Mompilieri, scoperta stele in marmo dello scultore paternese Cartalemi: raffigura S. Michele Arcangelo

Ricorre quest’anno il 350° anniversario dall’eruzione lavica del 1669, quando l’Etna con la sua forza distruttiva devastò e modifico parte del territorio sud orientale del vulcano.
Per la frazione mascalucese di Massa Annunziata e per i molti fedeli e pellegrini del santuario di Mompilieri è anche un anniversario importante. E’ l’anno commemorativo del ritrovamento del simulacro di San Michele nel Decalotto lavico a Mompilieri e della sua traslazione a Massa Annunziata.

Il regno delle due Sicilie, come ci riporta la storia, comprendeva il Vesuvio e l’Etna, ma fu quest’ultimo che fece veramente spaventare gli spagnoli. Nel 1669 l’eruzione dell’Etna è considerata la più devastante in epoca storica, ebbe inizio in primavera e si concluse a luglio dello stesso anno. I forti terremoti e il magma fuoriuscito devastarono e seppellirono decine di centri abitati giungendo fino al mare. Fu allora che si formarono i “monti rossi”, tra questi a salire poco prima di arrivare a Nicolosi si incontra Mompilieri.
La fuga, la disperazione degli abitanti per la distruzione di molte case, anche di campagna. Molte le storie appassionate che si intrecciano in quel territorio. La più mistica quella della Madonna della Sciara. La statua della Madonna delle Grazie fu ritrovata intatta sotto una coltre di lava, poi chiamata Madonna della Sciara. Lì da secoli, vi sorge un santuario Mariano tra i più visitati in Sicilia.

Tra gli eventi di questo 350° anniversario, a Mompilieri si ricorda il ritrovamento del simulacro ligneo di San Michele Arcangelo (realizzato nel 1654). “Quando su “Mon Pileri” si drizzava il fronte spaventevole di lava, dai fedeli venne uscita la statuata dalla piccola chiesetta, per essere messa in salvo. La lava anziché seguire il suo lento corso, si mise a scorrere e rapida e veloce, quasi a impedire che la statua fosse trasportata altrove, i fedeli presi dal panico lasciarono a poca distanza dalla chiesa la statua e come ladri si dettero alla fuga. La lava, col suo fronte alto, non osò appressarsi al Vincitor di Lucifero, si apriva in due braccia e circondando la venerata immagine, formò quasi un riparo, e rapida unissi altra volta per proseguire il suo corso devastatore. La statua rimase sei mesi in quel luogo prima di essere poi ritrovata”.

Questo è il motivo per cui gli abitanti ritennero tale conservazione e ritrovamento un motivo di incoraggiamento a ricostruire con rinnovata fiducia la vita sociale e religiosa in quel territorio. A Massa Annunziata frazione di Mascalucia l’Arcangelo Michele è protettore da tre secoli e mezzo.

A Mompilieri, come ricorda il capitolo 12 della Apocalisse, la “Donna vestita di sole” con San Michele esaltano la forza della fede del popolo cristiano. Il rettore del santuario don Alfio Giovanni Privitera e il comitato costituitosi per tale ricorrenza, ad apertura del mese micaelitico, che precede i festeggiamenti dell’Arcangelo prossimo 22 settembre, ha voluto che in quel luogo vi sorgesse una scultura che per sempre ricordasse ai fedeli la presenza dell’Arcangelo vicino alla Madonna.

Domenica pomeriggio nello spiazzale grande del Santuario di Mompilieri, si è radunata una gran folla di fedeli per prendere parte alla celebrazione eucaristica. A fine messa in processione accompagnata dalla luce dei flambò e il canto del patrono San Michele, la prodigiosa statua è stata portata sul posto dove è stata ritrovata tre secoli e mezzo fa. E dopo è stata scoperta la scultura in pietra.

“Quando ci è stata donata questa pietra dal signor Santo Battiato – dice don Alfio Privitera – conoscendo Pier Manuel Cartalemi, e le sue opere, ho pensato a lui. È lui che ci deve mettere le mani. Impegni di lavoro fuori Sicilia, lo hanno costretto a lavorare in piena estate, anche quando celebravamo messa, lo sentivamo dare colpi di scalpello. Non si è risparmiato, dalla mattina alla sera con il caldo tutto luglio e agosto, è stato impegnato a dare forma a questa pietra. Lo ha realizzato in estate perché adesso deve tornare a lavorare in Veneto. Per questo lo ringrazio di vero cuore per quello che ha fatto. Io gli chiese; vorrei che San Michele venisse fuori dalla pietra, dalla lava, come se Lui mettesse il suo piede su questa lava, come per dire, sopra il fuoco della distruzione ci metto Io il mio piede, il fuoco dell’amore, il fioco delle fede che vince sulla distruzione. E poi, che attorno si vedesse il masso come richiamo, un segno, di questa vittoria sulla lava”.

Non è stato facile per l’artista paternese, Pier Manuel Maria Cartalemi aggredire la stele di basalto alta oltre quattro metri e pochi metri di circonferenza. Per anni quella stele era lì in attesa di prendere forma. “Benediciamo Dio Padre – dice padre abate il benedettino Ildebrando Scicolone – che ha dato la capacità all’artista di fare uscire dalla pietra questa immagine. All’artista va chiesto se ha tolto, oppure se ha messo del suo. Se ha tirato fuori quello che già c’era dentro. Questo si chiama educere o educare, così come ciascuno non deve cambiare gli altri ma tirare fuori ciò che hanno di buono dentro”.

Il giovane artista paternese Pier Manuel Cartalemi, che da quest’anno insegna presso la scuola professionale dei salesiani, la Scuola del Marmo “Paolo Brenzoni” presso San Zeno Verona. Col permesso del parroco, ha voluto dedicare l’opera a due scultori paternesi. Il primo Michele Cannavò vissuto nei primi anni del 900 e Michele Bertino scomparso da pochi anni. “Due scultori che sapevano ben lavorare con scalpello e martello e conoscevano la pietra – dice Pier Manuel Cartalemi -. Bravi, però se fossero nati a Roma o Firenze di sicuro sarebbero stati paragonati al Canova o Bernini. Lavorare in questo posto mistico per diverse settimane, con vista sul mare, vicino al Degalotto di San Michele e a due passi della grotta della Madonna, non è stato un lavoro ma una preghiera”.

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