Rea ne salva uno, Zeus, che diventerà il re dell’Olimpo, portatore di ordine e saggezza.
La vecchiaia come rivelazione
L’istante eterno della bellezza
Mutamento, memoria, percezione
Ma il tempo passa, inesorabilmente, e tutto cambia. Spesso cerchiamo, dopo molti anni, l’ideale perso nel tempo, il ricordo, immagini sbiadite di un passato lontano. I corpi cambiano, forse anche le nostre liturgie, apparentemente immutate. L’arte ha tentato di rappresentare questo inevitabile processo che è parte della vita stessa.Le foto che conserviamo, sono un tentativo di restare quello che eravamo, ma la realtà scava i nostri volti.
Cambiano gli scenari politici, sociali, economici, culturali. C’è un oscillare di forme, una modellazione permanete dell’ambiente che ci circonda. Forse l’illusione che qualcosa è eterna, come la natura, le stelle, i valori. Non è così, tutto cambia, dipende solo dalla velocità del cambiamento e quindi dalla nostra percezione.
⚡ Zeus e il passaggio delle ere
Zeus, sfugge al suo destino. Salvato dalla madre, nascosto in un’isola, riscatta il cosmo riportando ordine. Definisce una nuova era. Costruisce l’Olimpo, imprigiona i Titani, accoglie le infinite sfumature dell’animo umano (qualche volta si diletta in altre faccende amorose). Rimane irrisolta la questione del trapasso, da un tempo all’altro. Siamo e saremo, siamo stati e non saremo più. Viviamo infiniti passaggi, da un tempo all’altro. Forse dovremmo scandire il tempo con le cose che facciamo, con i progetti che realizziamo, con le opere che costruiamo. Non tanto con il calendario lineare ma con un programma di vita circolare.
️ Tempo e consapevolezza
Il tempo è il tema di questa mattina, il tempo che passa. Che trasforma le cose, che modifica le prospettive, una lezione di vita. Ogni tanto, sentiamo la necessità di fermarci per riflettere: cosa eravamo, cosa siamo, cosa diventeremo. Lo facciamo in particolari momenti della vita, quando nasce qualcuno, quando muore, spesso quando celebriamo il compleanno, quando restiamo soli, sommersi dagli auguri di amici e conoscenti. Nell’istante in cui pensiamo alla nostra vita, ripercorriamo ogni momento, come quando si rivede un film.
Quale è il senso di questo ricordare? Malinconia? La consapevolezza che siamo diversi?
️ Fissità e movimento
L’arte prova a raccontarlo, spesso nei monumenti funebri, luoghi dove tutto è fissato per sempre, dove nulla ha inizio e fine ma solo fissità. Ma infatti quella è la morte, la fissità è portatrice di rigidezza funeraria. Noi siamo mobili, leggeri, mutanti. Siamo il sentiero e i passi, siamo le foglie parlanti che fluttuano nell’aria. Siamo consapevolezza in movimento.
La bellezza delle rughe
Mi piace pensare che esistono tante forme di bellezza, c’è quella che l’arte ha sempre celebrato e c’è quella delle rughe, della vecchiaia, come Giorgione ci rappresenta. Un vecchio saggio (D’Inessa) disse una volta, “sarò vecchio quando non progetterò il futuro”. Quando non vedrò un orizzonte, quando non avrò voglia di rimettermi in discussione. Quando penserò che tutto è immutabile. E non sarò giovane per questo ma semplicemente un uomo che compie il suo destino.
Panta Rhei
Forse Eraclito più che Epicuro, con il suo Panta Rhei, governato dal logos, è più coerente alle riflessioni precedenti. La bellezza del mutamento perpetuo fino a separare gli atomi – ancora una volta – per trovare nuove forme di vita. La caducità come condizione umana e cosmica. Non come deperimento ma come cambiamento. L’arte ha fissato gli istanti, non come modelli ma come situazioni, come archetipi della percezione di se. Cartoline da guardare in eterno, per capire chi siamo. Come non commuoversi alla visione della Venere Callapigia conservata al Museo Archeologico di Napoli?
