Quorum irraggiungibile per i cinque referendum sulla giustizia. Secondo i dati del Viminale l’affluenza si aggira intorno al 20,9%.
«Non abbiamo raggiunto il quorum, mi dispiace», commenta a caldo il senatore della Lega, Roberto Calderoli, da via Bellerio. Eppure, secondo gli exit poll Opinio Italia per Rai, i sì superano di gran lunga i no. Una vittoria di Pirro, però, perché si sarebbe dovuto recare alle urne il 50% degli elettori più uno per far ritenere validi i cinque quesiti. «La battaglia per cambiare la giustizia non si ferma questa sera, ma anzi riparte con rinnovato slancio: sarà il centrodestra (insieme ad amici coraggiosi come quelli del Partito Radicale) ad avere l’onere e l’onore, dopo aver vinto le prossime elezioni Politiche, di mettere mano al Sistema», commenta a caldo il Carroccio.
La giornata è stata segnata anche dal caos seggi nel capoluogo siciliano, con almeno 50 sezioni in cui all’inizio dell’election day (urne aperte dalle 7 alle 23) mancavano i presidenti di seggio. Matteo Salvini, in mattinata, ha espresso «preoccupazione e sconcerto» al capo dello Stato, Sergio Mattarella, per i disagi alle urne nel capoluogo siciliano. Il leader della Lega ha sottolineato «il grave danno per la democrazia in una delle città più importanti d’Italia». Poco prima, invece, si era sfogato così: «Pazzesco, a due ore dall’inizio del voto decine di seggi ancora chiusi, e in altri si può votare solo per il Comune ma non per i referendum. Il ministro Lamorgese, il presidente Draghi e il presidente Mattarella ritengono che tutto ciò sia normale?». In serata, è intervenuta anche la titolare del Viminale, Luciana Lamorgese: «È gravissimo che a Palermo, senza alcun preavviso, un elevato numero di presidenti di seggio non si sia presentato per l’insediamento, ovvero abbia rinunciato all’incarico, ritardando l’avvio delle operazioni di voto». «La Procura – ha aggiunto – valuterà gli eventuali profili di responsabilità conseguenti alle segnalazioni inviate dal Comune, competente per le procedure di insediamento dei seggi e di sostituzione dei presidenti».
Alle urne si sono recati anche i leader dei principali partiti. Il segretario del Pd, Enrico Letta, il presidente del M5S, Giuseppe Conte, la leader di FdI, Giorgia Meloni, e il segretario di Azione, Carlo Calenda, hanno votato a Roma in diversi momenti della giornata. A Firenze ha espresso le proprie preferenze anche il leader di Italia viva, Matteo Renzi. Voto milanese, invece, per gli altri due leader del centrodestra, Salvini e Silvio Berlusconi. Il presidente di Forza Italia si è scagliato contro la scelta dell’election day: «I referendum sono stati boicottati con il voto un giorno solo e col silenzio assoluto su molti giornali e sulla televisione di Stato, ma tanto col voto un giorno solo non saremmo arrivati a superare il 50%. E quindi c’è una precisa volontà di mantenere le cose come stanno». Poi ha aggiunto: «Potevamo fare un passo avanti con questi referendum», ma «sarà un ulteriore passo in avanti che non facciamo e resteremo nella situazione attuale. Siamo un popolo di masochisti». Il Cavaliere ha, quindi, parlato di «giustizia politicizzata che purtroppo non è morta».
Dal canto suo, invece, il leader di Azione, Carlo Calenda, ha ricordato che «votare non è solamente un diritto ma un dovere, che riguardi l’amministrazione di una città o un referendum, è la massima espressione della volontà popolare. Si è andata affermando l’idea che non andare a votare al referendum è un voto, ma nonè così perché si danneggia l’istituto del referendum. Si vada a votare no o sì ma si vada a votare».