Spopolamento e denatalità: la fuga dal Sud tra precarietà e disillusione
All’imbarazzo di scrivere un pezzo riguardante lo spopolamento del Sud, inoltrandosi tra le pieghe delle zone interne della Sicilia fino ad arrivare alle peculiarità degli esodi riguardanti la provincia etnea, si somma il disagio ingenerato dal periodo segnato dalle guerre in corso, denunciato da papa Francesco con una frase ormai diventata famosa: viviamo una terza guerra mondiale combattuta a pezzi. Il tutto, incappando in una involontaria ironia, mentre si parla di denatalità, ovvero del saldo tra neonati e decessi.
In ogni caso, a stare alle stime di Forbes, perché i viventi vadano in minoranza si dovrà aspettare il 2050. Sempreché Netanyahu, Putin e gli altri autocrati non si impegnino a decimare le popolazioni confinanti per raggiungere prima il traguardo.
Tra espatrio e culle vuote: il peso della precarietà
Tra l’espatrio e il decremento delle nascite corre un nesso diretto, legato alla precarietà imperante da diversi decenni. Sebbene abbia attraversato tutto il mondo e tutte le generazioni, a pagarne il prezzo più alto sono stati i giovani.
Le inquietudini sociali si intrecciano con ingiustizie, esclusione e mancanza di diritti: occupazione, dignità del lavoro, sicurezza. Ne deriva l’impossibilità di mettere su casa, sposarsi, generare figli. E così il futuro si sgretola.
Proiezioni sconfortanti: il Sud si svuota
Le migrazioni dal Sud Italia verso l’estero o il Nord prevedono, da qui a venticinque anni, un decremento di 3,4 milioni di abitanti. Una cifra destinata a toccare gli 8 milioni entro il 2080.
Il proverbio dice: partire è un po’ morire. Nelle previsioni demografiche del Sud prevale lo svuotamento delle aree interne rispetto ai capoluoghi. Ma oggi anche la distinzione tra centro e periferia sembra superata.
Chi parte e perché?
Oggi ad attraversare i confini sono in gran parte i giovani del Sud, ma anche tanti quarantenni e cinquantenni della generazione X. E il fenomeno interessa ormai anche il Nord Italia.
Tra le cause, un’istruzione non valorizzata da un mercato del lavoro incapace di offrire opportunità coerenti. Giovani laureati sono chiamati a compiere master su master per poi ricevere proposte lavorative indecorose, sia in termini economici sia di dignità professionale.
Risultato? I migliori cervelli emigrano: biologi, fisici e chimici in Svizzera; medici in Francia, Inghilterra e Belgio; ingegneri e informatici in Germania o nei paesi anglosassoni. E senza l’apporto degli immigrati, anche i mestieri manuali sarebbero ormai in via d’estinzione.
Oltre il pianto greco: serve una visione
Continuare l’elenco dei problemi rischia di apparire come un cahiers de doléances, un lamento senza sbocchi. Ma il rischio maggiore è quello del degrado sociale e della retrocessione economica di un intero Paese.
Servirebbe almeno evitare orrori gestionali, come finanziare con fondi pubblici soggetti inadeguati, con il paradosso di assistere poi a tragici fatti di cronaca che disonorano lo Stato.
Il Sud come risorsa, non come problema
Eppure la soluzione è davanti ai nostri occhi. Il Sud – e in particolare la Sicilia – dispone di paesaggi straordinari, risorse artistiche e beni archeologici unici, che rappresentano oltre il 20% del patrimonio globale. Infrastrutture, turismo, cultura, agricoltura avanzata e innovazione tecnologica possono essere i cardini di un nuovo sviluppo.
Servono però classi dirigenti oneste, lungimiranti, capaci di scommettere sul futuro. Bisogna investire nella quarta rivoluzione industriale, nel digitale, nell’intelligenza artificiale, e valorizzare le competenze locali.
Il compito delle generazioni adulte
Chi ha costruito l’Italia del dopoguerra, garantito ottant’anni di pace, emancipazione economica e sociale, oggi ha il dovere morale di preparare la società ad accogliere i giovani. A loro va affidata la missione di difendere la vita contro ogni pulsione distruttiva.
