L’ultima cartolina, il ricordo di Franco Uccellatore

Ogni comunità, deve qualcosa, ai custodi della memoria. Uomini senza tempo che indagano, scavano ed esplorano dentro le faglie della storia. Lo fanno per diletto, per passione, per indole. Collezionano storie e documenti. Racconti e cartoline. Un lavoro spesso silenzioso e lontano dal mondo accademico della ricerca. Uno spazio – lasciato vuoto dall’università – che si satura grazie all’impegno di personaggi come Franco Uccellatore. Molti hanno utilizzato il suo archivio, i documenti che raccoglieva e le leggende che raccontava sorridendo. Un uomo mite, determinato, impegnato nel suo lavoro, quello dell’odontoiatra – mestiere che diventava amichevole, solidale e per tutti. Sempre disponibile, dentro le cose. Il vino, le cartoline, le passeggiate, le scoperte misteriose, il caffè, poi la Ragalna estiva, i figli, la moglie, l’Archeoclub e Siciliantica, le mostre, i contrasti, le competizioni e la condivisione con altri uomini, altri custodi della memoria, che non ci sono più. Interminabili conversazioni, davanti al suo studio a discutere di ogni più piccolo dettaglio investigativo, per scoprire un sentiero, una traccia, un documento che potesse svelare le origini della sua Paternò. Quella delle sue cartoline. Quella che aveva impresso nelle sue fotografie, delle feste e dei monumenti.

Un fotografo sincero, senza trucchi.

Un fotografo semplice che ha raccontato – a suo modo – un paesaggio culturale, variopinto. Un picconatore della società di questa città. Critico, dissidente e generoso. Qualche giovane fotografo, forse deve a lui la passione, l’amore per la fotografia. Dai suoi studi e dalle sue collezioni – poco accademici ma veri – si potevano ricavare utili indicazioni per ridefinire la storiografia locale. Credo che toccherà ai figli recuperare questo patrimonio e renderlo disponibile per tutti i ricercatori. Vedo negli occhi dei suoi figli la stessa passione, la stessa disponibilità, lo stesso senso della famiglia, quella di una volta che la domenica si raccoglieva attorno alla stessa mensa. Io ricordo la voracità con cui ho sempre guardato le sue cartoline, quelle antiche. Le parole mai dette, gli sguardi sornioni, le smorfie irriverenti. Un mondo che sfugge via e che ritroveremo nelle sue cartoline, nei suoi scatti e nel ricordo delle feste di paese. Era come i fuochi d’artificio ed è andato via dentro la sua festa, quella di Santa Barbara, più volte narrata nel suo lavoro di ricerca antropologica Ora non ci resta che contemplare la sua ultima cartolina, quella di un uomo che ha regalato istanti, scatti, memoria a tutta la comunità.

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Riguardo l'autore Francesco Finocchiaro

Architetto vitruviano. Credente convinto e appassionato delle religioni. Vive il suo lavoro come una grande passione . Esplora gli innumerevoli paesaggi dell’arte: dalla poesia al giornalismo, dall’architettura alla grafica, dalla comunicazione alle strategie urbane. Docente di storia dell’arte e filosofo dell’abitare. Convinto sostenitore del futurismo e che l’innovazione ha le sue radici nella memoria. Vorace lettore di Papa Francesco, di Pablo Neruda, Lucía Etxebarria e Omero. Vive l’architettura come un Pitagorico, in forma mistica e monastica come il suo architetto preferito, Peter Zumthor.

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