Paternò, il fuoco amico che fa bruciare la terra dove serve: stessa tecnica per le aree di Eloro, a Noto

Che i conti non tornano è certo, in questi giorni lo abbiamo detto più volte. Strane coincidenze di piromani con la passione per le aree archeologiche. Si fanno tante ipotesi ma arriva da Noto la conferma che la strategia è sempre la stessa. Prima si ripulisce l’area di scavo dalle sterpaglie, con piccoli incendi – quasi controllati – e dopo, alle prime luci del mattino o nella notte, si comincia a scavare, nella speranza di trovare qualcosa di prezioso: monete, ceramiche, monili ecc. Dopo San Marco e l’Acropoli di Paternò, qualcuno si sposta nelle aree archeologiche di Eloro vicino alla città di Noto e applica la stessa procedura. Strane coincidenze.
Se ci vogliamo chiedere a chi interessa tutto questo, la risposta mi sembra scontata, qualcuno ci guadagna, ma non credo tanto chi opera sul campo ma chi gestisce il traffico verso i circuiti internazionali, e qualche mese fa una puntata di Petrolio su RAI 1 è stata illuminante.
L’Archeoclub d’Italia – con le sue sedi territoriali in Sicilia e la sede nazionale – è impegnata sul campo nel tentativo di arginare questo fenomeno e per questo ha fatto un appello alle altre associazioni di settore e alla politica. Rimane in attesa di segnali.
Da tempo si chiede la video sorveglianza ma non basterebbe solo questa o la chiusura alle auto dalle aree sensibili.
Ovviamente serve presidiare, essere presenti con attività non solo di controllo ma anche di valorizzazione. Bisogna occupare permanentemente i monumenti sull’acropoli, renderli vivi e farli diventare cantieri culturali.
La competenza e la responsabilità è, prima di tutto, delle istituzioni pubbliche, sempre più povere di risorse e motivazioni. Sempre più impegnate in mille emergenze e schiacciate dall’atavica mancanza di cultura della programmazione e pianificazione, qualche volta persino chiuse nei palazzi bizantini. Il volontariato cerca di fare quello che può ma certe volte rimane solo e indifeso. Isolato dall’indifferenza e dalla superficialità. Messo ai margini dalle stesse associazioni di settore. Meglio celebrare feste e festini estivi che respirare il fumo insopportabile dell’incendio.

Quale la posta in gioco? La nostra storia, il nostro futuro. I ladri di memoria, sottraggono al patrimonio pubblico quella parte di tesori (storici) che potrebbero costituire la vera ricchezza per questa terra, decontestualizzano i reperti e impedendo agli studiosi, agli archeologi di studiare e capire le nostre radici. Non si tratta di questioni esclusivamente culturali ma di privare un territorio di quel patrimonio che produrrebbe ricchezza: turismo, artigianato, servizi, commercio. E’ anche una questione di cultura, di educazione di civiltà.

Proprio ieri sera, la testata giornalistica La Gazzetta Rossazzurra, denunciava a margine dell’evento cinema sotto le stelle – organizzato dai giovani paternese con tanta fatica – il nuovo sport dei giovinastri. Entrare di notte dentro il cimitero per provare nuove emozioni. A questi ragazzi diciamo: venite di giorno al cimitero, per scoprire l’arte di fine ‘800 e primi del ‘900. Venite a scoprire le sculture di Michele Cannavò. Passeggiate tra i viali del cimitero per scoprire il reticolo greco della città antica. Molti volontari sarebbero felici di accompagnarvi.

In questi giorni il fuoco, non serve per celebrare gli Dei ma solo per profanare la storia. Un gesto di inciviltà. Forse dobbiamo sperare nel ritorno di Ruggero di Altavilla, che appiccò il fuoco per stanare le serpi alate (il male) e liberare questa città dalla cappa dell’ignoranza. Forse il nostro stemma araldico della città di Paternò ci suggerisce una possibile via: cacciare le serpi alate.

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