Misterbianco, 22 lavoratori ‘ribelli’ licenziati da un consorzio: davanti al Gip la vicenda di estorsioni e sfruttamento

Sfruttati sul lavoro e vittima di presunte estorsioni perpetrate nei loro confronti dai vertici di un’azienda dove prestavano la loro attività lavorativa. Stanchi di subire i lavoratori hanno denunciato il tutto alle autorità competenti.
Da quel momento per 22 ex lavoratori – soci di cooperative del consorzio “Lavoro per l’ambiente” attivo a Misterbianco per il “trattamento e smaltimento di rifiuti industriali e speciali, nonché nella raccolta dei rifiuti solidi non pericolosi”, sarebbe iniziato un calvario culminato con la perdita del posto di lavoro. “Cinque di noi sono stati licenziati- affermano i componenti di una delegazione di lavoratori – altri sette invece sono stati costretti a dimettersi per giusta causa.”
Tutto ha avuto inizio nel settembre del 2017, per avere giustizia i 22 ex dipendenti-soci si sono rivolti alla magistratura etnea presentando le prime denunce.

Sulla vicenda hanno fatto sentire la loro presenza i sindacati di categoria, l’Ispettorato del lavoro, Carabinieri, Inps, e Guardia di Finanza. La giustizia si sta muovendo su due fronti: uno penale, con una specifica indagine della magistratura inquirente ( ai vertici aziendali sarebbero contestati due reati quello dello sfruttamento del lavoro e l’estorsione), l’altro di natura civile con i ricorrenti che hanno richiesto di avere quando spetta loro, ossia quanto stabilito in busta paga e anche la liquidazione: gli ex dipendenti hanno affermato di aver firmato buste paghe con l’obbligo di restituirne in parte il suo contenuto. Nella stragrande maggioranza dei casi, alla richiesta del Tfr (trattamento fine rapporto) si affianca il risarcimento dei danni.
Sono partiti i decreti ingiuntivi con i legali della società interessata che si sono prontamente attivati per evitare che i decreti fossero immediatamente esecutivi.

Nella richiesta di rinvio a giudizio (a giorni dovrebbe essere fissata la data in cui si svolgerà l’udienza davanti al Gip) avanzata dalla magistratura inquirente nei confronti dei vertici dell’azienda, si fa riferimento alla “manodopera illecitamente reclutata, condizioni di obiettivo sfruttamento su orario di lavoro e retribuzioni approfittando dello stato di bisogno; costrizioni alle dimissioni e alla restituzione del Tfr in nero dietro minaccia. Un meccanismo fraudolento leso ad abbattere i costi di gestione del personale senza i benefici della mutualità; mancato riconoscimento delle ferie e delle indennità contributive; reiterata corresponsione di retribuzioni difformi dalla contrattazione collettiva; condizioni di lavoro in spregio alle normative di igiene e sicurezza; illecita adozione di metodi di sorveglianza a distanza con telecamere interne non autorizzate; ingiusto profitto patrimoniale delle somme rese in nero.”

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