A conti fatti, affrontiamo le ricorrenze di fine anno, Natale, Capodanno, con la rassegnazione di chi adempie un dovere, nel quale allegria e gioia sono ingredienti obbligati.
Malgrado le guerre, da Gaza rasa al suolo fino alla devastazione dell’Ucraina, tralasciando i rimanenti conflitti regionali, la nostra voglia di alimentare le tradizioni ha prevalso rispetto allo scoramento. Nemmeno le iniziative di Trump intraprese, per assecondare i propositi delle sette battista del suo elettorato americano, di bombardare la Nigeria, di attaccare il Venezuela, infine di precostituire l’invasione della Groenlandia, ha scosso la nostra fiducia nell’avvenire, peraltro indispensabile per superare questi periodi bui di barbarie sociale. Con i dazi statunitensi va un po’ peggio. Con il passare dei mesi, i danni alle esportazioni siciliane, italiane anche, aumentano in maniera esponenziale. Nei titoli di coda va segnalata la smobilitazione definitiva dell’impero degli Agnelli, non solo auto, tanto altro, vedasi lo smantellamento della Gedi, Gruppo Editoriale, con l’allocazione di diverse attività negli United States. Portano via con sé una dote di circa 230 miliardi di euro, elargiti dalle casse dello stato italiano, ovvero dai contribuenti.
Malgrado tutto questo e altro ancora, gli italiani hanno reagito, dando fondo al proprio estro, spendendo 17,1 miliardi di euro per i regali di Natale. 230 milioni in più del 2024, a stare alle stime del Codacons.
Non è la prima volta che gli italiani, segnatamente i siciliani, maestri in questo, controbattono al tarlo della precarietà, alla decadenza, alle provocazioni, con iniziative in condizione da sole di lasciare intravedere all’orizzonte l’inizio di un ciclo di svolta. Questo cambiare la storia quasi fosse la fodera di un cuscino sporco, contrapponendosi nei fatti alle sconvolgenti profezie di sciagure pendenti sul capo del nostro vecchio continente, stretto nella morsa di America, Russia e Cina, suona come segnale di riscossa, di cauto ottimismo, uno squarcio di luce nel buio della depressione.
In Sicilia, il governo regionale, falcidiato dagli scandali, troppi nel giro degli ultimi anni, quantomeno traffici d’influenze, così marchiati dall’ordinamento giuridico, se non concorso esterno in associazione mafiosa, si muove per intervenire con un paio di migliaia tra assunzioni e stabilizzazioni nel comparto della sanità, non tralasciando, la seconda emergenza, in ordine di importanza, quella della distribuzione dell’acqua potabile nelle abitazioni. In ambedue le situazioni, vigilanza ed efficientamento dei servizi dovrebbero migliorare le prestazioni, con l’avvertenza di recuperare nel caso delle reti idriche di distribuzione nelle principali città dell’isola l’enorme spreco, dovuto alle perdite nel sottosuolo, pari a oltre il 70% della portata originaria.
A rivitalizzare i comportamenti dei siciliani serve anche il report dell’Istat, il quale pur collocando agli ultimi posti tra le regioni, il prodotto interno lordo pro-capite dell’isola, pari a 23.300 euro, ne indica la timida crescita. In questo caso, il reagente non è tanto la fiducia nel miglioramento prossimo, quanto l’economia sommersa, fiorente con ogni probabilità in quasi tutto il Meridione d’Italia. Resta comunque, a fine dell’ormai prossimo 2025, la crescita degli indicatori riguardanti occupazione, prodotto interno lordo, oltre al già citato reddito individuale.
Quantunque nella vita quotidiana la situazione non sia la più rosea, con bollette di gas e luce soggette a incontrollatespeculazioni e turbative geopolitiche, con il carrello della spesa sempre più vicino al prezzo dei metalli preziosi, le consuetudini delle feste di fine anno con i loro rituali non si fermano. Le mamme continueranno nelle loro incombenze, indaffarate a preparare pranzi e cene, ad allestire gli addobbi, a nascondere i regali per i loro bimbi, in attesa di un babbo natale sempre più impegnato a dimostrare di esserci, di continuare nella sua opera di instancabile costruttore di sogni per i più piccoli. Con i nonni, gli zii, insomma gli anziani della famiglia occupati a recuperare la magia del presepe, pronti a riscoprire le tradizioni di cibi sobri, a riproporre le nenie e le cornamuse di un tempo.
Fuori, nella vecchia Europa la precarietà sarà ancora una volta la protagonista di questo scorcio del 2025 con bombardamenti, carestie, vittime. Financo la produzione cinematografica si abbandona al pessimismo, quasi volesse preparare le coscienze al peggio da affrontare, con film come Natale senza babbo di Stefano Cipani o L’anno nuovo che non arriva del regista rumeno, Bogdan Muresanu. Neanche a cambiare continente con Un inverno in Corea di Koya Kamura la situazione migliora, il freddo e il minimalismo la fanno da padroni … Dovunque.
In terra di Sicilia, in controtendenza, vige quell’atmosfera rappresentata dalla famosa frase, rivolta dalla madre al figlio: a mammuzza, si hai friddu, veni ca ti cuariu.
