Paternò, l’amarcord dell’avv. Ramasco sull’Albergo Sicilia: “Tutto il mondo si dava appuntamento qui”

“A Paternò ci sono 3 istituzioni: uno è il Castello Normanno, una è la Villa e uno è l’Albergo Sicilia che rappresenta la storia di questa città”. Sebbene non abbia tanta voglia di parlare della ‘creatura’ che per 35 anni ha occupato la sua vita, l’avvocato Concetto Ramasco, 63 anni, ex proprietario dell’Albergo Sicilia, fissa un punto fermo sul fatto che il “Sicilia” di Paternò è la storia stessa della città.
Archiviata per sempre la pratica ‘Albergo Sicilia’ – passato, come sapete, nelle mani di un privato per la modica cifra di poco più di 450 mila euro – Ramasco si dedica da anni all’insegnamento della lingua tedesca (parla bene anche lo spagnolo e l’inglese).
Da quando ha serrato le porte dell’albergo, non vive più a Paternò e ogni volta che ci torna è un colpo al cuore passare dalle parti del ‘Sicilia’ e vederlo in quello stato.
Con lui, il Corriere Etneo rimette indietro le lancette del tempo per ripercorrere la storia dell’albergo ch’è stato per una vita il punto di riferimento di tanti.

“Gira e rigira, – ricorda Ramasco – tutto il mondo che orbitava a Paternò e nel territorio è passato di qui. L’Albergo Sicilia era un punto di riferimento per tutti. La gente si dava appuntamento qui: dalle riunioni politiche a quelle di condominio. Era un centro di vita sociale, in un certo senso. Dicevo la verità quando, in una lettera che inviai ad un dirigente della Provincia, spiegai che spegnere questo albergo significava spegnere l’unica luce accesa di notte a Paternò a disposizione di tutti, dall’automobilista in panne a chi aveva necessità di fare una telefonata. Era il primo posto aperto che incontrava chi veniva a Paternò. Chiunque, dal tunisino ubriaco alla persona perbene lo incrociava. Aveva, e ha, 24 stanze. C’è una saletta per le riunioni, una saletta per la tv e la sala ristoranti capace di contenere 100 persone sedute. Poi c’è una bella terrazza dove d’estate facevamo i banchetti”.

LA COSTRUZIONE DELL’ALBERGO
“Fu la Regione a costruire in Sicilia questi alberghi, sulla base di una legge regionale del 1955.
Con un contratto di concessione venivano affidati a società private. In via Notarbartolo, a Palermo, c’era un intero piano che si occupava degli alberghi regionali.
La posa della prima pietra dell’albergo di Paternò avvenne nel 1958. Ci vollero un paio di anni per costruirlo, la primissima gestione fu dal ’60 al ’68. Dal 1968 al 1985 della gestione si occupò una società denominata ‘Mediterranea Alberghiera’ che era originariamente di un certo Platania Sebastiano, di professione ‘possidente’. Questa cosa della professione di possidente non l’ho mai capita (sorride ndr.) e dell’avvocato Francesco Fallica. Quest’ultimo rimase solo, alla sua morte subentrò il figlio, io ero già dipendente. Nel 1985 Fallica decide di trasferirsi a Roma. Io e altri due soci – anche loro ex dipendenti – rilevammo le quote della società e la gestione dell’albergo passò a noi. Personalmente mi occupavo dell’amministrazione dell’albergo, un socio si occupava della cucina e uno della sala ristoranti”. Il terzetto di proprietari restò per oltre un decennio alla guida dell’albergo.
“Per 11 anni – ricorda Ramasco – ho fatto l’amministratore. Ad un certo punto decidemmo di scindere la gestione tra ristorante e albergo: dal 1996 al 2008 ho gestito solo l’albergo.
Fino a quando gli alberghi sono rimasti nelle mani della Regione Sicilia, nessuno ci disturbò mai. Nel 1986 viene emanata la legge sulle cosiddette province regionali. Qualcuno inserì l’art. 48 all’interno della legge che prevedeva il trasferimento alle province degli alberghi ex regionali. Ce n’era uno a Giarre, uno mi pare ci fosse anche a Scordia. Ma erano strutture più piccole di questo di Paternò. A Catania la Provincia non ha mai capito cosa fare di questi alberghi”.

“L’ALBERGO SICILIA MI HA DATO TANTO”
“Io non passo volentieri davanti all’albergo. Mi duole il cuore a vederlo ridotto in quel modo. I miei paesani spesso mi ricordano che quando c’ero io l’albergo funzionava.
Questo lavoro mi ha dato tanto perché mi ha fatto conoscere il mondo. I ricordi più belli sono legati agli artisti che ho avuto l’onore di ospitare: la più bella che ho conosciuto è Miriam Makeba alla quale dissi che da ragazzino ascoltavo la sua canzone famosa ’Pata Pata’ mentre mia madre faceva il pane. Lei si commosse al mio racconto e volle che facessimo una fotografia insieme con Nina Simone, una delle più grandi cantanti di tutti i tempi, anche lei a Paternò per una esibizione. Le due artiste erano a Paternò per partecipare alla rassegna ‘Roccanormanna”. Quella era una bellissima manifestazione, accanto alla quale mi piace ricordare la rassegna teatrale di Pippo Romeo e del Piccolo Teatro Città di Paternò. A Paternò arrivarono attori come Renzo Montagnani, Andrea Giordana, Paolo Ferrari, Valeria Valeri. C’era poi la rassegna di poesie del maestro Salvatore Pappalardo dedicata ai bambini. Per molti anni centinaia di bambini hanno affollato l’albergo. E’ così che funziona il turismo: visto che le città – Paternò e Adrano, per esempio – non sono come Roma, bisogna promuovere eventi culturali e sportivi che richiamino gente da tutta Italia”.

“TUTTI I POLITICI SI DAVANO APPUNTAMENTO QUI”
Non è esagerato affermare che dentro l’Albergo Sicilia si discuteva e si decideva del destino del territorio.
“E’ vero. Tutti i politici si davano appuntamento in albergo: dai comunisti all’estrema destra. Personalmente ho preferito non schierarmi con nessuno. Ho sempre sostenuto che l’unico partito politico ce l’ho in tasca: se non ho soldi io, non me li dà nessuno. Quella della Prima Repubblica furono anni ricchi. Esplosa Tangentopoli, negli anni ’90, registrammo un periodo di crisi perché cessarono per un po’ di tempo gli appalti pubblici. Molti nostri clienti, infatti, erano operai di ditte che facevano lavori nei paraggi. Anche se la distanza era di 30/40 chilometri, preferivano alloggiare da noi. Per molto tempo, per esempio, sono venuti da noi i lavoratori delle Ferrovie dello Stato impegnati in lavori di consolidamento nel territorio siciliano. La crisi ci costrinse a malincuore a licenziare. Nel momento di grande splendore avevamo 15 dipendenti. Poi, per fortuna, la paura generata da Tangentopoli svanì, sebbene nulla fosse cambiato sotto l’aspetto corruttivo. ‘Sono cambiati solo i prezzi, adesso sono un po’ più alti perché devono stare attenti’ mi confidò l’allora presidente degli albergatori siciliani, mio amico.

“UN ALBERGO E’ UN PORTO DI MARE”
“L’albergo Sicilia, come tutti gli alberghi, era un porto di mare. Era frequentato da gente perbene e anche da persone poco raccomandabili. Ma mai nessuno s’è permesso di chiederci dei soldi. Con la delinquenza ho avuto a che fare, tanto che per un mese m’è toccato girare con la scorta. Ma è stato per una vicenda che non aveva a che fare con richieste estorsive. Gli anni ’90 sono stati anni difficili, bisognava stare attenti a chi si dava confidenza. Certi soggetti passavano anche dall’Albergo. Sono sempre stato una persona onesta. Un vecchio boss palermitano, che aveva acquistato dei terreni nella zona e alloggiava da noi, era solito salutarmi dicendo ‘baciamo le mani, direttore’.

L’ALBERGO CADUTO NELL’OBLIO
Nel 2012 quando lasciammo la gestione dell’albergo mandai una lettera alla Provincia dove chiedevo di istituire una vigilanza per evitare le visite dei vandali. Per anni ho conservato i biglietti da visita degli assessori provinciali al patrimonio che si sono succeduti. Mi ripetevano tutti la stessa cosa: ‘Soldi non ce ne sono, se vuole sistemi lei l’albergo’. Un funzionario dell’assessorato al Turismo mi pregò addirittura di non mandargli più lettere per sollecitare interventi di manutenzione perché ne aveva una carpetta piena. Da allora in poi l’albergo è rimasto incustodito. Ho visto alcune foto, è una roba indicibile. Se penso che solo per l’impianto elettrico a norma spendemmo 100 milioni di lire.
La mia esperienza d’albergatore è finita. Ho rinunciato anche alla mia professione d’avvocato dopo avere esercitato per 10 anni. Negli ultimi tempi sto in Germania, siccome ho deciso di insegnare il tedesco. E’ una lingua che mi piace e che mi piace divulgare. I tedeschi sono un popolo molto educato, non è vero sia un popolo freddo. Mio figlio ha anche deciso di trasferirsi in Germania. Tutto sommato questa terra che ci ha generato si può anche abbandonare. La Sicilia è come la terra dei ‘vastasi’: il Signore ci ha donato un posto e un clima meraviglioso, ma noi non sappiamo tutelarli. Io sono della filosofia dell’albero pizzuto (il cipresso, l’albero tipico dei cimiteri) che recità così (la declama in tedesco ndr.): Per quanto tu possa correre / prima o poi / l’albero pizzuto ti aspetta.

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Riguardo l'autore Nicola Savoca

Giornalista professionista dal 1992, ‘annus horribilis’ per l’Italia e la Sicilia soprattutto. Dirige il Corriere Etneo dal 2017 ma non ha mai usato la bacchetta. Le sue grandi passioni sono lo scrittore John Fante e il regista Giuseppe Tornatore. Radio e televisione sono il suo terreno preferito. La vecchia Telecolor gli è rimasta nel cuore. Catanese di Adrano, ha un debole per la sua città. Su un’isola deserta porterebbe tutti i dischi di Lucio Battisti (la preferita è Anche per te).

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