Come non ricordare il leggendario “Barbaro figlio di Tana”, grande successo dei Brigantini che per anni risuonava in tutte le auto che giravano in città.
La città è quella di Paternò e “Barbaro” rappresenta lo stereotipo del paternese tipico.
La canzone dei Brigantini riporta alla mente una città, quella del Castello Normanno, quella dove i monti al pomeriggio sembrano di seta, quella che “divento ‘na meraviglia e brillò comu ‘na stella (oscurando Biancavilla)”.
Cosa è rimasto di quella Paternò?
Nel brano si elencano ironicamente molti “vizi” del “paternese tipico” dal vantarsi per un orologio (comprato al mercato) ma spacciato per roba firmata all’abitudine a “colonizzare la pineta di Ragalna” o addirittura “conquistare la contea di Fondachello” località balneare della costa ionica un tempo presa d’assalto da intere famiglie paternesi.
Nell’ironia dei luoghi comuni, si manifesta tutta quella dolce nostalgia per delle abitudini genuine e tipiche che un tempo univano (e riunivano) le famiglie e le rendevano ancor di più comunità.
Un modo allegro, ma nello stesso tempo vero, per descrivere una Paternò che non esiste più.
Infatti, soprattutto i giovani (e anche i meno giovani) oggi hanno abbandonato la “pineta di Ragalna” a favore di Nicolosi, hanno pure abbandonato la “contea di Fondachello” per ritrovarsi nella movida di Marzamemi, o a bordo di eleganti gommoni al largo di Taormina.
La classica e intramontabile “birra e sigaretta alla Torre” a fine della serata è stata sostituita dai “privè exclusive” nei club della costa ionica.
Appare chiaro oggi il rifiuto a vivere una dimensione, magari meno di tendenza, ma che ti faceva amare la città così com’era.
Una città che si è persa tra le strade della movida, tra le luci scintillanti dell’effimero e dell’affollata solitudine. Certamente “Barbaro figlio di Tana” sarà lì con un cocktail in mano, da solo con una marea di gente intorno che ripensa con nostalgia a quelle sere felici ai piedi del Castello Normanno.