Catania, il “tesoro” di Ciancio confiscato e sequestrato dal Tribunale: tra i beni il quotidiano La Sicilia. La difesa dell’editore

Conti correnti, polizze assicurative, 31 società, quote di partecipazione detenute in ulteriori 7 società e beni immobili: è il tesoretto confiscato, e in parte sequestrato, a Marcio Ciancio Sanfilippo, 86 anni, editore del quotidiano “La Sicilia” imprenditore attivo anche nel campo immobiliare. L’editore è sotto processo per concorso esterno in associazione mafiosa. Il valore dei beni, in corso di quantificazione, come ha  spiegato la procura retta da Carmelo Zuccaro, è non inferiore ai 150 milioni di euro. I provvedimenti sono seguiti dai carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Catania. Domani alle 11.30 in Procura i dettagli dell’operazione.
NEL 2017 IL RINVIO A GIUDIZIO DI CIANCIO PER CONCORSO ESTERNO IN ASSOCIAZIONE MAFIOSA
Nel 2017, in occasione dell’ultimo procedimento, Mario Ciancio e’ stato rinviato a giudizio per concorso esterno alla mafia. La procura di Catania aveva avviato l’indagine nel 2007, ma nel 2012 ne aveva chiesto l’archiviazione; richiesta bocciata dal gup Luigi Barone che aveva disposto la trasmissione degli atti ai pm per l’imputazione coatta. Successivamente è stato chiesto il rinvio a giudizio dell’editore e in abbreviato Ciancio era stato assolto su sentenza del Gup Bernabo’ Distefano nel dicembre del 2015. Una decisione che aveva sollevato parecchie polemiche – con il presidente dell’ufficio gip di Catania, Nunzio Sarpietro che aveva preso le distanze dalla sentenza – visto che nelle sue motivazioni Distefano aveva demolito il reato di concorso esterno definito come “una figura che si potrebbe definire quasi idealizzata nell’ambito di un illecito penale cosi grave per la collettivita”. Il giudizio del Gup è stato ribaltato dalla Corta di Cassazione che ha accolto l’appello della procura contro il proscioglimento di Ciancio. L’anno scorso, dunque, Ciancio è stato rinviato a giudizio da un altro Gup e il processo e’ appena iniziato. Hanno seguito un iter parallelo i provvedimenti che hanno riguardato le misure di prevenzione, iniziate nel 2015 e conclusasi con la decisione di oggi da parte del tribunale. Tra i beni interessati, quindi, lo storico quotidiano di Catania “La Sicilia”, la maggioranza delle quote della “Gazzetta del Mezzogiorno” di Bari e le emittenti televisive “Antenna Sicilia” e “Telecolor”. Le decisioni dei giudici della Sezione delle misure di prevenzioni sono andate al di la’ delle richieste della procura. Decisive le verifiche sul patrimonio di Ciancio, a partire dai fondi che deteneva in Svizzera e intestati ad alcune fiduciarie del Liechtenstein e, soprattutto, le valutazioni compiute dalla societa’ internazionale di revisione dei bilanci Pwc sulle modifiche patrimoniali avvenute dal 1979 al 2014 ad opera di Ciancio. Un’inchiesta che si affianca al processo per concorso esterno in associazione mafiosa. Dalle conclusioni sull’esame degli oltre 1500 bilanci sarebbero emerse immissioni di capitali non chiare, fondi non giustificati e sproporzioni fra entrate e uscite. Il Tribunale di Catania ha nominato gli amministratori giudiziari che garantiranno la continuità operativa delle molteplici società. Secca la replica dell’editore: “Non ho mai avuto alcun tipo di rapporto con ambienti mafiosi. Ritengo che le motivazioni addotte dal Tribunale per disporre la confisca dei miei beni siano facilmente superabili. I miei avvocati sono gia’ al lavoro per predisporre l’impugnazione in Corte di Appello”.
LA REPLICA DELL’EDITORE MARIO CIANCIO
“Questa mattina mi e’ stato notificato un provvedimento del Tribunale di Catania, sezione misure di prevenzione, con cui si dispone la confisca delle mie aziende e di alcuni miei beni. Nell’ambito del procedimento di prevenzione a mio carico ritenevo di avere dimostrato, attraverso i miei tecnici e i miei avvocati, che non ho mai avuto alcun tipo di rapporto con ambienti mafiosi e che il mio patrimonio e’ frutto soltanto del lavoro di chi mi ha preceduto e di chi ha collaborato con me”. Lo dice l’editore catanese Mario Ciancio Sanfilippo, in merito al provvedimento che riguarda il proprio 
“Ritengo che le motivazioni addotte dal Tribunale per disporre la confisca dei miei beni – aggiunge l’editore – siano facilmente superabili da argomenti importanti di segno diametralmente opposto, di cui il collegio non ha tenuto conto”. E assicura: “I miei avvocati sono già al lavoro per predisporre l’impugnazione in Corte di Appello. Sono certo che questa vicenda per me tristissima si concluderà con la dovuta affermazione della mia totale estraneità ai fatti che mi vengono contestati, come dimostra la mia storia personale, la mia pazienza e la mia ormai lunga vita nella città di Catania“. 
CLAUDIO FAVA: “SI AFFIDI TESTATA A GIORNALISTI IN TRINCEA”
Il provvedimento nei confronti dell’editore catanese Mario Ciancio “diventi occasione per ribaltare la storia opaca di quel giornale e della sua direzione. Si affidi la testata ai giornalisti siciliani che in questi anni hanno cercato e raccontato le verità sulle collusioni e le protezioni del potere mafioso al prezzo della propria emarginazione professionale, del rischio, della solitudine”. Lo afferma Claudio Fava, presidente della Commissione regionale antimafia. “Togliere non basta – prosegue il parlamentare che aggiunge: “Occorre restituire ai siciliani il diritto a un’informazione libera, autonoma, coraggiosa. Lo pretende anche il rispetto dovuto ai tanti, troppi colleghi uccisi dalla mafia e dai suoi innominabili protettori per aver difeso quel diritto contro ogni conformismo”. 
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