Paternò, “Mia sorella non era malata grave”: parla il fratello della donna “suicida” in Svizzera

“Vi diffido dal procedere con l’accompagnamento alla morte volontaria, considerato che mia sorella non si trova nelle facoltà mentali, allo stato attuale, di prendere una decisione”.

E’ stata una terribile e infruttuosa corsa contro il tempo per Massimiliano Giordano, fratello di Alessandra, l’insegnante paternese di 47 anni morta nella clinica Dignitas di Forch, in Svizzera, per suicidio assistito. Nella stessa clinica si è spenta la vita di Dj Fabo. “Mia sorella era sana. Non era una malata terminale e non doveva morire in quel modo” spiega il fratello in una intervista al quotidiano La Verità. L’uomo parla della sorella e del percorso che l’ha indotta, nel tempo, a scegliere di morire dopo essere caduta in una profonda depressione.

“Negli ultimi due anni non si muoveva da casa, passava intere giornate a letto. Per le commissioni quotidiane dovevamo accompagnarla o sostituirla”.

Per Alessandra Giordano il “mal di vivere” insorge dopo la morte del padre: “Apparentemente sembra sia stata quella la causa scatenante – afferma il fratello – ma probabilmente quel male di vivere dipendeva da altro…una più generale insoddisfazione esistenziale che ha coltivato fino a prima di morire”.
Alessandra aveva manifestato alla famiglia l’intenzione di non voler continuare a vivere e di voler praticare il suicidio assistito. Il piano che ha messo in atto faceva parte, quindi, di un progetto preordinato e curato nei dettagli. L’incontro in aeroporto con un amico di famiglia lo ha fatto scoprire anzitempo alla famiglia che però non ha fatto in tempo ad intervenire.
Alla clinica svizzera, dopo la diffida dei familiari, la risposta è stata evasiva: “Vi faremo sapere”, poi nient’altro. La famiglia chiede ora ai magistrati di fare chiarezza sugli ultimi istanti di vita di Alessandra. Vuole capire se la sua “uscita di scena” sia stata indotta da qualcuno.

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